Quella che leggerete non è una vera e propria recensione, quanto piuttosto un commento a caldo sul film visto al Lido dal nostro vicedirettore Jacopo Barbero.
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Scritto e diretto da Paul Schrader e presentato da Martin Scorsese, “Il collezionista di carte” racconta la storia di William Tillich (Oscar Isaac), veterano dell’Iraq finito in prigione per aver partecipato alle violenze di Abu Ghraib. William, finalmente libero, trascorre la propria vita vagando di casinò in casinò e ottenendo piccole vincite a blackjack. Per lui le carte, a cui dedica tutta la propria esistenza, non sono un modo per vincere, ma per “passare il tempo” e provare a dimenticare gli orrori compiuti. Schrader affronta ancora una volta il tema della redenzione e demolisce ciò che resta del sogno americano, in un film in cui nemmeno il denaro ha più importanza: non esiste conforto materiale per abbattere i propri fantasmi e lenire il senso di colpa per il male commesso. È un film disperato, nerissimo, in cui l’oscurità degli ambienti è rischiarata solo dalle luci al neon delle sale da gioco e delle slot machines. E se a un certo punto una via di scampo appare possibile e il mondo pare accendersi come un albero di Natale, Schrader va fino in fondo nel raccontare la possibilità della redenzione ma l’impossibilità di sfuggire al proprio destino, figlio di errori passati impossibili da correggere. Se forse il discorso di fondo non è del tutto originale, la regia di Schrader è talmente sublime – tra grandangoli vertiginosi e piani sequenza fluidissimi – che è impossibile non restare ammirati.
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