Birth/Rebirth, opera prima della regista Laura Moss presentata nella sezione Crazies del Torino Film Festival 2023, è un mix moderno tra Frankenstein e Cronemberg, con protagoniste Marin Ireland e Judy Reyes, il volto di Carla in Scrubs, che qui torna nell’ambiente ospedaliero.

Rose è una patologa forense che predilige il silenzio dei cadaveri ai tumulti delle interazioni sociali. Una sua ossessione segreta è la rianimazione dei morti. Celie è un’ostetrica la cui vita ruota attorno alla sua briosa e loquace figlia di sei anni, Lila. La tragica notte in cui Lila si ammala e muore improvvisamente, le vite di queste due donne s’intrecciano in modo irrevocabile. Si avventureranno lungo un buio sentiero da cui non c’è ritorno; e saranno costrette a confrontarsi con i limiti che sono disposte a superare per proteggere ciò che più amano.

La soggettiva di un parto apre il film, a rimarcare l’importanza dell’atto della nascita all’interno della pellicola, interamente incentrata sul concetto di maternità e su cosa si è disposti a fare per tenere in vita i propri figli. Rose e Celie, due personaggi agli antipodi all’inizio del film, sociopatica, fredda e schiva la prima, materna e gentile la seconda, durante la loro evoluzione fanno proprie le caratteristiche della partner in crime, vivendo un ribaltamento di ruoli. Rose sviluppa un sentimento materno nei confronti di Lila, mentre Celie sprofonda progressivamente nell’abisso del male, diventando una persona prevaricatrice e capace di sacrificare tutto e tutti pur di tenere in vinta la propria figlia. E’ particolarmente interessante il percorso di Celie a livello concettuale: è proprio lei all’interno del film ad avere un’evoluzione in negativo, interpretata da Judy Reyes, l’iconica Carla di Scrubs, personaggio molto sensibile e dalla bontà innata,  con un ribaltamento di ruoli rispetto a Rose, e rispetto anche ai precedenti ruoli dell’attrice stessa.

Tra budella umane realizzate con ottimi effetti pratici, pratiche illegali ed esperimenti scientifici in cui Rose gioca a fare dio e a riportare in vita una bambina nel Bronx, le due protagoniste “rinasceranno” in persone nuove, non  necessariamente con una connotazione positiva, costrette a portare con loro il fardello delle loro scelte.

Se da un lato la regia della Moss è capace di trasmettere una sensazione di malessere perenne estremamente funzionale al racconto, dall’altro il rigore scientifico e la freddezza della messa in scena, della storia  e dei personaggi, soffocano la componente umana che avrebbe giovato alla caratterizzazione delle protagoniste e avrebbe facilitato l’empatia dello spettatore nei loro confronti, verso cui non si prova mai alcun tipo di sentimento. Inoltre qualsiasi tipo di ragionamento sull’etica delle azioni compiute viene lasciato in secondo piano se non totalmente azzerato, una mancanza non da poco visto il tema su cui viene costruita tutta la narrazione. Quello che resta è un film tutto sommato godibile, ma col freno a mano tirato, incapace di colpire davvero lo spettatore e di convincere fino in fondo.

Luca Orusa
Luca Orusa,
Caporedattore.