È una storia “vecchia come il tempo”: lo spadaccino Cyrano, innamorato della bella Rossana, le scrive lettere d’amore nascondendosi dietro le sembianze del bel Cristiano, in quanto incapace di credere che la donna possa ricambiare il suo sentimento a causa del proprio enorme naso. La commedia di Edmond Rostand Cyrano de Bergerac, rappresentata per la prima volta nel 1897, ha dato vita a centinaia di adattamenti per il teatro e il cinema, oltre ad aver ispirato Aldo, Giovanni e Giacomo.
L’ultimo adattamento, per la regia di Joe Wright (Orgoglio e pregiudizio, Anna Karenina), è ispirato a uno spettacolo teatrale scritto e diretto da Erica Schmidt, che ha trasposto il triangolo amoroso in un musical con canzoni di due membri della band The National, i gemelli Aaron e Bryce Dessner. Nel cast del film troviamo alcuni membri dello spettacolo originale, in particolar modo Haley Bennett nella parte di Rossana e Peter Dinklage, star di Game of thrones, in quella del protagonista. Completa il trio Kelvin Harrison Jr. nel ruolo di Cristiano.
Il film ha dalla sua diverse maestranze italiane: infatti, il montaggio è di Valerio Bonelli (che ha lavorato con Wright anche per L’ora più buia), il trucco è di Alessandro Bertolazzi (assieme a Siân Miller) e infine ai costumi abbiamo Massimo Cantini Parrini e Jacqueline Durran. I costumi sono anche l’unico comparto per cui il film ha ricevuto una nomination agli Oscar, la seconda di fila per Parrini che l’anno scorso era in lizza per Pinocchio. Inoltre, il film è stato girato in buona parte in Sicilia.
UN CYRANO SENZA IL SUO NASO
Qualcuno avrà avuto (e probabilmente avrà ancora) da ridire sulla scelta di privare Cyrano della sua caratteristica più iconica, ovvero il grosso naso. Tuttavia, la scelta di prendere nel ruolo un attore affetto da acondroplasia, qual è Dinklage, rientra perfettamente nello spirito della storia. Agli inizi del 900, la storia di Cyrano sfidava l’idea che una relazione tra una donna convenzionalmente attraente e un uomo che non rientrasse negli standard di bellezza della società fosse impossibile, una sorta di rilettura de La bella e la bestia in cui ciò che conta non è l’esteriorità ma la sostanza di una persona. Ad oggi, l’elemento che spinge Cyrano a dubitare di essere degno di amore può sì essere ancora di tipo fisico ma, allargando il discorso, potrebbe accogliere tutte le persone considerate “diverse” dalla società, ad esempio quelle appartenenti a delle minoranze sottorappresentate come Dinklage.
In secondo luogo, c’è da dire che la caratteristica del naso spesso e volentieri è stata completamente abbandonata da molti adattamenti teatrali, in cui questo elemento piuttosto che mostrato viene solo citato e lasciato all’immaginazione dello spettatore (si pensi solo all’ultima messa in scena del National Theatre con protagonista James MacAvoy).
Si potrebbe allora avere da ridire sul perché nell’universo filmico esistano persone di minoranze etniche (Cristiano in primis) che non sembrano avere gli stessi problemi affrontati da Cyrano. A questa perplessità rispondo dicendo che in un mondo in cui la gente si esprime cantando e ballando e l’estetica è tanto luminosa e tutta virata sui colori pastello, evidentemente le convenzioni non sono le stesse che reggono la nostra società.
