In concorso per la Palma d’Oro al prossimo Festival di Cannes – ma uscito nelle sale italiane il 20 aprile 2023 – il nuovo film di Nanni Moretti segna un vivo ritorno ai temi e agli stilemi che hanno caratterizzato la filmografia delle origini del regista romano. Il sol dell’avvenire segna un punto ideale di arrivo – e di ripartenza – di Moretti dopo la parentesi di Tre Piani (2021): un’avventura metacinematografica che non lascerà delusi i fedelissimi del regista.

Ambientato a metà fra la Roma contemporanea e quella degli anni Cinquanta, il lungometraggio è prima di tutto una riflessione su un momento di svolta del comunismo italiano – la reazione del PCI verso l’invasione sovietica ai danni della città di Budapest – attraverso gli occhi dei militanti della Sezione Gramsci del Quarticciolo. Una storia, oggetto del film che il protagonista Giovanni (Nanni Moretti) intende girare, che è l’ideale prosecuzione dell’impegno politico del regista – da sempre vicino agli ideali di sinistra – a distanza da più di vent’anni da Aprile (1998).

Da Michele Apicella a Giovanni 

È il 1976 quando Nanni Moretti dirige e interpreta il suo primo film, Io sono un autarchico: un lungometraggio che segna l’inizio della sua indagine sulla società italiana, sulla condizione giovanile e sulle ideologie della sinistra. Una costante del suo percorso artistico è la partecipazione ai suoi stessi film, nei quali interpreta il protagonista: è da questa presenza fissa che nasce l’iconico Michele Apicella, definito all’unanimità l’alter ego di Moretti. Pur non essendo mai la stessa persona nei cinque film in cui fa la sua comparsa – in Ecce Bombo (1978) è uno studente ex-sessantottino fuori corso, in Bianca (1983) è un professore di matematica – Michele è un “moralista moderno”, dedito a giudicare situazioni di massa in base a valori personali che giudica universali. La sua ultima apparizione si riscontra in Palombella Rossa (1989), film che risulta essere, fra l’altro, un’ideale chiusura della riflessione sulla sinistra italiana, nonché un passaggio di testimone fra l’immaginario Michele Apicella e il “vero” Nanni di Caro diario (1993). 

Si può dire che con l’addio a Michele, Moretti inauguri una nuova fase del suo cinema in cui egli stesso prende il sopravvento sul suo alter ego, pur mantenendone alcuni tratti salienti, come lo sprezzo verso particolari usi e costumi della società italiana e la fedeltà alle idee di sinistra. Dopo il “Nanni” di Caro diario e Aprile, scende in campo un nuovo personaggio, Giovanni, il quale pare un onesto compromesso fra il moralismo ideologico di Michele Apicella e la personalità di Nanni Moretti. Il primo “Giovanni” si ritrova ne La stanza del figlio (2001), film drammatico premiato con la Palma d’Oro al Festival di Cannes che segna una rottura nel percorso artistico di Moretti: i successivi film, di fatto, si distinguono dalla carica sovversiva dei precedenti, e risultano caratterizzati da una narrazione più intima e drammatica – come Mia Madre (2015) e Tre Piani (2021) – pur senza abbandonare del tutto il lato comico – come in Habemus Papam (2011). 

Nel 2023, Giovanni ritorna ne Il sol dell’avvenire con una vitalità nuova ma figlia della prima stagione morettiana. Tuttavia, il mondo è cambiato: al posto della celeberrima vespa sulla quale Nanni sfrecciava nelle vie di Roma in Caro diario, c’è ora il monopattino elettrico; al posto delle case di produzione italiane, c’è il colosso Netflix, la cui strategia di marketing non è compatibile con le ambizioni autoriali del nuovo film di Giovanni. Eppure, il “nuovo Michele Apicella” non è per nulla amnesico, così come il suo pubblico decennale: ricompare la coperta patchwork che lo avvolgeva in Sogni d’oro (1981), la passione per i dolci già presente in Bianca, mentre la serie di bracciate in piscina rimanda necessariamente a Palombella Rossa

Verso un avvenire radioso

Molti anni sono passati dalla disillusione politica e dalla crisi ideologica del PCI: nella scena conclusiva di Palombella Rossa, un sole rosso e luminoso si alzava sopra il Circo Massimo, un sole, tuttavia, artificiale, che palesava in questo senso un ideale fallace verso cui tutti tendevano, nonostante tutto. Con Il sol dell’avvenire, Nanni Moretti pare riprendere la sua riflessione politica proprio da quel momento fondamentale della sua opera: nonostante il progredire dei tempi, quel sole rosso come le bandiere sventolate dai comunisti non pare, ora come ora, del tutto fallace. Nel suo nuovo lungometraggio, un sentimento di positività attraversa tutta la storia, nonostante alcuni momenti di crisi. 

Il ritorno di Moretti alle sue origini è carico di gioia, come la colonna sonora densa di brani tipici dell’opera del regista, fra i quali spicca Voglio vederti danzare di Franco Battiato. E niente viene risparmiato dal nuovo Giovanni: iconica, in questo senso, è l’interruzione delle riprese di un film italiano carico di violenza da parte del protagonista, il quale si domanda il motivo di così tanta brutalità nelle produzioni contemporanee; o ancora l’odio smodato di Giovanni verso i sabot, indossati dall’attrice protagonista del suo film. Il percorso a ritroso di Moretti è comunque orientato “verso un avvenire radioso”, come recita il titolo scelto per la distribuzione francese: ne è prova la perfetta – e alquanto commovente – scena finale. 

Il sol dell’avvenire è un inno alla rinnovata libertà autoriale di Nanni Moretti, soprattutto nella forma metacinematografica dell’opera stessa: a seguito della crisi coniugale con Paola (una splendida Margherita Buy) e lavorando sul set con la coppia (sullo schermo e nella vita) Silvio Orlando-Barbora Bobulova, Giovanni immagina un terzo film – una storia d’amore – caratterizzato da “molta bella musica italiana”. 

Il ballo della vita

Politica, psicanalisi, e cinema: tutte le maggiori “ossessioni” di Moretti convergono in questo film radioso come il sole dell’avvenire. Un lungometraggio che parla al pubblico di ieri e di oggi, che si auto-racconta secondo un ritmo tutto suo, sì autoreferenziale, ma con il benestare (e la gioia) dello spettatore. Nanni, divenuto Giovanni, non teme il confronto col sé stesso di Ecce Bombo o Caro diario, né il rapporto con la nuova generazione di registi, produttori e sceneggiatori. Il suo cinema, fatto di piccole ossessioni e raffinati omaggi all’arte in toto, parla un linguaggio dalla rinnovata linfa poetica che (speriamo) possa perdurare anche nei prossimi lungometraggi.

Chapeau, splendido Settantenne!

Shannon Magri,
Redattrice.