Nel mondo del cinema gli universi condivisi sono un concetto ormai conosciuto: una serie di film – ma anche prodotti laterali come serie tv, libri, fumetti – che narrano storie ambientate nello stesso universo narrativo e i cui protagonisti prima o poi finiscono per incontrarsi o scontrarsi. Ad oggi si è però arrivati ad un momento di stagnazione di questo concetto: il Monsterverse di casa Warner sembra puntare tutto soltanto sulle pellicole con protagonisti Kong e Godzilla, oltre che alla produzione seriale originale di casa Apple dalla poca risonanza di pubblico; il Dark Universe con protagonisti i mostri della Universal si poteva definire morto in partenza già nel 2017 con La Mummia di Kurtzman; persino quel Marvel Cinematic Universe che ha dato inizio a tutto questo si ritrova ormai fagocitato da produzioni senza una vera direzione che deludono i fan uno dopo l’altro. Il DC Extended Universe in questo ambiente ha camminato in un percorso decisamente tortuoso: partito dall’idea di Zack Snyder di proporre una sua visione degli eroi DC da raccontare nell’arco di cinque pellicole e trasformato fin da subito in una serie di prodotti il cui scopo era di imitare il successo ottenuto in casa Marvel, ha poi subito numerosi ripensamenti in corso d’opera, ripensamenti che sono andati a minare non poco la tenuta complessiva. Si presentano così prodotti come la Zack Snyder’s Justice League, ottenuta dopo l’incessante richiesta dei fan sul web, una Suicide Squad che si è barcamenata tra la prima pellicola di David Ayer figlia di numerosi rimontaggi e il sequel di James Gunn che riscrive completamente i personaggi ed il tono o un Black Adam che doveva “ribaltare la gerarchia del DCEU” presentandosi come rinascita ma che non convinse appieno e che si portò dietro numerose affermazioni problematiche sui dati di successo, tanto da portare i vertici ad apportare una brusca frenata e ad affidare alle mani di James Gun e Peter Safran la completa ripartenza da zero dell’intero universo narrativo la cui pellicola di lancio sarà quel Superman Legacy annunciato per il 2025. Nel frattempo, i due hanno però pensato di non tagliare le gambe ai progetti già in lavorazione permettendo ai vari team di finire i propri lavori: Titans e Doom Patrol hanno così ottenuto entrambe la loro stagione conclusiva e in sala sono arrivati The Flash, Blue Beetle e il sequel di Aquaman atteso da ormai cinque anni a chiudere definitivamente il cerchio di questo universo condiviso.
Tra fantasy e steampunk vince sempre la Famiglia
Complici i diversi anni trascorsi dal primo capitolo, i primi minuti di questa pellicola si prendono il tempo necessario per ricapitolare brevemente quanto accaduto in precedenza, soprattutto per quanto riguarda nomi e legami tra personaggi, permettendo così anche a chi non ha avuto il tempo di un rewatch – o addirittura non ha recuperato il primo film – di godersi appieno questa nuova avventura di Aquaman, ora padre del piccolo Arthur Jr., che si destreggia tra la vita da supereroe sulla terraferma e di Re di Atlantide sui fondali marini. Nei panni del villain troviamo nuovamente Black Manta, questa volta guidato da un misterioso tridente intriso di magia nera e alla ricerca del re di un regno sottomarino perduto da secoli.
Il resto del film si sviluppa tra battute, che per quanto semplici funzionano quasi sempre (almeno nel caso del protagonista e meno dei secondari), e scene d’azione che mescolano atmosfere alla Tomb Raider con elementi tra lo steampunk e il fantascientifico – ne sono un esempio dell’uno le piovre metalliche dell’antica civiltà perduta che sembrano fare il verso alle sentinelle di Matrix e dell’altro le tute quasi spaziali e i fucili al laser in puro stile Star Wars. Si aggiungano poi un re con un esercito di non morti che pesca a piene mani da Il Signore degli Anelli, una città di pirati a metà tra Tortuga de I Pirati dei Caraibi e Knowhere dei Guardiani della Galassia e alcuni momenti vagamente horror a ricordare al regista i lavori precedenti e il gioco è fatto: una narrazione senza particolari spunti, che procede con il pilota automatico verso lidi più che conosciuti ma che tutto sommato permette di godersi il tutto senza momenti morti o eccessivamente caricaturali e permettendosi così di non cadere mai nell’imbarazzo alla The Marvels.
Guardare un videogioco
Ciò che permane durante tutta la visione è più che altro la costante sensazione di stare guardando una lunga sequenza di cutscene di un videogioco montate l’una dietro l’altra, in cui a farla da padrone è la soverchiante quantità di computer grafica utilizzata per mettere in scena tutto quanto dai protagonisti ai mostri fino alle ambientazioni. Lampante è infatti lo stacco tra le sequenze “reali”, spesso caratterizzate per giunta da ambientazioni suggestive che spaziano dal deserto a fitte foreste pluviali, e quelle interamente realizzate al computer e che, non potendo contare su una qualità ai livelli di un Avatar – La via dell’acqua, non producono un effetto sempre gradevole.
Ma al mondo dei videogiochi fa pensare anche l’intera messa in scena della vicenda, intervallata da una elevatissima quantità di scene d’azione, quasi come se Jason Momoa e compagni fossero protagonisti di un action adventure in stile God Of War in cui bisogna farsi strada tra i pericoli a suon di pugni e calci. In questo la regia di James Wan si dimostra tutto sommato riuscita, con alcune inquadrature di una certa ricerca artistica e una gestione dei combattimenti sempre chiara e mai troppo confusionaria che assieme alle “muscolose” interpretazioni del cast – che preferisce parlare con i pugni piuttosto che con le parole – costruisce numerose sequenze prive di grossi approfondimenti ma certamente coinvolgenti.
In chiusura ci teniamo a spezzare una lancia al tema dell’inquinamento, già centrale nel primo capitolo e qui declinato attorno al tema del riscaldamento globale che, seppur mostrato in maniera tutt’altro che emotivamente pesante, può dimostrarsi particolarmente utile per riflettere e dialogare soprattutto con gli spettatori più piccoli.
Conclusioni
Aquaman e il regno perduto è, in definitiva, un film scialbo e prevedibile, che mette in scena una vicenda farcita di combattimenti in computer grafica e che non si prende mai sul serio, viaggiando così senza intoppi per i 124 minuti di durata ma che già dopo i titoli di coda sarà scomparsa dalla memoria di ogni spettatore. Si chiude quindi così il traballante DC Extended Universe, non tra scroscianti applausi, ma con un piccolo botto incapace di lasciare alcun segno definitivo.
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