Pixar mostra ancora una volta le sue debolezze

Dopo essere stato selezionato come film di chiusura all’ultimo festival di Cannes, Elemental esce nelle sale cinematografiche. E – come quasi tutti gli ultimi film animati della Walt Disney Company degli ultimi anni post pandemia – l’uscita in sala è stata accompagnata da una campagna pubblicitaria praticamente nulla.

Limitandoci ai film Pixar, nel 2020 abbiamo avuto la distribuzione altalenante di Onward (nel pieno della baraonda sanitaria) mentre Soul, ampiamente il più convincente di questa fase, diretto dal nuovo capo della Pixar Pete Docter, è stato sacrificato su Disney Plus in un momento di chiusura quasi totale delle sale. Stessa sorte è toccata nel 2021 a Luca e nel 2022 a Red, uniti anche dalla natura di coming of age autobiografici. Quando nell’estate 2022 si sceglie di tornare in maniera dirompente con Lightyear, il tonfo è assordante.

D’altro canto, negli studi gemelli Disney Raya e l’Ultimo Drago è stato completamente ignorato, Encanto dopo non aver certo fatto esultare i botteghini è diventato virale sulla piattaforma, Strange World invece è a malapena conosciuto. Insomma, Elemental non sembra uscire nel momento di maggior fiducia verso l’animazione Disney, e si vede.

Nella città di Element City convivono le popolazioni di Acqua, Aria, Terra e Fuoco, quest’ultima ghettizzata e discriminata dalle altre. La giovane Ember appartiene proprio a quest’ultimo gruppo, lavora nel negozio di prodotti tipici per i “Fuochesi” ed è destinata ad ereditare l’attività di famiglia una volta che il padre avrà deciso di andare in pensione. A causa del suo temperamento aggressivo causa una serie di eventi in cui conosce Wade, un “Acquatico”. Tra di loro nasce del tenero.

Da un lato quindi abbiamo il classico canovaccio Pixar del “sottomondo”, dall’altro abbiamo le ormai consolidate influenze disneyane: la storia d’amore quasi impossibile, l’inseguimento dei propri sogni e la diversificazione.

Il regista Peter Sohn aveva debuttato alla regia in Pixar con il delizioso corto Parzialmente Nuvoloso, antipasto di Up (con il protagonista Carl Fredricksen che ricambia il favore tornando protagonista del corto precedente ad Elemental) e poi al lungometraggio con Il Viaggio di Arlo, probabilmente il più dimenticato della storia Pixar. Da Parzialmente Nuvoloso riprende l’iconografia delle popolazioni di aria, ma siamo ben lontani da quella semplice genialità.

È evidente la natura quasi autobiografica (di nuovo) di questo progetto, che Sohn dedica ai propri stessi genitori. La questione dell’immigrazione, della ghettizzazione e della convivenza tra popolazioni opposte è sicuramente attuale e meritevole di attenzione, ma in casa Disney era già stata trattata in maniera migliore con Zootropolis. Element City poi non è esplorata a sufficienza, siamo lontani dalle accuratezze di Insettopia, della Barriera Corallina, di Mostropoli e anche di Radiator Springs. I suoi abitanti e le sue strade sono a malapena menzionati. I grandi mezzi tecnici messi a disposizione non sono supportati da altrettanta creatività.

Mancanza di creatività che si avverte anche nella storia, ciò che maggiormente pesa del film è infatti la quasi totale assenza di tensione narrativa. La quest che unisce i nostri due protagonisti è poco appassionante, non si avverte mai nemmeno la possibilità che le cose possano andare nel verso sbagliato e i personaggi sono un banale mix di cose già viste e in maniera più interessante.

Questo film è l’ennesima prova di come questa azienda abbia negli ultimi anni completamente sottovalutato quello che era stato il suo cuore pulsante: il cinema animato. Sorvolando su quanto sia ignorata la distribuzione al cinema di film che potrebbero far affezionare un nuovo pubblico alla sala, vengono completamente messe da parte personalità creative, fantasia, colori e maturità per fare spazio ad un ennesimo prodotto omologato e sforna gadget. E tutto questo è davvero avvilente.

Nicolò_cretaro
Nicolò Cretaro,
Redattore