Presentato fuori concorso al Torino Film Festival 2022, I pionieri è tratto dall’omonimo romanzo di Luca Scivoletto e diretto dallo stesso autore. Si tratta del suo primo lungometraggio di questo genere, dopo diversi documentari tra cui Con quella faccia da straniera (2013), il mockumentary L’Uomo pietra (2015) e dopo aver scritto 1938-Diversi (2018), presentato alla 75a Mostra del Cinema di Venezia.
Il film comincia, a schermo ancora nero, con la voce di un uomo che sta pronunciando un appassionato discorso politico, dal quale si apprende la collocazione dei fatti: siamo in Sicilia, a Modica, alla fine degli anni Ottanta. Enrico Belfiore (Mattia Bonaventura), il giovanissimo protagonista, sta assistendo all’ arringa del padre nella sede locale del Partito Comunista Italiano. Alla fine del discorso lo vediamo farsi strada tra la folla, tentando invano di attirare l’attenzione, fino a quando la stanza inizia a girare e lui sviene. In pochi secondi è già rappresentato quello che sarà il filo conduttore della storia: la fatica di vivere una vita scelta da altri, in questo caso dai genitori, e il desiderio tipico della preadolescenza di appartenere di più al gruppo della propria classe, con il Nintendo e le scarpe di marca, che a un partito politico.
A causa della sua vita assolutamente fedele alla linea, infatti, Enrico ha come solo compagno di avventure l’unico altro figlio di comunisti della scuola, Renato, (Francesco Cilia) il quale crede tanto ciecamente all’ideale da avere la cameretta arredata come lo studio di un vero segretario di partito.
La storia fa un salto temporale e ritroviamo Enrico che frequenta le medie. Per evitare di trascorrere l’estate con il padre fra i comizi e la preparazione delle elezioni regionali, asseconda il fervore ideologico di Renato e i due fuggono nel bosco per rifondare i Pionieri, un reparto di scout comunisti già estinto da molti anni. Si uniranno a loro Vittorio Romano (Danilo Di Vita), il bullo della scuola nonché figlio dell’avversario politico di Belfiore, e Margherita (Matilde Fazio), una ragazzina italoamericana molto più abile degli altri nel sopravvivere all’aperto. Anche loro, arrivando da un contesto opposto ma speculare, hanno preferito rinunciare a trascorrere l’estate nei luoghi prefissati dai genitori: per Vittorio il cantiere, per Margherita il campeggio con gli scout della base militare USA di Comiso. L’ideologia politica rimane oggetto di dibattito tra i protagonisti ma è evidente come sia un linguaggio preso in prestito dagli adulti, linguaggio che con lo sviluppo delle vicende viene progressivamente superato per rivelare le vere preoccupazioni e i sogni di ciascuno, quelli propri della loro età, una dimensione che non possiede ancora nulla del mondo dei grandi da cui stanno scappando.
Anche i genitori nel frattempo si sono radunati, e li stanno cercando insieme. Dalle loro discussioni emergono molti parallelismi con i ragazzini e soprattutto le origini delle loro caratteristiche più peculiari. Tuttavia non saranno le decisioni degli adulti a risolvere la situazione: nessuna delle loro azioni porta avanti la trama ma sono sempre Enrico, Renato, Vittorio e -in particolare- Margherita a imporre da diversi punti di vista il percorso da seguire, ribaltando completamente la loro situazione di partenza. La famiglia di origine rimane simbolicamente legata al contesto iniziale, in simbiosi con le proprie tradizioni politiche e di conseguenza con lo smarrimento che l’Italia stava attraversando all’inizio degli anni Novanta.
Nonostante un inizio reso quasi didascalico da una narrazione fuori campo molto dettagliata, il film guadagna presto un buon ritmo. A tratti si percepisce una narrazione a due velocità, con passaggi più lenti intervallati da punti di svolta che arrivano e si esauriscono repentinamente, ma nell’insieme risulta sufficientemente godibile. È un film ironico e divertente, Enrico è un Jojo Rabbit italiano che nei momenti più decisivi si confronta con Enrico Berlinguer (Claudio Bigagli), a cui deve il nome, che gli appare in carne ed ossa a metà fra una guida spirituale e una personificazione della coscienza.
L’effetto visivo è quasi fiabesco sia per i colori e l’ambientazione principale, che ricorda molto da vicino Moonrise Kingdom, sia grazie alle immagini oniriche in cui l’atmosfera della guerra fredda si mescola all’immaginazione ancora infantile e colorata dei personaggi.
Guardare avanti
I Pionieri è una commedia ma anche un coming of age a tema sociale, dove l’immancabile scoperta dell’attrazione romantica è solo uno degli elementi in gioco e viene trattata con la giusta leggerezza e innocenza, coerentemente con il tono del racconto. Per diventare grandi non serve sapere con certezza se si è di destra o di sinistra, ma innanzitutto disimparare la vita a cui si era predestinati per poter fare da sè: mettere un piede davanti all’altro come quando si cammina nel bosco, perché la guerra fredda sta finendo e nessuno sa cosa verrà dopo.

Scrivi un commento