Paul Dano, 41 anni, attore. Brian Wilson, ci ha lasciati da poco all’età di 82 anni, cantante.
Il pretesto di questo articolo, in origine, doveva essere quello di raccontare Paul Dano in occasione del suo compleanno, e classicamente lo si poteva fare analizzandone la carriera, ripercorrere i momenti salienti della sua filmografia, i ruoli più incisivi e le collaborazioni più significative. Lo avremmo fatto, però, non tanto attraverso la semplice lista dei film che ha interpretato, quanto piuttosto indagando la natura dei personaggi che ha scelto di incarnare nel tempo: emarginati, psicopatici, i cosiddetti “weirdos”.

Nel frattempo, però, l’11 giugno, ci ha lasciati Brian Wilson, membro e co-fondatore dei leggendari Beach Boys, e così, inevitabilmente, la mia mente è tornata a un film che ne racconta la vita personale, soffermandosi in particolare sui suoi drammi interiori: Love & Mercy, pellicola in cui proprio Paul Dano interpreta un giovane Brian Wilson. In questo film, tra successi leggendari e crolli psicologici profondissimi, viene svelato il lato più intimo dell’artista, un’anima spezzata, divisa tra un passato brillante (interpretato da Paul Dano) e un presente fragile e instabile (interpretato da John Cusack). Grazie all’aiuto dell’unica persona che crederà davvero in lui, interpretata da Elizabeth Banks, Brian si troverà a lottare con tutte le forze per riconquistare la propria identità.

Si tratta, a tutti gli effetti, di un biopic piuttosto classico nella sua struttura narrativa. Tuttavia, è proprio il protagonista a colpire per singolarità e complessità: un individuo estremamente fragile che incontra il successo entrando in uno studio di registrazione e proponendo, senza mezzi termini, di registrare i versi di alcuni animali. Da quella stramberia, da quell’intuizione apparentemente assurda, nasce Pet Sounds, uno degli album che ha segnato in modo indelebile la storia della musica, non tanto per un immediato successo di vendite (anzi, all’epoca fu quasi un flop), ma per l’influenza critica e culturale che assunse nel tempo, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Ed esattamente come l’album, anche Brian Wilson fu un genio incompreso, uno di quelli che se li avessi incontrati agli esordi non gli avresti dato una lira. John Cusack, nel film, ci regala un’interpretazione magistrale nel rappresentare Brian nel momento del post apice, quando la gloria è già svanita e resta solo la fragilità. Ma ciò che rende Love & Mercy davvero prezioso è che si tratta di uno dei primi, e ancora oggi rarissimi, film ad affrontare il tema delle malattie mentali non con l’obiettivo di suscitare pietà o compassione, ma con la volontà di denunciare un’industria culturale che rifiuta ogni forma di fragilità quando questa rallenta la produttività.

In una narrazione parallela, Paul Dano interpreta una versione più giovane di Brian Wilson, quella in cui le malattie mentali sono ancora dormienti. Dormienti, sì, ma solo perché, per il momento, le sue stranezze psicologiche sono accolte e perfino esaltate, in quanto fonte di meraviglie che fruttano denaro. Sembra un Brian Wilson più sereno e spensierato, ma è solo apparenza. Ed è proprio per questo che il ruolo di Paul Dano risulta molto più difficile da interpretare: come si trasmette, infatti, la fragilità all’apice del successo? Come si comunica l’insicurezza di una persona che, da fuori, sembra avere tutto?

È una questione di sfumature, di microespressioni, di gesti impercettibili, e forse è proprio qui che entra in gioco il carisma di Paul Dano nella vita reale, una qualità rara, che si manifesta non in modo urlato o teatrale, ma in maniera misurata. Non un grido che cerca di attirare l’attenzione del pubblico, bensì un’aura silenziosa, così la definisce il regista Bong Joon Ho, che ha diretto Dano in Okja, che spinge lo spettatore ad avvicinarsi, ad ascoltare, a cogliere ciò che sta dicendo, anche quando parla sottovoce.

Del resto, Paul Dano è uno di quegli attori che la gente conosce, ma non sa di conoscere. Invisibile sui social media, estremamente riservato nella vita pubblica, è possibile che molti spettatori non riconoscano il suo nome nei titoli di coda o nei trailer, ma questo non significa che siano meno entusiasti di vederlo sullo schermo. Anzi, quando appare il suo volto, il pubblico sa, anche inconsciamente, che sta per assistere a una performance indimenticabile, spesso inquietante, disturbante, intensamente umana. Paul Dano è un attore che incarna sempre personaggi tormentati o tormentanti, basti pensare ai ruoli conturbanti in Swiss Army Man dei Daniels (imperdibile), o all’indimenticabile pastore squilibrato di There Will Be Blood di Paul Thomas Anderson, senza dimenticare gli iconici villain in Prisoners e The Batman, o il più ingenuo e fragile ragazzo di Little Miss Sunshine, e l’elenco potrebbe continuare all’infinito.

Ma cosa c’entra Paul Dano con Brian Wilson? La risposta, in fondo, è semplice, tutto. Brian è stato un cantante di incredibile talento che non ha mai avuto vita facile, soprattutto fuori dal palco. Come si vede chiaramente nel film, è sempre stato l’emarginato in cui, però, abbiamo saputo riconoscere una bellezza autentica, imperfetta, struggente. Oggi, Wouldn’t It Be Nice? dei Beach Boys, che tra l’altro chiude il film in maniera indimenticabile, è ancora bella come lo era cinquant’anni fa. Paul Dano, spostandoci in un’arte parallela come quella del cinema, rappresenta proprio questo tipo di individuo. È l’emblema di un’umanità complessa, spesso incomprensibile, e proprio per questo profondamente reale. Il pubblico brama questa presenza sullo schermo perché ha bisogno di specchiarsi in fragilità reali, di rivedersi in persone che non sono perfette, ma vere.

Paul Dano può dunque considerarsi, in un certo senso, la continuazione di personaggi reali come Brian Wilson, attraverso personaggi fittizi, come quello dello stesso Brian Wilson nel film. È un gioco di specchi, un teatro dove non ci sono né vincitori né vinti, ma solo un riflesso, talvolta nitido, talvolta sfocato, di noi spettatori, un riflesso che sceglie di ammirare e riconoscere le fragilità più umane che ci siano.

Lara Ioriatti,
Redattrice.