Per il resto, questo Cyrano è perfettamente in linea col personaggio creato da Rostand: Dinklage dà vita ad un cadetto arguto che entra in scena parlando in versi e mettendo in chiaro sin da subito la propria capacità di oratore e di poeta, ma anche la sua sensibilità. Ugualmente stabilita dall’inizio la natura battagliera e l’abilità di spadaccino, che lo mettono sullo stesso piano del Cyrano “originale”. Grande malus dell’adattamento è però il fatto che buona parte dei dialoghi di Rostand, tanto importanti perché espressione della verve del protagonista, sono stati tagliati e sostituiti con una sceneggiatura non sempre alla pari coi giochi di parole e le espressioni poetiche dell’autore francese (in almeno un’occasione per sopperire a questa carenza viene citato Shakespeare).
Nonostante ciò Dinklage, con la sua interpretazione, regge benissimo la scena: il suo Cyrano è struggente, complesso, diviso tra la propria autocommiserazione (spesso l’opinione che ha di sé sembra essere peggiore di quella che hanno gli altri), il desiderio di Rossana e il tentativo di fare ciò che crede essere il suo bene. Varrebbe la pena di vedere il film anche solo per vederlo all’opera.
Buona anche l’interpretazione di Haley Bennett, la cui Rossana è parte più attiva nel dipanarsi degli eventi. È anche molto più ambiguo quanto sia consapevole dell’inganno messo in atto dai due uomini, principalmente grazie ad alcuni piccoli accorgimenti dell’attrice nella propria mimica facciale. La complicità tra Dinklage e Bennett è evidente (i due d’altronde hanno interpretato questi personaggi a teatro), e le scene che vedono coinvolte la coppia sono tra le migliori del film.
Meno riusciti gli altri personaggi, generalmente piatti. Cristiano, per far risaltare la verve dialettica di Cyrano, è reso per lo più un ragazzo di buon cuore ma molto stupido, che solo alla fine ha un suo momento davvero degno di gloria che viene però spazzato via da una pessima fine. Ugualmente il “cattivo” della situazione, il Duca De Guiche, è uno stereotipo di nobile viscido e altezzoso, con tanto di parrucca e faccia perennemente bianca causa belletto.
Questa esasperazione della natura grottesca colpisce buona parte dei nobili, personaggi di contorno: tutti sono eccessivamente truccati, tutti sono ridicolizzati, tutti sono facilmente scandalizzati. Per fortuna il focus è per la maggior parte del tempo sui protagonisti. Le interazioni del trio principale sono per lo più godibili, e seppure il film ci faccia entrare un po’ in fretta nella loro dinamica questa risulta per lo più naturale e ben riuscita.
Purtroppo, come l’inizio risulta piuttosto frettoloso nello stabilire la situazione di partenza, così anche il finale è abbastanza anti climatico: risolve troppo in fretta una storia dalle implicazioni emotive potenzialmente molto ramificate (oltre a non rendere del tutto chiaro il destino di Cyrano, spiegato invece nell’opera teatrale). Così, inizio e fine, che dovrebbero essere i due momenti più forti del film (l’uno per attrarre il pubblico, l’altro per congedarlo con soddisfazione), sono quelli più deboli.
UN MUSICAL PRIVO DI MORDENTE
Il grande difetto di questo film è di tipo fondamentalmente strutturale: Cyrano è un musical che sembra vergognarsi di essere un musical. Una vergogna che nasce dal marketing: il materiale promozionale sembra fare di tutto per nascondere il genere della pellicola.
Per un musical, l’inizio è un momento fondamentale per settare le aspettative del pubblico riguardo a quello che stanno per vedere. Un esempio calzante è quello di West Side Story di Steven Spielberg, uscito l’anno scorso: nel numero iniziale, Prologue, vediamo i protagonisti ballare. Poco dopo, con Jet Song, li sentiamo anche cantare. Questo vuol dire che, quando nel resto della pellicola vedremo i personaggi ballare e cantare, sapremo che questo è normale nell’universo del film e non ne resteremo sorpresi e straniti. Al contrario, il numero iniziale di Cyrano, Someone to say, si concentra sui volti dei protagonisti che cantano e nient’altro. Buona parte dei numeri che seguiranno saranno così, e i (rari) momenti di ballo risulteranno non solo sporadici ma anche imbarazzanti proprio perché non introdotti appropriatamente. Tra l’altro, anche quando ci sono coreografie la macchina da presa si dimostra inadatta a filmarle, visto che preferisce tagliare costantemente, anche in questo caso, sui volti dei personaggi.
