“I Grew Up Thinking Feelings Were Cool”

Probabilmente alcuni potranno essere infastiditi dai film di Cooper Raiff che trasudano una inadeguatezza che assoceremmo alla Frances Ha di Greta Gerwig (“I’m so embarrassed. I’m not a real person yet”) e ad una prima -superficiale- impressione possono sembrare costruiti per rientrare nell’etichetta di film indie, volutamente sottotono, in concorso al Sundance. Ma a Cooper Raiff sento di volere bene; Non solo per la sincera empatia con cui osserva le persone -che inevitabilmente si rispecchia nei personaggi, donando alle sue storie un’onestà immediata- ma anche perché nell’assistere all’esordio di questo giovane regista         -Raiff aveva solo 22 anni all’uscita del suo primo film- gli accostamenti al suo regista di riferimento, Richard Linklater, non sono affatto sprecati. Cha Cha Real Smooth è il suo secondo lungometraggio, vincitore sì del Gran Premio della giuria South by Southwest al Sundance ma ben lontano dai banali sentimentalismi che abbiamo visto nell’ultima hit del Festival, CODA. Il film, prodotto in collaborazione con TeaTime Pictures -progetto del cuore di Dakota Johnson e dell’ex dirigente Netflix Ro Donnelly- segue Shithouse, un delicato e vulnerabile romantic drama micro budget sullo spaesamento e la difficoltà del distacco di una matricola che non riesce a capire come tutti i compagni sembrino divertirsi così tanto quando lui si sente a suo agio solo durante le lunghe telefonate alla famiglia. 

Con questa seconda opera più stilisticamente rifinita, di cui Apple ha acquistato i diritti ed è ora in streaming su Apple TV+, amplia il suo universo narrativo mantenendo però intatta quell’intimità che riesce ad infondere, combattendo il facile stereotipo del ragazzo-bianco-privilegiato che realizza film egocentrici sulle proprie insicurezze. Cooper Raiff ha fatto la cosa migliore per un regista e sceneggiatore esordiente, ha iniziato parlando di cose che conosce- un po’ come suggeriva Nanni Moretti in Sogni D’oro. 

Perché hai scelto Cha Cha Real Smooth come titolo del film?

Penso perché si tratti di quella parte della canzone in cui puoi fare le tue mosse. 

Una cosa però la sta rendendo chiara fin da subito, almeno con i titoli, non ha nessuna intenzione di rendere la vita più facile ai suoi spettatori, divertendosi a generare una lieve sensazione di imbarazzo nella persona che sta per pronunciarli. Cha-Cha Slide è quel tipo di canzone, o meglio, ballo di gruppo, che dalla sua uscita ha perseguitato ogni festa di compleanno, matrimonio, ballo di fine anno e bat mitzvah americano. Ed è proprio da qui che partiamo, da un bat mitzvah. 

Un flashback determinante apre il film e vediamo un piccolo Andrew al suo bat mitzvah sviluppare una cotta per l’animatrice della festa. Ne resta affascinato quando, durante una pausa, la nota allontanarsi per rispondere ad una chiamata. Il suo umore cambia visibilmente, ma questa sensazione dura solo un attimo perché in pochi secondi torna a sfoggiare il più professionale dei sorrisi. Crescendo con una madre bipolare (interpretata da una irresistibile Leslie Mann), Andrew ha sviluppato un istinto naturale, o meglio savior complex, nel proteggere gli adulti, che spesso vede come indifesi nei confronti di un mondo che non esita ad abbandonarli alle prime difficoltà, proprio come scopriremo essere successo con suo padre. Quindi Andrew, convinto di trovarsi davanti alla sua anima gemella, si dichiara a Bella che, lusingata, gli spiega gentilmente di essere troppo grande per lui, stabilendo un pattern che ripeterà inconsapevolmente nel suo presente. 

