Arriva al cinema la conclusione della tanto discussa trilogia dei Manetti Bros. dedicata al personaggio creato dalle sorelle Giussani. Un’operazione a dir poco coraggiosa da un punto di vista produttivo, con la realizzazione in contemporanea del secondo e terzo film, quanto commercialmente fallimentare visto il basso riscontro di pubblico. La scelta dei registi di realizzare un’opera fedele al materiale di partenza, tramutando le tavole degli albi in film dallo stile e dal ritmo “fumettistici”, non è riuscita a ottenere l’apprezzamento degli spettatori, a causa di una messa in scena altamente artificiosa e prestazioni attoriali spesso non all’altezza della produzione, ma coerenti con il tono e le atmosfere che i film volevano trasmettere. Tuttavia, proprio per queste ragioni, il primo film della trilogia, a parere di chi scrive, aveva a sua disposizione più di un elemento interessante, proprio per questa scelta di messa in scena a dir poco sovversiva e anticommerciale, che lo distingueva dal piattume delle produzioni basate sui fumetti che hanno infestato i cinema negli ultimi anni. Il secondo capitolo tuttavia, oltre al cambio di attore nel ruolo principale, con il passaggio da Luca Marinelli a Giacomo Gianniotti come interprete di Diabolik, mostrava il fianco a una certa stanchezza risultando un film poco convincente.

Dopo la visione si può affermare che Diabolik – Chi Sei?, pur non tornando ai livelli del primo capitolo, risulta essere un notevole passo avanti rispetto al secondo, risultando una più che degna conclusione della trilogia dedicata al Re del Terrore, nonché il film più cupo. Un elemento che nessuno dei tre film ha mai sbagliato è il prologo, in questo caso costituito da una sequenza di grande tensione con protagonista Carolina Crescentini, seguita da una serie di scene action sanguinolente mai presenti in così grande quantità nei film di Diabolik. Soprattutto nella prima parte della pellicola, i rimandi a Milano Calibro 9 sono molteplici, suggellati dalla presenza in un cameo di Barbara Bouchet, a cui si rimanda anche in una scena di spogliarello che ricorda la danza della stessa Bouchet all’interno del capolavoro di Fernando Di Leo.

Mai come in questo film è centrale il rapporto tra Ginko e Diabolik, con il primo che ha finalmente la possibilità di scoprire la storia del suo nemico da cui è tanto ossessionato. Spesso i due sono posti ai margini della stessa inquadratura, camminano nella stessa strada ma passando per due percorsi diversi, Diabolik nell’oscurità e Ginko alla luce, in un continuo confronto a distanza ravvicinata. Giacomo Gianniotti continua a non convincere pienamente nella parte recitativa se non nei momenti in cui deve risultare minaccioso, nonostante visivamente sia il Diabolik perfetto e abbia il physique du rôle per interpretare il personaggio. Dopo il primo film con protagonista Eva Kant, un secondo dedicato a Ginko, questa terza parte è finalmente dedicata a Diabolik e alle sue origini, messe in scena attraverso flashback che hanno il difetto di rallentare il ritmo del film. Sequenze che restano tuttavia assolutamente suggestive, ambientate su un‘ isola, con scenografie e atmosfere che ricordano i film horror anni ‘60.

Questo approfondimento sul protagonista limita fortemente lo spazio dedicato agli altri personaggi, ognuno dei quali compie tuttavia il proprio percorso evolutivo iniziato nei precedenti film, chiudendo il cerchio. Mastandrea si conferma un perfetto Ginko, mentre l’Eva Kant di Miriam Leone, nonostante sia fondamentale ai fini della trama, ha poco minutaggio, forse in conseguenza della gravidanza che stava portando avanti l’attrice durante le riprese, che ne limitava i ruoli più dinamici. Più spazio viene invece dedicato all’Altea di Monica Bellucci, che per quanto resti un’attrice di indubbio fascino capace di lavorare col proprio corpo e i propri movimenti, nel momento in cui recita le battute del copione raggiunge risultati disastrosi. Unico elemento veramente di contrasto rispetto a una recitazione, rispetto ai capitoli precedenti, di stampo decisamente più realistico e meno retrò, favorendo la visione da parte dello spettatore e rendendo Diabolik – Chi Sei? il film più classico della trilogia, pur mantenendo una certa rigidità nella sceneggiatura e tutti gli altri elementi di atmosfera che han caratterizzato l’opera dei Manetti Bros. Completano il comparto attoriale, oltre alla già citate Crescentini e Bouchet, Pier Giorgio Bellocchio che torna ad interpretare l’agente Palmer, Paolo Calabresi nei panni insoliti di un criminale, e i simpatici camei di Max Gazzè e Amanda Campana nei ruoli di due alter ego di Diabolik ed Eva Kant.

La colonna sonora, firmata dal duo Pivio e Aldo De Scalzi, si conferma di pregevole fattura, oltre che costantemente presente, con rari momenti di silenzio all’interno del film. La canzone del film è invece stata prodotta dal celebre gruppo Calibro 35, che vantano all’interno della loro discografia diverse colonne sonore per ipotetici film mai realizzati, e cantata da Alan Sorrenti. Si conferma la cura a livello di design degli interni che contribuiscono a rendere Clerville una realtà tangibile e a catapultare lo spettatore in un’altra epoca.

I Manetti Bros. giungono alla conclusione della loro trilogia cinematografica dedicata al Re del Terrore, un’opera basata su una scelta stilistica vintage ben precisa che ha fatto storcere il naso a più di uno spettatore, ma portata avanti in maniera coerente fino alla fine e risultando a conti fatti, uno dei progetti cinematografici italiani più interessanti prodotti negli ultimi anni. La disaffezione del pubblico verso il prodotto sembra tuttavia ormai confermata a dimostrazione che la scelta, per quanto originale, non si sia rivelata come previsto intelligente da un punto di vista commerciale.

Luca Orusa
Luca Orusa,
Caporedattore.