Concepito agli inizi del 2016, girato nel 2018 dopo una lunghissima gestazione prolungata anche dalla pandemia, finalmente vede la luce Freaks Out, opera seconda di Gabriele Mainetti che, di nuovo in tandem con lo sceneggiatore Nicola Guaglianone, tenta di bissare il successo di Lo Chiamavano Jeeg Robot (2015), anche se certamente in questo caso siamo davanti ad un film ben più ambizioso.

Ambientata a cavallo dell’8 settembre 1943, nella fase distensiva della Seconda Guerra Mondiale, la pellicola ci racconta la storia di un gruppo scalcinato di fenomeni da baraccone, persone dotate di poteri straordinari che si guadagnano da vivere in un circo: Fulvio (Claudio Santamaria, già Enzo Ceccotti in Jeeg) è una sorta di uomo lupo dalla forza sovrumana, Cencio (Pietro Castellitto) è un ragazzo albino capace di manipolare insetti e aracnidi, Mario (Giancarlo Martini)  è una sorta di Magneto dalla mente semplice, e infine Matilde (Aurora Giovinazzo), una ragazzina con poteri elettrici impossibilitata al contatto umano. I quattro sono capitanati da Israel (Giorgio Tirabassi), un impresario ebreo. Le circostanze vedranno il gruppo alle prese con Franz (Franz Rogowski), musicista tedesco dipendente dall’etere, una sostanza psicotropa che gli crea visioni del futuro tramite le quali è convinto di poter servire il Reich.

Il budget sopra la media del film, costato circa 15 milioni di euro, tradisce sicuramente il desiderio di realizzare un vero e proprio kolossal a pochi anni di distanza da Il Primo Re (Matteo Rovere, 2019) che, seppur non perfetto, aveva una struttura produttiva complessa, di quelle che in Italia non si vedevano da quarant’anni (senza cercare paragoni insensati a livello artistico con Leone o Bertolucci). 

Pur basato su un soggetto originale, il film è estremamente derivativo in molti dei suoi punti. La ricerca dell’originalità narrativa non era però il fine ultimo di Mainetti e Guaglianone, che hanno dichiarato di essersi ispirati più al cinema pop americano e soprattutto ai mecha di Go Nagai che ai fumetti supereroistici. Nonostante questo, allo spettatore i protagonisti di Freaks Out non potranno che ricordare gli X-Men – in particolare Matilde, un po’ Fenice Nera e un po’ Rogue (con una spruzzatina di Daenerys Targaryen) -, X-Men che di fatto erano stati alla base anche dell’altro film supereroistico realizzato in Italia negli ultimi anni, Il Ragazzo Invisibile (Gabriele Salvatores, 2014).

Rispetto al precedente Jeeg, il passaggio, spostato dai palazzoni della periferia capitolina a un’ambientazione naturale, e il tempo della narrazione, dalla contemporaneità ad un periodo storico ben preciso, fanno respirare una nuova aria di epica pop. Il circo, le ambientazioni dei laboratori di Franz (villain che perde notevolmente con lo Zingaro di Luca Marinelli in Jeeg, probabilmente la componente migliore del film) e l’accampamento dei Diavoli Storpi (su cui qualche produttore americano avrebbe già ordinato un paio di spin off) esaltano tutto un complesso di maestranze, di costumisti, scenografi e responsabili di effetti speciali che troppo spesso in Italia vengono relegati a lavori di comodo oppure ingabbiati in schemi più algidi (come nel comunque splendido Pinocchio di Matteo Garrone).

Non occorre indagare al microscopio pregi e difetti di questo film, quanto guardare alla componente produttiva: siamo davanti a una commedia capace di staccarsi dalle solite ambientazioni realistiche. Certo, si resta comunque nei dintorni di Roma – le scelte più singolari come la Trieste del Ragazzo Invisibile non hanno la stessa aria familiare per il pubblico – ma con Freaks Out ci troviamo davanti forse dopo molto tempo a un film fantastico che non sia per forza basato sul patrimonio letterario preesistente (al contrario dei film di Garrone, Il Racconto dei Racconti o il sopracitato Pinocchio), un film che potrebbe affrontare con coraggio il mercato internazionale senza dover raccontare di criminalità organizzata.

Le critiche possibili, le più classiche, dalla trama “piena di buchi” ai personaggi “poco approfonditi”, sono forse mosse da una repulsione verso un cinema narrativamente meno esigente, senza contare i circa trenta minuti rimossi dal montaggio finale.

Probabilmente noi spettatori non dobbiamo fare altro che riscoprire la nostra capacità di godere di una bella storia, raccontata in maniera semplice e coerente, con dei personaggi coinvolgenti e un comparto scenico superlativo. Riscoprire la capacità di ammirare un grandissimo sforzo produttivo e incoraggiarlo, apprezzandone anche i difetti e le ingenuità. Il cinema di genere in Italia deve ripopolarsi, il pubblico ha voglia di intrattenersi con storie che escono dal seminato della commedia e della crime story all’italiana. E soprattutto il cinema italiano ha la necessità di vendere e vendersi all’estero in una maniera differente, con prodotti più che dignitosi e capaci magari anche di trascendere il mezzo cinema, evitando anche errori come quello di non scegliere Pinocchio come rappresentante agli Oscar 2021 nella categoria di Miglior Film Internazionale in favore di Notturno di Gianfraco Rosi, film certamente meno digeribile per il pubblico straniero. 

Sarebbe un immenso errore valutare Freaks Out semplicemente per il film che è e non per ciò che vuole essere, per ciò che potrebbe rappresentare: un grandissimo passo per il cinema italiano verso un’evoluzione, per un nuovo cinema popolare.

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Nicolò Cretaro, Redattore