Dieci anni dopo arriva la fine dell’università che oltre a scombinare gli equilibri con la sua attuale fidanzata, decisa a partire per Barcellona, lo mette davanti al crocevia definitivo sulla direzione da intraprendere in questa nuova vita da adulto. Per una persona che ha investito così tanto sulla relazione con l’altro, scegliere di fare qualcosa solo per sé può risultare spaventoso. Nel frattempo si annoia servendo hot dog in un fast food, anche se occuparsi della famiglia sembra essere il suo vero lavoro a tempo pieno. Proprio la sera in cui deve accompagnare il fratellino David ad un noioso bat mitzvah, Andrew  scopre che la sua inclinazione da people pleaser è perfetta per animare la festa. 

E se dall’altra parte della stanza entra una magnetica Dakota Johnson- che sembra perfettamente a suo agio nell’interpretare madri che cercano di tenere il mondo a debita distanza- sai di essere nella stanza giusta. Domino, che si potrebbe facilmente confondere con una ragazza francese alla pari, ha solo 29 anni ed oltre ad essere una costante minaccia agli occhi degli altri genitori, è la giovanissima madre della brillante quattordicenne Lola, affetta da autismo e spesso bullizzata dai compagni, interpretata da una convincente Vanessa Burghardt al suo esordio. 

È però chiaro fin da subito quanto  Domino sia lontana dall’immagine della fanciulla in pericolo ed è altrettanto chiaro ad entrambi il bene che si potrebbero fare a vicenda. Questa intuizione basta perché Andrew inizi a frequentarle come babysitter di Lola, finendo così per condividere con Domino lunghe chiacchierate notturne. La tensione sessuale tra i due personaggi, il continuo domandarsi da parte dello spettatore “succederà o non succederà” è sicuramente un fulcro vitale per lo sviluppo della storia ma a questo ancestrale meccanismo subentra subito una riflessione più profonda che indaga le ragioni che muovono Domino e Andrew, i loro limiti ed i loro traumi. Cha Cha Real Smooth offre infatti una delicata rappresentazione della salute mentale -senza per questo portarla in primo piano in modo didascalico- che non si limita alla rappresentazione dell’autismo di Lola ma tocca anche la depressione di Domino, in una sequenza in cui la sceneggiatura riesce a riflettere e dare voce a sentimenti difficili da verbalizzare. 

Cooper Raiff, che in entrambi i film è sia dietro che davanti alla telecamera, ha creato un ponte tra le due interpretazioni -che fa quasi pensare a Cha Cha Real Smooth come a un seguito ideale di Shithouse- attraverso una rappresentazione analoga del protagonista maschile. I ragazzi che porta sullo schermo sono ancora incompleti ma in una certa misura consapevoli e proprio per questo totalmente aperti alla relazione con l’altro, caratterizzati da una gentilezza di fondo che li rende pazienti e comprensivi rispetto alle mancanze altrui. Viene quindi proposto un archetipo maschile di eterosessualità, che mette ancora una volta da parte il machismo a favore dell’accettazione di una vulnerabilità che non ha nulla a che fare con l’autocommiserazione ma con il semplice riconoscere che a volte le situazioni si complicano per gli esseri umani, in divenire per natura. Raiff però non corre il rischio di restituire una figura senza ombre perché come lui stesso ha dichiarato, i suoi personaggi sono ben lontani dal rappresentare un esempio positivo sotto ogni aspetto. Andrew si prende cura delle altre persone fino ad un punto in cui questo diventa un tratto caratterizzante della sua personalità; è così gentile, fin troppo gentile, come quando in un momento di riacquisita consapevolezza, prende a calci il prato di un vicino per poi affrettarsi subito a sistemare la zolla fuori posto. 

Il più grande paradosso sta proprio in questo, dare inizio alle danze alle feste altrui quando in realtà i vent’anni sono l’età in cui dovresti pensare prima di tutto a dare inizio alla tua di festa. 

Cha Cha Real Smooth, completando una parabola di crescita iniziata al primo anno di college e conclusasi al primo vero anno di vita adulta, rinunciando ad ogni tentazione di semplificazione narrativa restituisce un’impresa di irresistibile sincerità. 

L’esordio di Cooper Raiff è esaltante ed è ancora più esaltante pensare che questo sia solo l’inizio del suo percorso.

Questo articolo è stato scritto da:

Silvia Alberti, Redattrice