Il mondo creato da J.R.R. Tolkien con Il Signore degli Anelli presenta due volti ben definiti: quello letterario dei romanzi e racconti – e qualche poema –, e quello successivo cinematografico di Peter Jackson. Entrambi sono stati rivoluzionari, e ciascuno ha plasmato un immaginario ben definito nel loro campo e nella loro epoca.
Il compito affidato da Amazon Studios al duo di showrunner esordienti J. D. Payne e Patrick McKay è stato quello, non facile né scontato, di forgiare una terza via, e Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere fa questo: la serie è il racconto del passato mitico del suddetto immaginario, nonché la sua riproposizione a un pubblico che, nel frattempo, ha avuto occasione di riscoprire altri generi di fantasy molto diversi fatti di sangue, sesso e troni di spade.
Fin dai primi episodi (Trovate le nostre prime impressioni sulla serie qui), la nuova serie targata Amazon Studios mostrava un livello di dettaglio e immersione forse senza precedenti nella storia della televisione, così come lasciava scoperto il fianco ad alcune sostanziali pecche nella narrazione che la stagione avrebbe forse potuto correggere. La stagione si è conclusa e Gli Anelli del Potere conferma ampiamente i pregi così come i difetti intravisti all’inizio.
L’UNIVERSO IN UNA BOTTIGLIA
L’impressione dei primi capitoli, diretti da Juan Antonio Bayona, che questa serie avesse puntato molto sulla dettagliata ricostruzione visiva della Terra di Mezzo viene confermata nel corso della stagione: quello proposto da Gli Anelli del Potere è fin dalla prima stagione uno degli universi di finzione più ricchi di dettagli e di potenzialità espressive mai visti in televisione.
Questo non è fine a sé stesso e non è solo sfoggio di grandi mezzi. Il sense of wonder e la sospensione dell’incredulità non vengono mai meno, e la grande cura nel distinguere popolazioni, culture e linguaggi a ogni spostamento geografico è sempre al centro della costruzione di questa nuova e antica Terra di Mezzo. Impeccabile il lavoro svolto nelle scenografie e nei costumi, quindi, ma l’attenzione spesa nell’esplorare i diversi angoli del mondo creato da Tolkien non si limita a questo: le differenze si percepiscono nei dialoghi, nei modi di dire, nella mentalità delle diverse popolazioni, ed è questa, in fin dei conti, la chiave di un world building vincente. World building che non è mai elemento secondario in una narrazione fantastica, ma è la base vitale per immergere lo spettatore in modo adeguato nelle vicende storiche e personali di una storia a così ampio respiro. In questo, dunque, Gli Anelli del Potere non delude.
UN RACCONTO EPICO E DISCONTINUO
È indubbio il lavoro svolto nel cercare di rimanere fedeli al nucleo tematico delle opere di Tolkien, più che nel trasporre con rigore filologico gli eventi e i personaggi dei suoi scritti. A dispetto di quanto affermano con livore certi commentatori, il team di sceneggiatori ha fatto i compiti per casa e ha riproposto lo spirito de Il Signore degli Anelli con relativa fedeltà e qualche interessante twist funzionale alla narrazione.
La prima stagione de Gli Anelli del Potere è, infatti, un ampio racconto corale sulla lenta e progressiva presa di coscienza, da parte dei popoli della Terra di Mezzo, di un Male incombente, in realtà sempre esistito sullo sfondo della Storia. Lo scontro tra popoli, le differenze di cultura e mentalità che diventano, con fatica e sacrifici, reciproca comprensione, sono temi che sono il cuore pulsante de Il Signore degli Anelli; ma la serie di J. D. Payne e Patrick McKay non si limita a voler riproporre Tolkien nel 2022.
La prima stagione di Gli Anelli del Potere è stata imperniata, nei primi episodi, attorno a una serie di punti di domanda – chi è lo Straniero? Dietro a quale identità si nasconde Sauron? – per tenere alta l’attenzione e la curiosità mediatica attorno alla serie, così come per delineare i personaggi, chiarire le loro motivazioni, esplorarne il background. Il disegno di questo nuovo antico mondo e dei suoi abitanti funziona, e i personaggi risultano ben definiti e caratterizzati. Lo sviluppo di questi misteri, l’evoluzione dei personaggi, d’altra parte, non sono sempre stati all’altezza della loro introduzione.
L’intreccio delle vicende che culminano nella battaglia del sesto episodio, nell’irruzione della guerra nella Terra di Mezzo, è stato messo in scena con un rigore che tuttavia, alla lunga, finisce con il prendere il sopravvento sull’approfondimento psicologico, sull’umanità dei personaggi.
Questi assurgono quasi tutti a figure mitologiche, vengono spogliati di qualsiasi dimensione umana e cristallizzati in virtù e difetti coerenti con l’impianto epico-mitologico della serie, e in quanto tali risultano spesso algidi e dalla difficile immedesimazione. Senza contare che, molti di questi, al termine della stagione, rimangono fermi ai blocchi di partenza dei primi episodi: sempre ben caratterizzati ma sostanzialmente immutati dalla loro introduzione.
La narrazione incasella eventi e rivelazioni con una pacata meticolosità in cui persino la forma-episodio è diluita e poco funzionale alla scansione narrativa delle vicende, in questo lungo film di otto ore e passa diviso in episodi, che fin troppo spesso soffre della sua stessa meticolosità oltre che della sua natura introduttiva: molte linee narrative vengono lasciate con un certo senso di incompiutezza giunte al finale di stagione, anche se potrebbero riservare non poche sorprese per le stagioni future.
LUCI E OMBRE DELLA SERIE TV PIU’ COSTOSA DI SEMPRE
Gli sforzi della serie targata Amazon Studios sono ammirevoli ma non sempre soddisfano le aspettative create dalla sua origine letteraria e dall’inevitabile macchina dell’hype, messa in moto per la serie televisiva con il più alto budget di sempre. Gli Anelli del Potere sembra vivere di pura fascinazione per un mondo fantasy costruito in maniera eccellente, ma spesso fragile nello sviluppo narrativo e grezzo nel raccogliere le fila della trama imbastita. D’altra parte sarebbe pure un errore liquidare l’impianto spettacolare e il world building della serie come trionfo della forma sulla sostanza. Questa serie epica e imperfetta, dai notevoli pregi e notevoli difetti, non è ancora la nuova serie fantasy definitiva, ma ha tutte le potenzialità per diventarlo. L’interesse da parte del team di sceneggiatori nell’approfondire la Terra di Mezzo e i suoi abitanti c’è, le possibilità aperte per le prossime stagioni sono intriganti; basterebbe solo che Gli Anelli del Potere affinasse le sue ambiziose mire in una storia più coesa.
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