A Real Pain, il nuovo film diretto da Jesse Eisenberg (The Social Network tra i suoi ruoli più famosi) è stato presentato da pochi giorni al London Film Festival e al Roma Film Festival, con un buon responso da parte degli spettatori. Vede protagonisti David e Benji (Kieran Culkin, per molti ancora Roman Roy di Succession), due cugini agli antipodi sociali e caratteriali. Dopo un periodo di allontanamento, si vedono costretti a riunirsi per affrontare insieme un viaggio attraverso la Polonia rurale e i campi di concentramento nazisti per onorare la memoria della loro amata nonna da poco defunta. La loro avventura prenderà una piega inaspettata quando riemergeranno tensioni tra di loro sullo sfondo di una complessa storia familiare e di due persone dalle fragilità irrisolte.

A Real Pain è un film toccante che indaga il rapporto con il senso di colpa sia nei confronti della memoria storica, sia nei confronti dei nostri errori di vita. Mentre i due protagonisti elaborano il lutto per la nonna, lavorano su sé stessi per riscoprirsi simili. Nella vita, del resto, è impossibile fallire: anche nei momenti più difficili, c’è sempre qualcosa da guadagnare: una lezione, una chiarezza, o la costruzione di un rapporto più profondo con una persona che sembra non avere nulla a che fare noi. 

Soprattutto, A Real Pain è un interessante inserimento nell’industria cinematografica. Le recenti uscite hanno ambizioni stellari: che si tratti di un rischio creativo come quello di Megalopolis o di un fallito colpo grosso al box-office come quello di Joker Folie à Deux, il cinema contemporaneo tende a puntare alle stelle, anche nel momento in cui non se lo potrebbe permettere. Quello che fa Jesse Eisenberg è invece confezionare un film senza pretese, con l’interessante sostegno produttivo di Emma Stone. Il film è esattamente quello che è, nessun significato nascosto e nessun fuoco d’artificio. Ha quella giusta profondità per farci riflettere su tematiche importanti, ma che lo mantiene un film leggero. Ci lascia giusto lo spazio di un momento di silenzio condiviso tra i personaggi per poter trovare noi un’interpretazione al dolore, per poi ritornare sulla via del comico e del mondano, in un’ambientazione europea che sa un po’ di casa. Il film funziona perché è pensato come uno di quei film che viene acquisito per la televisione in tempi brevi — pensatelo su Rai Movie in prima serata tra qualche mese —, come un momento in famiglia davanti alla televisione, come una serata in leggerezza. Sembra quasi un film fermo al 2010, dove non c’era l’ossessiva necessità di ricercare l’originale e il sofisticato, ma c’era ancora spazio per la solita storia comoda e simpatica. E funziona perché è anni che non se ne vedono più di film così poco pretenziosi, che si poggiano sulla memoria storica condivisa e sul carisma di due protagonisti memorabili.

Zitto zitto, alla fine, si ritroverà comunque ben inserito all’interno della stagione dei premi, magari con una meritata vittoria come attore non protagonista a Kieran Culkin che ruba la scena senza nemmeno troppo sforzo. Armiamoci però di un po’ di pazienza: uscirà nelle sale il 27 febbraio 2025, cavalcando l’onda di qualche sicura e augurata nomination agli Oscar.

Lara Ioriatti,
Redattrice.