Dopo il successo ottenuto al suo esordio con Les Misérables (2019), il regista e sceneggiatore francese Ladj Ly torna a raccontare i sobborghi parigini in Gli Indesiderabili. Stavolta lo fa attraverso le vicende di Haby (Anta Diaw), residente dell’edificio 5 che dà il titolo originale al film, e del nuovo sindaco Pierre Forges (Alexis Manenti). 

Il nome del quartiere Montvilliers è fittizio, rappresenta simbolicamente tutte le comunità di questo tipo realmente esistenti, tuttavia gli elementi autobiografici non mancano neanche in questa pellicola: Haby è di origine maliana come il regista e nomina più volte Les Bosquets, il blocco residenziale di Montfermeil dove è cresciuto. 

La storia si apre con una lunga sequenza nella quale un gruppo di uomini cerca di trasportare una bara lungo le scale strette e buie dell’edificio 5: un complesso fatiscente dove abitano centinaia di stranieri di diverse provenienze, stipati in condizioni pericolose in attesa di poter affittare dei nuovi appartamenti che non arrivano mai.  In maniera un poco didascalica ma sicuramente efficace ci viene presentato subito il punto di vista di questa parte della popolazione, attraverso le parole della madre di Haby: come è possibile vivere e morire in un posto del genere?

Da una parte la perdita della nonna sembra essere la spinta per la quale la ragazza aumenterà il proprio impegno sociale e politico, parallelamente la morte improvvisa del sindaco costringerà Pierre Forges ad accettare il suo incarico, per portare avanti un progetto di rinnovo urbano appena iniziato. Forges è un uomo insicuro e schivo, che cercherà di affermare la propria autorità con metodi reazionari. Di fronte a decreti sempre più ingiusti e agli interventi della polizia nel quartiere, Haby prende la decisione di candidarsi a sindaco al suo posto.  Il punto di incontro tra le due realtà è il  vice sindaco Roger Roche (Steve Tientcheu), anche lui di origine africana ma molto severo nei confronti della sua stessa comunità. 

Gli indesiderabili è un discorso sulla politica fatta dal basso e su cosa questa debba significare, anche se purtroppo non approfondisce il tema: si limita ad una sequenza di fatti. Questi fatti hanno la funzione di denuncia degli abusi commessi dalle autorità o di presentare punti di vista diversi da quella di Haby, come nel caso di Blaz (Aristote Luyindula) che è estremamente disilluso, ma l’arco narrativo sembra interrompersi a metà. L’esempio più palese è la campagna elettorale di Haby, filo conduttore che finisce per non avere né una conclusione né un ruolo nel finale della pellicola. 

Lo stesso destino tocca ai personaggi, che rimangono nettamente separati in buoni e cattivi, dato che ogni climax in cui iniziamo a vedere le conseguenze della frustrazione dei cittadini si risolve nella retorica ormai abusata del dover essere “migliori di loro”. Questo tipo di approccio non è del tutto sufficiente a restituire la reale complessità della vita delle banlieue: dato che il parallelo tra Haby e il sindaco è una falsa equivalenza, per via dei contesti di provenienza e delle motivazioni diversissime che li guidano, è un peccato che non venga fatto il passo successivo di mostrare le conseguenze pratiche di questa disuguaglianza, ovvero la reale differenza di significato che ogni azione può avere per un personaggio o per l’altro. La premessa che Ladj Ly fa già all’inizio della storia è che le vittime sono vittime e non esistono zone grigie quando si tratta di diritti umani, dopo di ché si è persa l’occasione di far incontrare al pubblico queste vittime come persone reali, ciascuna con un carattere e delle sfumature. 

Questo film è anche un dramma, che in alcuni momenti si fa intenso e violento  (anche grazie alla fotografia che è uno dei suoi punti di forza) ma a causa di questa presentazione piuttosto piatta l’impatto emotivo svanisce sempre in fretta. Rimane l’impressione che ci fossero i presupposti per raccontare molto di più, dato che le domande che pone sull’esistenza di una parte di umanità “indesiderabile” sono fondamentali e complesse.

Federica Rossi,
Redattrice.