Il duo belga formato da Dominique Abel e Fiona Gordon torna sul grande schermo con L’ Ètolie Filante, in Italia I Misteri del Bar Ètoile, del quale sono registi, sceneggiatori e attori principali. Presentato al festival del cinema di Locarno del 2023, si tratta di una commedia malinconica nella quale la componente di giallo è in realtà solo un pretesto per raccontare tutt’altro.
L’Ètoile Filante è un locale buio e alquanto desolato di un quartiere qualunque di Bruxelles. Qui lavora Boris (Dominque Abel), un ex attivista militante che in passato ha compiuto un grave attentato, insieme alla compagna Kyoko (Kaori Ito). In una scena iniziale che strizza l’occhio alla fotografia di Wes Anderson, Boris viene raggiunto al bar da un misterioso personaggio che sostiene di conoscerlo. Si rende conto di essere in pericolo e che se dovesse restare nel locale sarebbe costretto a fare i conti con il suo passato, perciò insieme a Kyoko decide di organizzare la propria fuga con l’aiuto di un amico, Tim (Philippe Martz). Questi trova un sosia di Boris, un uomo solitario e disoccupato di nome Dom (sempre interpretato da Abel), lo porta al bar con l’inganno e lo convince a prendere il posto di Boris e a diventare il nuovo barista. Quello che Tim non sa è che Dom pur vivendo da solo non era completamente isolato, come aveva dato l’impressione di essere: ha una ex moglie, la detective Fiona (Fiona Gordon) che non trovandolo più in casa si mette sulle sue tracce. Da questo momento in poi la trama non presenta particolari sviluppi ma è costituita da un susseguirsi di singoli episodi, per la maggior parte di equivoci, provocati dallo scambio di persona e dai due inseguimenti in atto.
Commedia e clownerie
La maggior parte dell’espressività e delle caratteristiche dei personaggi passano attraverso la gestualità molto più che i dialoghi, che sono spesso scambi brevi, anch’essi comici o ai limiti dell’assurdo. La modalità in cui i personaggi sono rappresentati è prevalentemente cartoonesca: l’uomo che dà la caccia a Boris non riesce mai a ucciderlo perché il braccio meccanico con il quale sta cercando di usare la pistola non funziona, Kyoko si comporta in maniera caotica e incoerente, Fiona è un perfetto detective strampalato con macchina da scrivere e impermeabile beige. La dinamica dei fatti è poi quella propria dei clown: hanno incidenti ridicoli e ripetitivi, vivono nelle proprie vite il ruolo che è toccato loro senza particolare introspezione e senza prendersi troppo sul serio. Sono persone che non riescono a omologarsi e che probabilmente non sentono il bisogno di farlo, sono più interessati a fuggire o a cercare, a risolvere i propri “misteri”. Non si tratta della comicità spensierata da commedia (che pure emerge in alcuni momenti): durante l’intera pellicola si percepisce una costante malinconia di fondo, ben sostenuta dai colori bui e dal minimalismo della cornice. Tuttavia, pur soffrendo la solitudine non mostrano mai tentativi di adeguarsi alla società, di trovare un loro posto, superano ogni incidente con una composta rassegnazione.
Il tentativo di un commento di tipo sociale non si ferma ai protagonisti ma appare anche nella cornice della città, con accenni a istanze politiche che però non vengono realmente analizzate. Questa osservazione ci porta alla nota dolente di questo film, ovvero la sua scarsa coesione, risultato di una quantità di spunti e citazioni diverse che si accumulano fino alla fine, senza mai trovare lo spazio adeguato per essere sviluppati e quindi integrati nell’insieme. Alcuni momenti, come il delirio notturno di Dom/Boris durante un temporale, avrebbero potenzialmente aperto a ulteriori livelli di lettura rispetto a quelli citati sopra, ma trasmettono un’atmosfera molto più drammatica che viene poi completamente abbandonata al cambio scena. Di conseguenza, la suspense iniziale che si era creata con la comparsa graduale dei singoli personaggi, quando il contesto non era ancora del tutto esplicito, svanisce completamente dopo la prima mezz’ora. Il centro del film è la sequenza di gag che culminano con la fine dell’inseguimento, le quali, per quanto siano ben eseguite, tendono a diventare ripetitive e a peggiorare il senso di frammentazione, trasformando gli spunti disseminati lungo il percorso in distrazioni che confondono lo spettatore.

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