Nell’ormai lontano 2016 i cuori di migliaia di fan di Harry Potter (compreso quello del sottoscritto) tornarono a battere per l’uscita del primo film della nuova saga cinematografica creata dalla mente di J.K. Rowling, Animali fantastici e dove trovarli, un primo capitolo sicuramente introduttivo, ma folgorante e riuscitissimo, capace di espandere il mondo magico che ora conosciamo come Wizarding World, partendo da una storia semplice, ma in grado di amalgamare generi diversi, dalla commedia all’horror per ragazzi, e presentando un parterre di piacevoli personaggi, su tutti il Jacob Kowalski di Dan Fogler e la Queenie Goldstein di Alison Sudol. Si arriva dunque al 2018 quando esce al cinema Animali fantastici: i crimini di Grindelwald, pellicola molto attesa da pubblico e fan, che delude profondamente le aspettative. Se da un lato il film è capace di regalare un ottimo villain, interpretato da un Johnny Depp in gran forma, e un paio di sequenze davvero riuscite, su tutte il discorso di Grindelwald al cimitero parigino del Père-Lachaise, dall’altra parte la pellicola è caratterizzata da una sceneggiatura molto confusa e a tratti delirante, accompagnata da una messa in scena approssimativa

Dopo questa eterna introduzione arriviamo finalmente a parlare del terzo capitolo di questa saga,  Animali fantastici: I segreti di Silente, pellicola che ha vissuto un percorso travagliato a causa della pandemia e per il cambio in corso d’opera di Johnny Depp come interprete del mago oscuro Gellert Grindelwald, sostituito da Mads Mikkelsen. In questo nuovo capitolo il professor Albus Silente – incarnato da un convincente Jude Law, che talvolta si lascia forse andare a qualche gigionismo di troppo – sa che il potente mago oscuro Gellert Grindelwald è intenzionato a prendere il controllo del mondo magico. Non essendo in grado di fermarlo da solo, Silente affida al magizoologo Newt Scamander (Eddie Redmayne) il compito di guidare un’intrepida squadra in una pericolosa missione, dove incontrano vecchie e nuove creature e si scontrano con la crescente legione di seguaci di Grindelwald.

 

I primi dieci minuti di film mostrano immediatamente un cambio di rotta rispetto al precedente capitolo, a partire dai titoli di testa accompagnati da una musica meno cupa, ripresentandoci i personaggi che già conoscevamo e la nuova versione di Grindelwald di Mikkelsen, capace in pochi minuti di risultare affascinante ed estremamente crudele allo stesso tempo. Passata l’introduzione, la speranza di poter assistere ad un’ottima pellicola si affievolisce molto velocemente. Le restanti due ore e venti di film, una durata completamente ingiustificata, sono costruite su un escamotage narrativo che, per quanto coerente a livello di sceneggiatura, a livello cinematografico porta di fatto all’inesistenza stessa di una trama per almeno novanta minuti, affiancata da un intreccio politico che lascia non poco perplessi nelle modalità. La percezione che si ha guardando il film è quella di assistere a una puntatona di una serie TV, estesa stiracchiata per più di due ore, per cui tra l’altro abbiamo dovuto aspettare quattro anni (le lunghe e didascaliche sequenze di spiegazione degli eventi dei precedenti film non fanno altro che ricordarci di questa cosa) e di cui non siamo neanche sicuri di poter vedere il seguito, vista la giusta reticenza della Warner nel mettere in cantiere un nuovo capitolo. Un aspetto ancora più grave è il fatto che la scrittura del film non sfrutta neanche l’escamotage narrativo per concentrarsi sui personaggi i quali, ad eccezione forse di Silente, sono troppo numerosi, poco caratterizzati, non funzionali al racconto e non hanno alcun tipo di evoluzione durante l’intera pellicola. Theseus Scamander, Lally Hicks, Yusuf Kama, Bunty Broadacre e lo stesso Newt Scamander, compiono azioni mosse da motivazioni sconosciute probabilmente anche a loro stessi e di fatto non hanno un vero impatto sulla narrazione. Anche la solitamente radiosa presenza del mitico Jacob Kowalski, interpretato da un comunque bravo Dan Fogler, è più incolore del solito. Lo stesso Grindelwald di Mikkelsen, dopo l’ottimo inizio, rientra nei canoni classici del villain dimenticabile. L’unico personaggio con una parvenza di tridimensionalità risulta essere Silente che, pur agendo quasi da deus ex machina, appare tormentato e protagonista delle scene emotivamente più toccanti del film: un uomo profondamente solo e consapevole del fatto che, a causa delle scelte compiute nella sua vita, non sarà mai in grado di condividere momenti di vera felicità con le persone a lui care. Inoltre si fa finalmente riferimento in maniera aperta alla sua omosessualità e al suo amore verso Grindelwald, un aspetto che tuttavia avremmo voluto vedere ancora più esplorato e che ha poco impatto sul risultato finale. 

