Esattamente due mesi fa iniziavamo la nostra recensione di Kraven: Il cacciatore con la famosa citazione Simpson-iana “Stop! He’s already dead” che curiosamente – ma nemmeno troppo – si applica alla perfezione anche nella visione ormai generale nei confronti del Marvel Cinematic Universe: post-Endgame è riconosciuto “multiversalmente” come l’universo condiviso partito nel 2008 con Ironman si sia costruito un percorso estremamente fallace, composto di pellicole che – salvo rari casi – non convinsero né critica né pubblico e di prodotti televisivi che sembravano essere soprattutto un grido al mantenere attivo l’abbonamento alla personale piattaforma streaming, costellata di prezzi sempre più elevati (centotrentanove (139!) euro all’anno ad oggi) e prodotti sempre più mediocri.

Dopo un 2024 estremamente mediocre sul fattore seriale risollevato, almeno parzialmente, da Deadpool & Wolverine come unica grande uscita in sala, il 2025 presenta da un lato una conclusione un po’ in sordina della Fase Cinque e dall’altro la partenza in pompa magna della Fase Sei che si aprirà a luglio con l’uscita de I Fantastici Quattro, il cui teaser trailer ha già raggiunto numeri stratosferici dimostrando ancora una volta come sia, di fatto, semplice riaccendere l’interesse verso queste storie.

Non sorprende però che l’appena accennata chiusura di questa fase così tumultuosa avvenga con due progetti dall’interesse decisamente minore: ad aprile arriverà infatti Thunderbolts*, incentrato sul team-up di personaggi secondari già introdotti in precedenza, e l’appena sbarcato in sala Captain America: Brave New World, in cui vediamo in azione per la prima volta sul grande schermo il nuovo Cap di Sam Wilson. Proprio su quest’ultimo, reduci dalla visione in sala, possiamo finalmente dire, dopo tanto – troppo – tempo: non siamo (completamente) delusi!

Nuovo Cap, stessa storia

Dopo alcuni momenti necessari ad aggiornare lo status quo del mondo Marvel, tra cui un Thaddeus Ross divenuto presidente degli Stati Uniti, un piccolo recap sulle conseguenze dell’ormai lontano L’incredibile Hulk e l’aggiornamento sullo stato del Celestiale emerso in The Eternals, il film lancia lo spettatore direttamente nell’azione con un Sam Wilson (già Captain America dopo il finale di Falcon And The Winter Soldier) intento a sventare un grosso furto da parte della Serpent Society capitanata da Sidewinder. Dopo aver sventato l’attacco con l’aiuto del nuovo Falcon Joaquin Torres, i due si ritrovano invischiati in una serie di attacchi terroristici orchestrati da una misteriosa mente criminale e che sembrano avere come centro nevralgico due elementi: il neo-eletto presidente Ross e la gestione dell’adamantio (estratto proprio dal Celestiale) tra le varie potenze mondiali.

Un po’ James Bond, un po’ Tom Clancy ed un po’ The Winter Soldier, la pellicola cerca di costruire una storia in cui si vuole parlare di geo-politica, di grandi potenze mondiali, di pace e di potere e vuole fare tutto questo attraverso un film d’azione alternato a momenti ascrivibili alla spy story. Difficile dire quanto di quello visto nel film sia stato frutto della prima originale sceneggiatura, dato che il film è andato incontro ad un corposo numero di riscritture e reshoot prima con l’inserimento di Ford nei panni di Ross e successivamente per introdurre da zero il Sidewinder di Giancarlo Esposito, ma possiamo dire che la sceneggiatura a cinque (5!) mani portata sullo schermo, nonostante non brilli di originalità e si dimostri inevitabilmente limitata dal dover inserire rimandi, collegamenti ed elementi necessari per il futuro, riesce comunque a scorrere senza problemi volando per 118 minuti senza intoppi o momenti inutili o noiosi.

Sam Wilson si pone come un Captain America diverso, senza siero del super soldato ed aiutato quindi da un continuo allentamento fisico e dal fidato scudo in vibranio ora accompagnato da una coppia di ali dello stesso materiale ma che, se sul piano fisico riesce comunque a tenere testa a numerosi degli avversari che gli si parano innanzi, si ritrova a scontrarsi inevitabilmente con l’idea generale – ma soprattutto suo – di uno Steve Rogers icona perfetta ed infallibile, portandolo a dubitare più volte di sé stesso ma obbligandosi, al tempo stesso, a continuare a combattere per ciò che è giusto.

