Il cinquantesimo film di Woody Allen, presentato fuori concorso alla 80esima Mostra del Cinema di Venezia, raccoglie in sé tutte le tematiche e i canoni estetici che hanno caratterizzato la carriera del regista, a partire dal titolo: Coup de Chance (Un colpo di fortuna). È ambientato a Parigi, dove la protagonista, Fanny (Lou de Laâge) vive una vita tranquilla e molto agiata con Jean (Melvil Poupaud), il suo secondo marito. L’incontro casuale con un vecchio compagno di liceo, Alain (Niels Schneider), la spinge improvvisamente a rimettere tutto in discussione: lui coglie l’occasione per confessare di essere sempre stato innamorato di Fanny, e lei si rende conto, suo malgrado, di ricambiare con molta più passione di quella che prova per il marito.
I due iniziano una relazione clandestina, ignari del fatto che Jean, uomo possessivo ed estremamente influente in città, li abbia scoperti. Questo personaggio incarna l’antitesi della filosofia di Woody Allen, è abituato a manipolare la realtà a suo piacimento e non crede che la fortuna sia una forza ingovernabile. È attraverso di lui, inoltre, che si inserisce un elemento di inquietudine in quella che altrimenti avrebbe tutte le premesse e lo sviluppo di una commedia leggera. L’unica a sospettare qualcosa è Camille, la madre di Fanny in visita da New York, a cui la figlia non vuole dare ascolto. La metropoli americana non poteva mancare in questo compendio del cinema di Allen: il liceo dove Fanny ha conosciuto Alain era lì, e da lì proviene quindi la vita entusiasmante del passato che irrompe nella mondanità della borghesia parigina. La città viene citata esplicitamente poche volte da Fanny ma il contrasto netto tra le due versioni della sua vita, insieme ai ruoli di Alain e Camille che si contrappongono a Jean, rendono New York presente anche a Parigi, come se non solo i personaggi e le idee ma anche lo scenario avesse bisogno della sua antitesi concreta.
Il film mantiene un delicato equilibrio tra dramma e commedia, soprattutto nella prima parte, ma senza mai allontanarsi troppo dalla seconda: nonostante fosse stato annunciato come un thriller, di questo genere si colgono solamente degli indizi abbozzati. Inoltre, la fotografia di Storaro con i colori iper saturati e la colonna sonora prevalentemente jazz contribuiscono all’atmosfera romantica e mai troppo cupa.
Da una parte si tratta quindi di una pellicola piacevole e nella quale la cifra stilistica di Woody Allen è riconoscibile. Il caso rimane, lungo tutto l’arco narrativo, il vero padrone degli eventi: alcune decisioni dei personaggi ottengono un risultato, alcune cadono nel vuoto, ad altre si somma un elemento esterno a dirottare le conseguenze; mentre Jean si arrabbia e mobilita la sua rete di malavitosi per cercare di aggiustare man mano il corso della storia. Fanny dal canto suo reagisce istintivamente adattandosi ogni volta al contesto in cui si trova, non con indifferenza totale ma in maniera perlomeno docile, atteggiamento reso palese dalle dinamiche che si creano a seconda che si trovi con il marito o con l’amante. Dal punto di vista di questo discorso sull’esistenza o meno della fortuna, le scene finali sono intelligenti e ben orchestrate.
Dall’altra parte purtroppo lo svolgersi del racconto risulta poco coinvolgente a causa di una sceneggiatura rigida e a tratti trascurata, dalla quale la famosa ironia alleniana non riesce ad emergere appieno, e da una esecuzione non particolarmente appassionata. L’impressione che si ha è che il fatto che si tratti del suo primo film girato in francese, anziché in inglese, possa aver penalizzato il lavoro. I dialoghi sono spesso descrittivi ed aggiungono poco a quello che viene già mostrato, che è una serie di eventi semplici messi in moto da premesse abbastanza stereotipate. Al di là dell’ambientazione interamente francese e di alcuni dettagli, come l’uso dei colori, non si tratta sicuramente di un lavoro innovativo rispetto ai precedenti.
Nell’insieme, Coup de chance è una commedia discreta, un esercizio di stile indubbiamente ben confezionato ma povero di sostanza.
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