Quella che leggerete non è una vera e propria recensione, quanto piuttosto un commento a caldo sul film visto al Lido dal nostro vicedirettore Jacopo Barbero.

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“Mona Lisa and The Blood Moon” di Ana Lily Amirpour, il film più anarchico e folle presentato a Venezia 78, racconta la storia di una ragazza coreana in grado di controllare la mente e le azioni delle persone. Fuggita da un istituto psichiatrico di massima sicurezza, si aggira per New Orleans in cerca di un gesto gentile e del proprio destino e nel frattempo fa la conoscenza di una spogliarellista e di suo figlio. Caratterizzato da una onnipresente colonna sonora che spazia dall’elettronica alla techno, il film della Amirpour vive dei suoi personaggi, che la regista tratteggia con amore infinito, anche nei loro aspetti più deprecabili. La sensibilità con cui scruta nei loro occhi e nelle loro solitudini è rara a trovarsi e il film, tra omaggi ai b-movie e deliziose scene già cult, ci parla ancora una volta, dopo “The Bad Batch”, di quella necessità di trovare il proprio posto nel mondo che la Amirpour – iraniana di origine, cresciuta prima nel Regno Unito e poi negli USA – conosce bene.

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Questo articolo è stato scritto da:

Jacopo Barbero, Vicedirettore