Nel bene e nel male, tutti conosciamo Zack Snyder. Entrato nel mondo della regia con il suo Dawn of the Dead (remake di Zombi di George Romero del 1978) nel 2004, passando per l’adattamento di alcuni fumetti, come 300 (2007) di Frank Miller e Watchmen (2009) di Alan Moore, arrivando alla creazione del suo universo ispirato ai supereroi dell’universo DC culminato con il caso di Zack Snyder’s Justice League (2021), Snyder è riuscito ad ottenere una grande fama e apprezzamento soprattutto da parte del pubblico più generalista, mentre invece ha ricevuto grosse stroncature da parte della critica specializzata.
Apprezzato o meno, Zack Snyder in questo 2021 sceglie di tornare sul tema degli zombie, lo stesso che lo aveva introdotto al cinema, ma con toni decisamente più leggeri e scanzonati. Anche questa volta Zack ci avrà messo il suo zampino?
IL SOLITO ZOMBIE MOVIE
Army of the Dead ci mostra fin da subito la causa della pandemia di zombie che infesterà Las Vegas per tutto il corso del film. Perdonatemi il termine, ma penso sia il migliore per descrivere ciò che succede nei primi 10 minuti di film: ignoranza. Ma in senso buono, dato che tutto funziona perfettamente nel catapultare lo spettatore all’interno di un film che volutamente non si prende sul serio e punta quindi soltanto al puro intrattenimento. Durante i titoli di testa, accompagnati dalla canzone Viva Las Vegas cantata da Richard Cheese, vediamo quelli che saranno i protagonisti del film affrontare l’inizio dell’epidemia tra esplosioni, sangue e budella. Il tutto avviene incessantemente a ritmo di musica e con vari intermezzi in cui i personaggi si presentano facendo vedere le proprie fotografie, mostrando chi erano prima di dell’apocalisse zombie (viene quasi da pensare che si tratti più di uno spot pubblicitario piuttosto che dell’inizio di un vero e proprio film).
Dopo questa intro, iniza il film vero e proprio. Ci viene mostrato il protagonista, Scott Ward (Dave Bautista), venire contattato da un ricco uomo giapponese (Hiroyuki Sanada), il quale gli affida una missione: entrare in un caveau sotterraneo all’interno di un casinò di Las Vegas ed estrarre tutto il denaro al suo interno. Per avere successo nella missione, Ward decide quindi di formare una squadra composta dai migliori “talenti” in circolazione: chi riesce ad aprire porte impossibili da aprire, chi a pilotare elicotteri nel mezzo della battaglia e chi a tagliare a metà zombie con una sega elettrica. Il problema più grande è, però, il tempo. Il governo americano, infatti, dopo essere riuscito ad arginare il contagio zombie all’interno della città di Las Vegas, ha deciso di bombardarla con un ordigno nucleare così da eliminare per sempre tutti gli zombie, costringendo anche i nostri protagonisti ad agire in fretta per uscirne vivi.
UN PRODOTTO CONFUSO
Soffermandosi sulla sceneggiatura, il film ha un grosso problema: da un lato cerca di essere frivolo e scanzonato e dall’altro invece ricerca serietà e profondità, non riuscendo però a legare adeguatamente il tutto e creando quindi un miscuglio disomogeneo.
Si passa infatti da momenti in cui sono le esplosioni e gli scontri a fuoco a farla da padrone, anche con la giusta dose di divertimento, a momenti in cui il film tenta di colpire nel profondo attraverso i dialoghi tra i diversi personaggi (soprattutto tra Scott e il personaggio della figlia interpretato da Ella Purnell), toccando anche i temi del femminismo o della libertà d’espressione, senza riuscire però a proporlo in modo interessante. Succede quindi che lo spettatore carico di adrenalina e desideroso di un continuo d’azione venga catapultato in dialoghi che risultano estremamente pesanti ed anti-climatici, rovinando non di poco l’esperienza complessiva del film, fino a sfociare in un finale anche fin troppo prevedibile.
Pregio invece del film risulta essere la gestione degli zombie. Questi non sono infatti i classici non morti da film horror, quanto più da film fantasy o videogame, vista anche la distinzione che viene presentata tra quelli “classici”, qui chiamati Shambler, ed altri invece più potenti, agili ed intelligenti chiamati (con non molta fantasia) Alpha e che discendono direttamente dal primo infetto. Questi ultimi infatti indossano alcuni abiti peculiari (vedi la regina con la corona o il re con un elmo) ed utilizzano armi e cavalcano animali. Su quest’ultime mi soffermo un momento per apprezzare la CGI con cui sono state realizzate: sia il cavallo (che viene visto relativamente poco, ma è comunque ben fatto) ma soprattutto la tigre zombie, che risulta bellissima e terrificante al tempo stesso.
UNA PUBBLICITÀ DI ZOMBIE
Purtroppo, Army of the Dead ha un grosso problema dal punto di vista registico: sembra un lunghissimo spot pubblicitario. Nonostante l’utilizzo del rallenty non sia preponderante in questo prodotto rispetto agli altri suoi lavori, molte sequenze sembrano costruite appositamente per essere tagliate e postate sul web come pubblicità. Questo stile era già presente in altri film di Snyder (basti pensare nel suo recente Justice League e alla sequenza in cui Jason Momoa si strappa la maglietta e cammina al rallentatore lungo una passerella mentre viene bagnato dalle onde del mare, che ricorda terribilmente una pubblicità di un profumo), ma non risultava così schiacciante ed onnipresente quanto in questo film, tanto da risultare eccessivo e stucchevole, rendendo quindi anche le scene d’azione alla lunga particolarmente noiose.
La fotografia è firmata sempre da Snyder e, nonostante l’abbandono dell’ormai abusata patinatura caratteristica dei suoi film, anche questa risulta a lungo andare eccessiva.
Parlando del cast, che risulta estremamente funzionale nel proporre i classici stereotipi dei film d’azione, non si può non considerare un grande difetto: la mancanza di originalità. Non c’è nulla di male nel riproporre i soliti personaggi che hanno reso popolare il genere, purtroppo però il film non tenta minimamente di proporre alcun personaggio particolare, creando così poco interesse e parecchia noia nello spettatore, anche in quello più generalista. Abbiamo il tedesco biondo che cita Wagner ed è super intelligente, la sud-americana con la bandana in fronte, l’americano pelato con il berrettino verde e gli occhiali da sole sempre indosso, il pilota d’aerei con il sigaro sempre acceso e così via. L’unico personaggio che esce in parte dall’anonimato è quello del protagonista, grazie anche all’interpretazione particolarmente buona di Bautista.
CONCLUSIONI
Per chi si aspettava un prodotto trash ma divertente, magari simile agli adattamenti di Resident Evil con Milla Jovovich, rimarrà purtroppo deluso da un prodotto che, nonostante cerchi di essere divertente senza troppe pretese, finisce invece per averne fin troppe, inserendo in maniera forzata discorsi apparentemente profondi ma trattati in maniera banale, che rendono l’esperienza di visione particolarmente monotona e tediosa, vista anche la durata eccessiva (più di due ore). Mentre dal punto di vista registico e fotografico, Snyder sembra voler impacchettare una bellissima pubblicità, dimenticandosi però che sta invece facendo cinema.
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