Se c’è un filone che il Cinema contemporaneo non si è (ancora) stancato di proporre in tutte le salse, è quella macrocategoria che si può riassumere come “l’élite passata alla graticola in chiave pop”. Che sia il culto della celebrità e le storture mediatiche/culturali che la alimentano, la concezione aristocratica dell’arte o uno scabroso racconto gotico di lotta (civile) di classe, ci piace vedere i privilegiati soffrire nei modi più stravaganti e creativi. In Death of a Unicorn, il debutto alla regia di Alex Scharfman, è lo sfruttamento della natura che i ricchi perseguono, ciechi delle possibili, devastanti conseguenze. Perché, come ci mostrano i vari capitoli di Jurassic Park dal 1993 a oggi, la natura si ribella all’avidità o all’ambizione di meschini uomini miopi, con conseguenze nefaste per tutti. Soprattutto se, a punirci, sono creature eccezionali come i tirannosauri resuscitati nel parco di John Hammond. O una coppia di unicorni vendicativi.

Papparsi i ricchi

L’avvocato da poco vedovo Elliot (Paul Rudd) investe per sbaglio un piccolo unicorno, mentre lui e la figlia Ridley (Jenna Ortega) viaggiano in macchina diretti a un week-end nella magione dei datori di lavoro di lui. Nonostante un goffo tentativo iniziale di occultare il puledro, ben presto le proprietà farmaceutiche della creatura vengono alla luce, e i ricchissimi Leopold non perdono tempo a cercare di sfruttarle per i loro benestanti clienti. Peccato che questi unicorni non siano solo le magiche creature simbolo di innocenza e bontà che tanta letteratura fantastica e filmografia hanno ritratto nei decenni. Richiamati dalla morte del piccolo, i genitori accorrono: la loro vendetta sarà particolarmente sanguinolenta, mentre Ridley sperimenta un contatto psichico con le creature che potrebbe essere la chiave per aggiustare le cose.

Sulla trama non diremo di più; non solo per evitare spoiler ma anche perché, se siete già navigati del genere, Death of a Unicorn non si sposta molto più in là di quanto il trailer, o anche solo i primi venti-venticinque minuti di film, non lascino già suggerire. Stessa cosa per i protagonisti, che instradano il cast nei binari di una versione appena meno approfondita dei loro personaggi tipici – Paul Rudd un succedaneo più smidollato del padre di famiglia benintenzionato che ha fatto la sua fortuna negli ultimi anni con il MCU, Jenna Ortega l’adolescente anticonformista che potrebbe interpretare anche a occhi chiusi -. Per un storia tradizionale che dovrebbe farci detestare la famiglia di privilegiati, il personaggio più divertente e memorabile è proprio l’imbelle nepo baby interpretato da Will Poulter, che dell’unicorno scopre ben presto un uso più ricreativo. Poche le ragioni per provare qualsiasi cosa per ciascuno di loro, se non il ruolo che il film assegna loro fin dall’inizio.

Brodo (di unicorno) riscaldato

Death of a Unicorn è una creatura strana tanto quanto quella al centro della scena. Inclassificabile thriller-horror fantastico con incursioni nella commedia nera, la premessa di creature leggendarie e fiabesche divenute terrificanti macchine di morte è, se non originalissima – tra Winnie the Pooh e Mickey Mouse ci stanno costruendo un intero pseudo-franchise di serie B sui beniamini d’infanzia in chiave horror splatter -, potenzialmente gustosa per chi è in cerca di un po’ di divertimento anarchico o vorrebbe passare un paio d’ore tra sangue in CGI versato nei modi più truculenti e creativi. Entrambe occasioni che Death of a Unicorn coglie a metà, e in modo non troppo convinto. Il film di Alex Scharfman è un banchetto di buone intenzioni preriscaldate, di potenziale scenico che il film stesso rigetta in favore di un timido intrattenimento non troppo spaventoso e neppure particolarmente creativo.

Fin troppo woke o non abbastanza? Al di là degli inevitabili slogan dell’adolescente socialmente consapevole, ribelle e tormentata da una recente perdita, inevitabile voce della ragione (inevitabilmente mai ascoltata, fino a quando non è troppo tardi), la parabola sull’estrema cannibalizzazione della natura che instaura non affonda mai del tutto i denti sui suoi -attualissimi- temi. 

Il divertimento non manca, ma il fantastico è altrove, l’horror pure. Se l’unicorno di Alex Scharfman non sarà del tutto esanime, procede a un trotto mai davvero convinto.

valentino_feltrin
Valentino Feltrin,
Redattore.