“E se il gesto compiuto da Eva fosse un meraviglioso atto, un gesto di coraggio?”

E’ possibile scrivere una saga fantasy per ragazzi capace di inserire al suo interno dibattiti sul libero arbitrio, sull’esistenza di Dio e sul suo ruolo nel mondo? La risposta è sì se ti chiami Philip Pullman. La terza e ultima stagione di His Dark Materials scritta da Jack Thorne, prodotta da BBC e HBO, è approdata su Sky e Now nello scorso dicembre, portando a termine la trasposizione della celebre saga scritta dallo scrittore inglese a fine anni ‘90, composta  da La bussola d’oro, La lama sottile e Il cannochiale d’ambra, con il primo libro già portato sul grande schermo con l’omonimo film del 2007, un tentativo poco felice con tra i protagonisti Daniel Craig, Nicole Kidman e Eva Green.

Se la serie si era già attestata su buoni livelli nelle precedenti stagioni, grazie a una grande cura tecnica e una notevole fedeltà al materiale originario, con questo terzo ciclo di episodi il livello si alza ulteriormente, complice anche il crescendo che caratterizza i libri. Non pochi dubbi avevano accolto l’annuncio della serie a suo tempo, a causa delle controversie legate alla posizione apertamente anticlericale delle opere di Pullman, che avrebbe potenzialmente potuto spingere gli sceneggiatori a non  rimanere fedeli allo spirito dei libri.  Proprio in questo aspetto il film del 2007 aveva fallito, tagliando completamente tra le altre cose il finale de La bussola d’oro, uno dei momenti più drammatici dell’intera saga. La serie in questo non fallisce, parlando apertamente di uccidere Dio, del fatto che sia un creatore fittizio, un usurpatore, della menzogna dietro cui si è nascosta la religione e sui ha costruito il proprio potere; sulla volontà di sopprimere il libero arbitrio, per poter controllare gli abitanti dei vari mondi che compongono il Multiverso.

James McAvoy nei panni di Lord Asriel

La terza stagione, accompagnata dalla sempre meravigliosa sigla iniziale, riprende le avventure di Lyra e Will, interpretati da Dafne Keen(Logan) e Amir Wilson, da dove si era interrotta la seconda, e di Lord Asriel, Marisa Coulter e Mary Malone, impersonati rispettivamente da da James McAvoy, Ruth Wilson e Simone Kirby, dando finalmente molto spazio al primo, mera comparsa nella stagione precedente. Al cast tra gli altri si aggiunge Adewale Akinnuoye-Agbaje, il Mr Eko di Lost. Il tono sin dall’inizio è estremamente cupo e riflette il clima di guerra aperta contro L’Autorità(Dio), un conflitto che si ambienta in scenari decisamente vari, con i vari protagonisti che si spostano tra innumerevoli mondi e interagiscono con molte nuove creature, dai piccoli gallivespiani alle meravigliose arpie, passando per i mulefa e incontrando vecchie conoscenze come gli orsi corazzati, tutti elementi realizzati con grande cura del dettaglio e una CGI di altissimo livello, che fa impallidire la maggior parte delle produzioni seriali attuali (ma d’altronde “it’s not TV, it’s HBO”). Tornano anche i meravigliosi dæmon, incarnazione fisica dell’anima di personaggi, che ancora stupiscono per la grande espressività. Occasione questa anche per ricordare la prematura scomparsa di Helen McCrory, doppiatrice del dæmon di Asriel Stelmaria. Non convince invece il poco ispirato design degli angeli, che però compensano con la loro affascinante natura: angeli che si amano tra loro, con tanto di relazione omosessuale tra due di loro. Tra le ambientazioni è doveroso elogiare la rappresentazione della Terra dei Morti, composta da una prima parte che sembra ambientata nel Messico di Breaking Bad per la fotografia adottata e realizzata come se fosse una fabbrica, con le anime dei defunti in fila per entrare nella prigione delle anime, organizzati da ufficiali eleganti in pieno stile british. La seconda sezione risulta quasi di ispirazione fulciana ed è estremamente suggestiva, capace di trasmettere il vuoto che nella visione di Pullman attende l’umanità dopo la morte, che rappresenta l’ennesima bugia raccontata dall’Autorità: non c’è paradiso o inferno, ma solo un eterno purgatorio. Una divinità vendicativa, che non permette l’uso del libero arbitrio se rivolto contro di essa, un villain enigmatico e riuscito proprio grazie al poco minutaggio a lui dedicato e al mistero che lo coinvolge.

Lyra e Will

Tutti i personaggi completano il loro arco narrativo, con Lyra e Will che vanno incontro al loro destino, meraviglioso e terribile al tempo stesso, con uno straordinario monologo finale interpretato splendidamente da Dafne Keen e ripreso direttamente dal libro. L’amore è potere ed l’unica cosa che possa creare un nuovo Eden, ed in questo il mito del serpente tentatore viene rivisitato, diventando un concetto positivo, falsificato dall’Autorità per soggiogare l’umanità. Dall’altra parte Amir Wilson non convince pienamente, in particolare se paragonato al comparto attoriale degli adulti, con un James McAvoy, che trasmette la furia di Asriel, la sua volontà di distruggere il dominio dell’Autorità, la sua capacità di sacrificare ogni cosa per questo scopo e il dibattito interno che vive tra l’essere un uomo di scienza e il suo doversi inchinare a una profezia. Ma la vera punta di diamante resta Marisa Coulter, interpretata da una magnifica Ruth Wilson, che finisce il suo percorso di evoluzione: un personaggio capace finalmente di riconciliarsi con la sua anima, includendo tutte le sfaccettature che la definiscono, dall’approccio manipolativo, alla repressione dei sentimenti, all’esplosione del suo amore, rappresentata perfettamente in tutte le sue ambiguità.

Uno dei difetti principali si riscontra nella regia delle scene d’azione, con la battaglia finale degli angeli tanto attesa che risulta essere sì spettacolare, ma caratterizzata da un minutaggio ridotto  e lasciata in background per motivi di budget, che non può non lasciare un po’ l’amaro in bocca. Tuttavia la serie ha la forza e la capacità di non essere solo un bellissimo involucro, ma è in grado di creare un rollercoaster di emozioni che asfalta lo spettatore, compensando abbondantemente le mancanze e confermando come His Dark Materials sia una serie di indubbia maturità, non abbastanza conosciuta di Italia. Un adattamento che soddisferà anche i fan dei libri e che è stato capace di far provare in chi scrive le stesse emozioni provate parecchi anni fa nella lettura delle opere di Philip Pullman.

Caporedattore

Luca Orusa, Caporedattore