Negli anni, Netflix ha abituato i propri consumatori ad una quantità piuttosto elevata di serie tv originali di diversa qualità: sono innegabili gli scivoloni, ma in egual modo le vette toccate da alcune produzioni. Quando però si parla di film originali il discorso prende una piega decisamente differente. Salvo qualche eccezione (non si può non nominare il The Irishman di Scorsese), la maggior parte dei film targati Netflix sono prodotti estremamente mediocri, se non pessimi: Death Note  (Adam Wingard, 2017), Open House  (Matt Angel-Suzanne Coote, 2018), Sotto il sole di Riccione  (YouNuts, 2020) solo per citarne alcuni, non hanno affatto entusiasmato critica e pubblico. Questo ha portato molti spettatori a limitare il loro hype nei confronti dei film Netflix Originals, arrivando addirittura a snobbarli senza dar loro nemmeno una possibilità.

Ma la casa dalla grande N rossa non molla mai ed è arrivata così a produrre non un solo film ma un’intera trilogia esclusiva per la sua piattaforma. Adattando i racconti di R. L. Stine (sì, proprio l’autore di Piccoli Brividi), è arrivato in data 2 Luglio il primo capitolo, intitolato Fear Street Parte 1: 1994 con alla regia Leigh Janiak. Questa volta Netflix sembra aver preso la strada giusta ed essere in procinto di produrre un’ottima saga. Vediamo insieme, dunque, di analizzare questo primo capitolo, in attesa dei successivi in uscita, rispettivamente, il 9 e 16 Luglio.

LA PAURA FA NOVANTA

1994. La scena si apre all’interno di un Centro Commerciale passato l’orario di chiusura e ci viene presentata Heather, la protagonista (interpretata da Maya Hawke, figli di Uma Thurman e Ethan Hawke, conosciutissima dal pubblico Netflix soprattutto grazie alla sua partecipazione nella terza stagione di Stranger Things), che parla con il collega ed amico Ryan di come intendano fuggire dalla città. Ad un tratto Ryan impazzisce uccidendo tutte le persone presenti dentro il supermercato, compresa la stessa Heather, finché non viene fermato ed ucciso dalla Polizia arrivata sul luogo.

Utilizzata la “tecnica Scream” (inserire un’attrice famosa all’inizio del film per far pensare allo spettatore che sia la protagonista, per poi ucciderla nell’arco di 10 minuti), il film ci presenta i veri protagonisti: Deena (Kiana Madeira), una ragazza nel bel mezzo di una crisi di coppia con Sam (Olivia Scott), e i due suoi amici Simon (Fred Hechinger) e Kate (Julia Rehwald) a cui si aggiunge poi il fratello di Deena, Josh (Benjamin Flores Jr.), il nerd del gruppo convinto che gli omicidi che affliggono la cittadina da anni siano in realtà opera di una strega.

Come si evince dal titolo, gli anni ’90 sono fondamentali per la pellicola all’interno della trama e della vita dei protagonisti (non esistevano telefoni cellulari, i computer erano un lusso che non tutti potevano permettersi ed erano molto più limitati di quanto lo siano oggi), ma lo sono altrettanto per le numerose ispirazioni a cui attinge il racconto. La principale fonte è il già citato Scream  di Wes Craven, con il compositore Marco Beltrami in comune tra le due produzioni ed il regista Leigh Janiak al lavoro dietro la macchina da presa per alcuni episodi dell’omonima serie reboot del franchise (distribuita in Italia proprio da Netflix). 

La regia si attesta su buoni livelli, senza infamia e senza lode, ma riuscendo a mantenersi solida soprattutto nei vari momenti di tensione ottimamente costruiti. Preme sottolineare come anche nell’ambito regia si cerca spesso il citazionismo, con diverse inquadrature che rimandano chiaramente a cult horror del passato. Anche la fotografia fa un buon lavoro, creando ottimi scorci soprattutto negli interni notturni. Buona risulta anche la recitazione, soprattutto dei cinque protagonisti, particolarmente in parte.

TO BE CONTINUED

La componente più forte del film è sicuramente la sceneggiatura. Nonostante in alcuni punti risulti piuttosto semplice, permettendo così a chiunque di seguire le vicende principali senza problemi, durante tutta la durata del film vengono costantemente date allo spettatore un’informazione dopo l’altra, in modo da approfondire la storia gettando le basi per un’ambientazione particolarmente interessante e complicata al punto giusto. La componente horror del film viene poi accompagnata da dinamiche tipiche del teen drama, che risultano ben inserite e non stucchevoli (dimostrando come Sex Education, altra produzione Netflix, stia già facendo scuola).

La forza del racconto sta proprio nella sua divisione in tre segmenti divisi in tre film separati, ognuno dei quali si focalizza su vicende diverse che finiscono però per amalgamarsi assieme, costruendo così un’entusiasmante storia ben approfondita e raccontata. Con questo primo capitolo, non solo ci vengono raccontate le vicende dei ragazzi durante gli anni ’90, ma ci vengono presentati anche elementi che verranno poi approfonditi nei due sequel, ambientati rispettivamente nel 1978 e nel 1666. Anche qui le citazioni ed i richiami ad altre pellicole si sprecano, tra i quali non si può non citare un palese richiamo a Stephen King ed in particolare al famosissimo racconto It, nel mostrare come le varie vicende accadute nel corso degli anni nella cittadina di Shadyside siano tutte collegate.

CONCLUSIONI

Traendo ispirazione dai racconti di R. L. Stine, Netflix è riuscita a produrre un ottimo film horror, che riesce a trarre le giuste ispirazioni dai capisaldi del genere ma riuscendo a rimanere comunque originale. Buone la regia e la fotografia, ottima la recitazione ma il fiore all’occhiello è proprio la sceneggiatura che riesce a creare un primo capitolo chiaro e con una forte componente di intrattenimento da un lato e con parecchi elementi che suscitano nello spettatore un’ampia curiosità per i due sequel in uscita. Un’ottima produzione quindi, che riesce a tirare fuori Netflix dallo stereotipo che si era creata in questi anni. Siamo sulla strada giusta.

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Mattia Bianconi, Redattore