In secondo luogo, le scene musicali non sono costruite in maniera cinematograficamente interessante: per la maggior parte si tratta solo di primi piani dei protagonisti, o di campi lunghi che però non giustificano la loro esistenza. Infatti nei musical classici i campi lunghi venivano usati per mettere in scena complesse coreografie, qui si limitano a riprendere per lunghi periodi di tempo i personaggi. Un modus operandi che sembra voler replicare l’impostazione teatrale, peccato che cinema e teatro siano due medium ben diversi.
L’approccio di Wright sembra ricalcare quello realistico di Tom Hooper in Les Miserables, piuttosto che quello di Spielberg: il musical, che pure dovrebbe essere il luogo adatto all’esagerazione e all’esasperazione visiva, alla costruzione di un’estetica riconoscibile e stilizzata (si pensi solo a Moulin Rouge), è qui ridotto a una riproduzione della realtà. Nulla, nella costruzione di questo film, mi ha fatto sentire la necessità che fosse un musical. Unica eccezione alla regola il numero Every letter, in cui montaggio e costruzione della scena finalmente si sbizzarriscono.
Pur ricadendo nei difetti di cui sopra, altri numeri ben riusciti sono Overcome, il duetto d’amore tra Cyrano e Rossana, e soprattutto Wherever I fall, con protagonisti dei soldati che consegnano le proprie lettere prima di una battaglia. In questo caso a rendere ben riuscito il momento non è tanto la regia quanto, piuttosto, il testo della canzone e la sua melodia, costruita sulla ripetizione e la variazione di pochi semplici versi.
Il problema, in questo caso, non è certamente quello dell’inesperienza del regista: Wright ha alle spalle una carriera rispettabile e ha più che ampiamente dimostrato di saper usare il proprio mezzo. Nello stesso Cyrano sono presenti scene o singole inquadrature che rivelano l’ottima mano: la ripresa dall’alto del protagonista dopo la fine di un duello, lo scontro con alcuni tirapiedi del Duca tutto girato in piano sequenza, l’inquadratura della salita di Cristiano per arrivare al balcone di Rossana. Il dilemma, allora, sembra manifestarsi proprio nel caso dei numeri musicali: Wright non è a suo agio nel dirigere un musical, cerca di occultare in ogni modo questo fatto, non lascia che il genere esploda nelle sue potenzialità.
Un peccato, perché l’estetica del film potrebbe anche adattarsi a questo genere. Scenografie e costumi sono, prevedibilmente, eccellenti, e virano quasi tutti su colori chiari o pastello. L’unica nota che stona nell’insieme è l’eccessiva luminosità accompagnata a questa palette. Spesso nelle scene diurne vengono a mancare punti luce o lavoro sulle ombre, preferendo una visione appiattita in cui tutto è illuminato, tutto è “smarmellato”. Molto riuscito però l’effetto di contrapposizione tra queste scene e quelle ambientate al fronte, con un immediato viraggio su toni cupi e sporchi.
“YOU’RE NOT BAD, YOU’RE NOT GOOD, YOU’RE JUST NICE”
In ultima analisi, Cyrano è un film che, pur dotato di difetti, riesce comunque a presentare alcuni spunti interessanti: la rielaborazione dello spettacolo di Rostand, la chimica tra i due protagonisti, alcune canzoni degne di nota e un’ottima interpretazione di Dinklage che vorrei fosse in un film più memorabile. Non un capolavoro, certo, ma neppure un fallimento, questo adattamento si pone senza troppe difficoltà nella zona del “carino” e qui resterà.
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