Alla 42ª edizione del Bellaria Film Festival arriva Animal, secondo lungometraggio della regista greca Sofia Exarchou. Il film è stato presentato in concorso al Locarno Film Festival nel 2023, dove la protagonista Dimitra Vlagopoulou ha ottenuto il premio per la miglior interpretazione. 

Animal mostra la vita dei lavoratori stagionali nelle località turistiche, una realtà poco rappresentata e dai retroscena cupi. Il film si apre mostrandoci una compagnia di animatori di un hotel all-inclusive, e, fin dalle prime scene, la regista crea un forte contrasto tra il comportamento vivace e coinvolgente dei lavoratori nei confronti degli ospiti, e la messa in scena che imprime un’atmosfera malinconica.

Tra palazzi grigi, parchi fatiscenti e stanze dai muri anneriti, i luoghi frequentati dai membri della comitiva alla fine del turno, evocano, ancor prima di qualsiasi dialogo o espressione dei personaggi, un forte senso di decadenza. Questa sensazione diventa ancora più intensa durante le esibizioni degli animatori: nonostante l’energia dei corpi in movimento durante i balli e le voci coinvolgenti nei giochi di gruppo, la fotografia desaturata toglie vitalità ai personaggi, determinando innanzitutto visivamente il tono del film.

Particolarmente interessante è la struttura narrativa del film, che sfrutta la coralità iniziale per presentare i personaggi e farci immergere nel contesto lavorativo, così da comprendere appieno le dinamiche che caratterizzano l’ambiente. La regista mette in scena una situazione particolare, caratterizzata da intense ore di lavoro diurne, mentre di notte gli animatori organizzano le giornate successive e preparano gli spettacoli. La componente umana, il piacere della compagnia è un elemento cruciale nel film, una cosa su cui non si ha nessun dubbio è proprio l’importanza di essere uniti ed affiatati, difatti, anche con l’arrivo di nuovi colleghi il clima rimane amichevole e accogliente. Il gruppo è come una famiglia, istituita non su legami di parentela ma sulle esperienze comuni, la fiducia e la conoscenza. 

La struttura narrativa si sposta progressivamente dal gruppo a tre personaggi in particolare. Kalia, centro nevralgico del film, ballerina, e veterana del gruppo che da 19 anni lavora nel resort. Eva, una ragazza polacca alla sua prima esperienza in questo ambiente che viene affiancata a Kalia. E  una bambina, che più che un personaggi vero e proprio costituisce una presenza onnipresente all’interno del gruppo, che guarda entusiasta la comitiva costantemente all’opera.   

Non sogno. Vuoto totale.

Complessivamente, però, il film gravita attorno a Kalia, al punto da poter considerare gli altri due personaggi come delle proiezioni della sua personalità in diverse fasi della sua vita, in una dinamica che consente di interpretare una storia personale per rappresentare una dinamica comune a diverse persone.

L’interesse di Exarchou è radicato nell’esperienza lavorativa stessa, e nella contraddizione intrinseca del lavoro di animatore. Utilizzando le microespressioni, i movimenti e le posture del corpo della protagonista, la regista cattura con grande intensità le difficoltà che nascono dall’opposizione tra ciò che è richiesto da questo lavoro e le reali possibilità di eseguirlo. Addentrandosi sempre di più in questo sistema basato sul concetto del “the show must go on” ad ogni costo, il film evidenzia il senso di oppressione e disagio dei personaggi. Il ritratto che ne emerge è spietato ma realistico, privo di escamotage per generare un coinvolgimento emotivo immediato e superficiale, ma piuttosto procedendo inesorabilmente di pari passo con Kalia nella scoperta di una realtà che si tende ad ignorare.

La collaborazione tra la regista e la protagonista funziona in modo impeccabile, dando vita a un personaggio complesso che si muove tra le proprie pulsioni personali e l’aderenza a un sistema oppressivo che porta all’apatia e all’esecuzione meccanica del proprio lavoro. Le numerose sequenze in cui Kalia balla o canta assumono un significato diverso a seconda della fase di svolgimento, esaltando ulteriormente le capacità della regista nel riuscire a comunicare efficacemente le proprie idee attraverso il corpo della protagonista.

Il comparto tecnico svolge un lavoro eccellente nell’importanza dell’ambiguità nell’interpretazione delle reali sensazioni dei personaggi, che è pari all’indeterminatezza del clima dell’isola, rappresentato in modo decisamente distante rispetto alla comune immagine delle isole greche nel pieno dell’estate. Le maschere indossate dai personaggi diventano sempre più evidenti e ingombranti, e di conseguenza l’illusione svanisce, soprattutto per Kalia. Il suo legame con Eva e la bambina le fa rivivere il proprio percorso, portandola a una struggente presa di coscienza che la spinge a desiderare un’esistenza diversa.

Il film ricalca quindi le orme del cinema interessato ai valori sociali e alla rappresentazione di categorie lavorative sotto-rappresentate, mostrandone le criticità e le contraddizioni, ma lo fa con personalità, dando spazio alla componente umana rappresentata dall’intera comitiva del gruppo, ben caratterizzata e credibile nella scelta degli attori. Ribadiamo quanto l’interpretazione di Dimitra Vlagopoulou sia convincente, sia per l’intensità che riesce a conferire al suo personaggio, sia per la capacità dimostrata nelle sequenze in cui canta e balla, trasmettendo attraverso le varie performance la complessità di Kalia. 

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Riccardo Fincato,
Redattore.