L’abbiamo aspettata, e dopo l’uscita nelle sale delle prime tre puntate è arrivata finalmente al cinema la seconda parte della serie-evento Esterno Notte del cineasta Marco Bellocchio.
Presentata in anteprima all’ultimo Festival di Cannes, la serie è stata suddivisa in due parti: la prima, accolta in maniera oltremodo positiva da critica e pubblico, è stata distribuita nelle sale italiane a partire dal 18 maggio, mentre le restanti tre puntate hanno fatto il loro debutto nei cinema nazionali il 9 giugno, sancendo l’indiscutibile coronazione di una serie capolavoro che resterà negli annali.
Se la visione della prima parte era stata ampiamente entusiasmante ma conscia di una incompletezza dovuta alla divisione, all’uscita nelle sale del prodotto finale non è possibile non osannare un prodotto tecnicamente perfetto e strutturalmente audace. Con l’approdo alla serialità contemporanea (o, se vogliamo, alla forma di un film lungo), Marco Bellocchio ribadisce anche entro i canoni di un diverso storytelling la sua vigorosa forza autoriale.
LA STRUTTURA NARRATIVA
Con la visione del prodotto completo, si ben comprende l’intento narrativo che soggiace a Esterno Notte. Sfruttando la narrazione estesa della serialità, Bellocchio percorre ricorsivamente gli eventi del Caso Moro, dal rapimento del Presidente democristiano al suo assassino e ritrovamento. La visione completa di tale sconvolgente evento viene fornita attraverso quattro punti di vista, ad ognuno dei quali viene dedicata una puntata: il potere politico, il potere clericale, la prospettiva dei brigatisti e infine della famiglia Moro, con particolare attenzione alla figura di Eleonora Moro, la moglie del Presidente democristiano. La prima e l’ultima puntata, in questo senso, fungono da cornice nella quale si aprono e si chiudono le vicende, come il sipario teatrale che si alza e infine cala sulla scena. Ciò che stupisce di questa scelta è la presenza minima del personaggio di Aldo Moro: nonostante egli sia il fulcro della narrazione intorno al quale gravitano le azioni dei comprimari, Bellocchio sceglie volutamente di esimersi dall’entrare nella mente del politico; i suoi pensieri e la sua presenza in scena si evincono solo in presenza di altri personaggi o testimoni.
GLI EPISODI FINALI
La seconda parte di Esterno Notte conferma la necessità, da parte di Bellocchio, di restituire le vicende storiche entro un’interpretazione quanto più oggettiva, pur dovendo attraversare territori impervi.
La quarta puntata, ad esempio, si focalizza entro la prospettiva dei brigatisti e, in particolare, della terrorista Adriana Farada (una bravissima Daniela Marra), scissa fra i presunti ideali della rivoluzione e la vita privata. Entrando nell’intimità dei “cattivi”, Bellocchio indaga certezze, timori e false credenze di un gruppo di giovani disillusi dalla realtà di un paese in cui le gioie del boom economico parevano lontanissime. In questo senso, il regista non condanna né assolve le Brigate Rosse: alla violenza ed esaltazione del gruppo di terroristi si contrappongono una serie di momenti in cui si palesa la realtà di uno stato dilaniato dall’insicurezza delle vie cittadine, dalla povertà e dalla piaga della droga (sconvolgente è la scena in cui un giovane va in overdose a bordo di un tram e l’autista decide di non fermarsi, nonostante il dramma che si sta consumando a bordo del suo mezzo).
Tale degradazione si consuma in seno a un sentimento di delusione che attraversa interamente la seconda parte di Esterno Notte. La disillusione si legge negli occhi di Eleonora Moro, interpretata da un’eccezionale Margherita Buy, la quale non solo è disillusa dall’immobilità della politica italiana nel rispondere alle richieste dei terroristi, ma anche dal marito Aldo. La quinta puntata inizia proprio con la confessione di Eleonora a un prete, asserendo quanto la vita con Moro sia divenuta insostenibile a causa della sua assenza, sia fisica che sentimentale. Anche nei momenti in cui la donna riceve le due lettere del marito, pare che ella sia alla ricerca di quell’emotività che nel presidente democristiano è stata soppressa, forse a causa dei segreti di stato ch’egli conserva nella sua interiorità.
Il personaggio di Aldo Moro è sulla bocca di tutti, su tutte le prime pagine dei quotidiani, ma è allo stesso tempo uno sconosciuto: solo nell’ultima folgorante puntata è possibile scalfire la sua personalità nel momento del più forte atto d’accusa di Bellocchio verso il potere politico del tempo. Le parole di un capo di partito sono imbevute di amarezza, rancore e odio verso l’inadeguatezza di una classe politica troppo occupata a scavare nei fondali del lago della Duchessa, piuttosto che aprire un dialogo con le Brigate Rosse.
Con Esterno Notte, Marco Bellocchio schernisce la politica italiana fatta di ridicoli convenevoli, espressioni linguistiche tanto ermetiche quanto empie, tormenti e nervosismi, in un quadro strutturale che non lascia nessuno indenne. L’inettitudine di una classe politica si consuma entro le mura di un alto Palazzo e giace immobile come la montagna di banconote raccolte dal Vaticano per la liberazione di Moro e mai impiegate per il salvataggio del Presidente democristiano. In un vortice grottesco imbevuto sia di satira (verso il potere) che di pietà (rivolta a chi si ritrova in basso), il cineasta impegnato realizza una serie capace di coinvolgere lo spettatore e risvegliare le coscienze rispetto a un periodo storico così tanto travagliato.
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