Un mondo (di nuovo) vivo

Per quanto Sam Wilson risulti inevitabilmente protagonista delle vicende, è facile identificare fin da subito come lui muova i suoi primi passi come Captain America in un mondo ben più grande di lui, in cui al centro di tutto ci sono innanzitutto elementi dai connotati fortemente politici. Pur non essendo davanti ad un’opera dalla profonda complessità critica, la pellicola riesce comunque nell’intento di evidenziare un eroe “a stelle e strisce” costretto, per il bene comune e la giustizia, a scontrarsi anche con chi rappresenta l’incarnazione stessa del proprio paese (tema trattato più volte nei fumetti di Cap durante gli anni). Il Thaddeus Ross – quasi co-protagonista della pellicola, soprattutto grazie al suo forte carisma – di Harrison Ford è infatti un Presidente che cerca di riabilitare il suo nome di spietato generale cercando la pace, ma rimanendo sempre caratterizzato dal suo caratteristico pugno di ferro e dal suo carattere combattivo ed impulsivo che lo spinge, più volte, sulla strada dello scontro.

In tutto questo gioca un ruolo fondamentale il misterioso villain – che la pellicola nasconde per buona parte del film e che perciò ci teniamo a non svelare completamente –, caratterizzato da un rapporto stretto con il Presidente e che non si fa scrupoli davanti ad omicidi e massacri di massa pur di portare a termine il suo obiettivo: per quanto il suo agire nell’ombra non lo porti ad essere un villain estremamente iconico, ci sentiamo comunque di elogiare il giusto una minaccia che è davvero tale, con un giusto approfondimento psicologico che non lo rende però l’ormai stravisto “villain incompreso”. Peccato invece per il Sidewinder di Esposito e la Serpent Society in toto, appena introdotti nel film e che godono perciò di ben poco spazio in vista di un futuro approfondimento già confermato in numerose interviste.

Marvel standard

Ormai vero e proprio tallone d’Achille delle varie produzioni di casa Marvel, anche qui la Cgi è senz’altro l’anello più debole della catena: che si tratti della massiccia distruzione di edifici, degli effetti visivi di onde energetiche, della comparsa/scomparsa di elmetti o di interi design dei mostri, è ormai inaccettabile accettare risultati così scadenti da una produzione così massiccia e dal budget così elevato (parliamo comunque di 180 milioni). Unici elementi salvabili risultano nel design di Hulk Rosso (non per nulla creato dalla Wētā FX di Peter Jackson) e quello del misterioso villain (realizzato soprattutto con effetti pratici sotto richiesta dell’attore).

Rialzano comunque l’asticella dei buoni costumi – soprattutto nel caso di Sam, che indossa un design molto vicino a quello utilizzato da Rogers in The Winter Soldier ma con i dovuti cambiamenti – ed una regia tutto sommato apprezzabile: se infatti Julius Onah non costruisce sequenze memorabili o particolarmente ricche visivamente (forse anche a fronte dei tempi ristretti e della necessità dei reshoot), il tutto procede comunque senza intoppi arrivando addirittura a sequenze d’azione anche interessanti in un paio di momenti.

Conclusioni

Con Captain America: Brave New World si riaggiusta almeno parzialmente il tiro di una Fase Cinque decisamente sottotono. Nonostante la mancanza di elementi rivoluzionari (e gambizzata da continue riscritture e reshoot), la pellicola di Julius Onah riesce ad intrattenere senza troppi fronzoli con una regia semplice (forse troppo) ma chiara e spedita, permettendo al pubblico di avvicinarsi ed empatizzare con il nuovo Captain America e di tornare in un mondo finalmente nuovamente popolato di personaggi ed in cui gli avvenimenti sembrano avere delle effettive conseguenze.

Non è certo tutto oro ciò che luccica (soprattutto a causa di una Cgi davvero sottotono in alcuni momenti) ed è inevitabile un minimo senso di delusione davanti ad un film con un sottotitolo simile e che di “nuovo” o “coraggioso” ha, di fatto, ben poco. Resta quindi allo spettatore scegliere cosa provare: sollievo per una pellicola che, dopo tante deludenti, finalmente riesce a fare qualcosa di semplice ma che funziona, oppure amarezza per lo standard ormai infimo nelle aspettative che questi film sembrano aver raggiunto.

Mattia Bianconi
Mattia Bianconi,
Redattore.