1973: una luce soffusa di un lampione si unisce ad un fascio di luce proveniente da una finestra per illuminare una figura armata di cappello e valigetta. Così veniva costruita la scena (forse) più iconica del film L’esorcista diretto da William Friedkin, che sarebbe velocemente entrata nell’immaginario collettivo di intere generazioni, complice anche l’incredibile locandina. 

Errato sarebbe definire questo film il primo approccio del cinema al tema della possessione demoniaca, ma è innegabile il suo ruolo nella creazione di un immaginario fatto di sacerdoti con passati turbolenti, tentativi di contatto con gli spiriti, riti di esorcismo e indemoniati estremamente volgari, caratterizzati da facce pallide e da occhi in alcuni casi completamente bianchi ed in altri completamente neri. Sia nella terra del Sogno Americano che in gran parte dell’Europa dalla fine degli anni ’70 ad oggi sono stati prodotti un numero spropositato  di film appartenenti a questo filone. In particolare a partire dagli anni 2000, periodo in cui l’horror sembrava aver perso tutte le sue icone, alcuni titoli capaci di trovare un minimo di personalità nell’inserire elementi nuovi hanno dato nuova linfa al filone: esempi possono essere L’esorcismo di Emily Rose (Scott Derrickson, 2005), che inserisce l’elemento giuridico, Paranormal Activity (Oren Peli, 2007) o The Last Exorcism (Daniel Stamm, 2010), che sfruttavano il mockumentary, o la saga di The Conjuring creata da James Wann – ed una pletora di pellicole “copia e incolla” basata proprio sulle possessioni demoniache – Il settimo giorno (Justin P. Lange, 2021), L’esorcismo di Hannah Grace (Diederik Van Roojien, 2018), Crucifixion: Il male è stato evocato (Xavier Gens, 2017), Incarnate: Non potrai nasconderti (Brad Peyton, 2016), Il figlio del Diavolo (Perry Reginald Teo, 2019), The Vatican Tapes (Mark Neveldine, 2015), L’altra faccia del Diavolo (William Brent Bell, 2012), The Possession: Il male vive dentro di lei (Ole Borendal, 2012) e la lista sarebbe ancora lunga.

Con Gli occhi del Diavolo – classico frivolo adattamento dall’originale e ben più interessante Prey for the Devil torna in sala quel Daniel Stamm sopra citato tra gli esempi positivi, ma che a questo giro sembra essere finito proprio nel marasma di pellicole tutte uguali. O quasi.

RUOLI DI GENERE

1835: Il Vaticano crea a Roma una scuola per formare i sacerdoti nel rituale dell’esorcismo.

2018: Le segnalazioni di casi di possessione raggiungono cifre senza precedenti. Il Vaticano decide di aprire delle scuole d’esorcismo al di fuori di Roma. 

Le suore hanno il ruolo di assistere i malati. Hanno il divieto di formarsi all’esorcismo, pratica esclusiva dei sacerdoti.

Dopo un brevissimo prologo – in cui il film mette in scena la sequenza più inquietante della pellicola, grazie soprattutto ad un ottimo comparto tecnico che sembra quasi fare il verso a diverse ottime produzioni di origine spagnola dell’ultimo periodo – la storia getta subito in faccia quello che è il perno centrale dell’intera produzione: le suore non possono praticare esorcismi. Ma per questa volta si è disposti a fare un’eccezione, in vista della grande forza di volontà di Suor Ann (una convincente Jacqueline Byers) mista alle grandi doti naturali che sembra avere nel “combattere il diavolo”, visto anche i turbolenti eventi passati legati alla malattia della madre. Eccezione che comunque Ann si dovrà conquistare combattendo con le unghie e con i denti (e con un rosario ed una Bibbia).

Dove il Cotton Marcus protagonista del precedente The Last Exorcism rappresentava l’uomo investito dalla Chiesa nel ruolo di esorcista, ma che svolge il proprio lavoro per mera facciata e non perché ci creda davvero, qui Suor Ann risulta l’altra faccia della medaglia di una società fortemente maschilista e retrograda nelle fondamenta della propria istituzione e specchio della stessa società civile in cui tutti viviamo, in cui però sembra esserci uno spiraglio di luce e di cambiamento che qui viene rappresentato dall’avanguardista Padre Quinn (un posato Colin Salmon) e dal giovane Padre Dante (Christian Navarro).

“JUMPSCARE. JUMPSCARE OVUNQUE”

Ben poco però riesce la pellicola a smuovere oltre a questa critica, con una narrazione decisamente semplice e a tratti banale sia nell’evoluzione dei personaggi – che si mantengono intorno alla minima caratterizzazione estremamente stereotipata di “anziano buono”, “anziano cattivo”, “giovane buono”, “giovane cattivo” – sia nel procedere delle vicende, facendo entrare in campo il proverbiale “visto uno, visti tutti”. Un minimo interessante risulta invece lo spunto sullo scontro malattia mentale o spirituale, che occupa una piccola parentesi nella prima parte iniziale e che sembra far presagire un proseguimento su binari che vengono invece abbandonati subito dopo in favore di un più semplice sapere “a priori” che quei pazienti sono veramente impossessati.

Sul lato dello spavento, il film non compie certo salti mortali e si mantiene anzi su una costruzione di sequenze una dietro l’altra di jumpscare (i nostrani salti sulla sedia) costruiti con il classicissimo modello della figura sfocata sullo sfondo senza suoni seguito dalla comparsa improvvisa in primo piano di qualcosa o qualcuno con picco sonoro. Dispiace che ciò succeda, soprattutto perché si mette a dura prova uno spettatore infastidito che non riesce a godersi appieno alcuni momenti che sul piano visivo sarebbero interessanti e più che godibili. Proprio sul lato tecnico infatti la pellicola riesce ad alzare di qualche punto l’asticella, soprattutto grazie ad una buona fotografia di Denis Crossan ed una regia semplice ma efficace di Daniel Stamm.

CONCLUSIONI

In un panorama decisamente stantio, Gli occhi del Diavolo presenta un’interessante, anche se nel complesso poco approfondita, riflessione sui ruoli di genere all’interno della Chiesa che basta per differenziare quel poco questa pellicola dalle altre, con le quali però condivide tutto il resto: dai personaggi semplici e stereotipati ad un orrore fatto di jumpscare continui, fino al tema dell’esorcismo con occhi neri, lingue lunghe – figurativamente e letteralmente – e la capacità di arrampicarsi sui muri. Una pellicola che riesce a rialzarsi leggermente con un lato tecnico semplice ma pulito, capace di attirare in sala le schiere di adolescenti a cui il film si rivolge e di posizionarsi in Italia in un sesto posto al Box Office forse poco lusinghiero, ma che dimostra comunque come, dopo tutti questi anni ed il numero spropositato di pellicole simili uscite, il pubblico sembra comunque avere il desiderio di andare in sala a guardare il nuovo (fino a un certo punto) film di esorcismi.

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Mattia Bianconi, Redattore