La suddivisione classica in atti è qui completamente abbandonata, risultando in un ritmo estremamente piatto, senza climax di alcun tipo, che porta spesso a una sensazione di noia nello spettatore. Anche le sequenze a Hogwarts, accompagnate dalla musica di John Williams, non riescono a emozionare, una scuola vuota, con pochi studenti, caratterizzata da una triste Sala Grande, molto meno maestosa rispetto a quella che ricordavamo.

Da questo film ci si aspettavano molte risposte dopo i numerosi quesiti lanciati dal secondo capitolo della saga. Quelle risposte arrivano, ma in questa sede non verrà discusso se risultano essere convincenti o meno, né tantomeno verrà dedicato spazio a tutti gli aspetti riguardanti la continuità narrativa tra ciò che viene messo in scena e ciò la Rowling ha raccontato in tutti questi anni. E’ tuttavia giusto sottolineare come l’intera saga sia stata costruita senza una vera struttura: i temi centrali dei precedenti film, in primis il personaggio di Credence, la sua identità e la sua sofferenza, vengono messi frettolosamente in secondo piano, così come il personaggio di Queenie, vera gemma di Animali fantastici e dove trovarli, ha un’evoluzione a dir poco inspiegabile, mossa da incomprensibili motivazioni. Il risultato finale è un tentativo maldestro di cancellare ciò che non aveva funzionato nel film precedente, che ricorda molto l’operazione realizzata da J.J. Abrams con Star Wars – L’ascesa di Skywalker.

Indipendentemente da quanto scritto prima, va tuttavia fatto un plauso al comparto tecnico, di ottimo livello, con una fotografia meno cupa rispetto al precedente capitolo e una buona computer grafica, con qualche caduta di tono solo nella costruzione delle varie ambientazioni, che a tratti risultano un po’ posticce. All’interno della pellicola sono comunque presenti un paio di sequenze piacevoli, in primis quella che vede protagonisti i fratelli Scamander a metà film, una scena che ricorda e livello di tono il primo capitolo della saga e caratterizzata anche da una violenza inaspettata per un PG-13. Il film in generale funziona proprio quando cerca di riproporre le atmosfere di Animali fantastici e dove trovarli, pur impregnate di una buona dose di fan-service, ma in fretta torna a perdersi nella sottotrama politica. Vista l’importanza dedicata nuovamente alla creature magiche, quantomeno il titolo del film torna a essere parzialmente giustificato e  infine un plauso va rivolto anche a una certa creatività nella realizzazione delle scene di duello tra maghi, in particolare quelle con protagonista Lally.

In conclusione  Animali fantastici: I segreti di Silente è un film estremamente problematico, principalmente a livello di scrittura, e potenzialmente conclusivo, nel caso in cui la Warner decidesse di non proseguire questa saga. Se da una parte da fan del mondo di Harry Potter si possa provare dispiacere per una mancata conclusione della pentalogia prevista, dall’altra parte è giusto porsi più di un ragionevole dubbio se possa davvero valer la pena immergersi di nuovo nel Wizarding World a queste condizioni.

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Luca Orusa, Caporedattore