Un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.
Italo Svevo, La coscienza di Zeno, 1923
All’uscita nei cinema di Oppenheimer ad agosto 2023, fra i commenti più frequenti ci furono gli accostamenti con Il Dottor Stranamore ovvero Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba. L’epopea storica di Christopher Nolan e la satira bellica di Stanley Kubrick del 1964 condividono il tema della bomba atomica, un autentico totem degli anni ‘50.
Tantissimi film pongono al centro della scena il celebre ordigno, interpretandolo di volta in volta come arma, strategia politica, obiettivo, trauma o minaccia, da L’ultima spiaggia a Hiroshima Mon Amour, dei film di 007 a Godzilla. Tuttavia, senza dubbio, le due pellicole dall’impatto popolare più importante sono state proprio Il Dottor Stranamore e Oppenheimer, ed è interessante provare ad accostarle per esaminare quali elementi effettivamente condividano, e, più proficuamente, quali siano le differenze.
In Nolan We Trust
Oppenheimer è un adattamento della biografia premio Pulitzer dello scienziato e, grazie alla sua derivazione letteraria, può vantare una struttura narrativa molto solida. Ciononostante è anche perfettamente un film alla Nolan, fondato su una forte conflittualità del protagonista verso il mondo circostante, e la storia viene raccontata attraverso un montaggio narrativo anomalo e complesso, come tipico della filmografia nolaniana.
In fondo, il grande hype per l’uscita della biopic di uno scienziato non poteva derivare esclusivamente dal film in sé, ma necessariamente sarebbe dipeso da altri fattori: un po’ fu la simpatica concomitanza con un’altra importante uscita cinematografica (il cosiddetto Barbenheimer), e un po’ il fatto che fosse sì la biopic di uno scienziato, ma firmata dall’autore della trilogia del Cavaliere Oscuro.
E, a dir la verità, la regia di Nolan è forse il più grande motivo anche del successo del film. Grazie al suo tocco, Robert Oppenheimer attraversa un’epica da supereroe, o quantomeno offrendoci quelle vibes particolarmente coinvolgenti. La origin story del fisico e la sua grande missione di costruire la bomba atomica trasformano quelle che in sceneggiatura potrebbero apparire come rischiose elucubrazioni in scienziatese del protagonista in una corsa contro il tempo per salvare il mondo, cioè popcorn per il grande pubblico.
E, come ogni supereroe, Oppenheimer deve avere un suo antagonista. Avrebbero potuto essere i giapponesi o i russi, e invece è un personaggio vero e proprio, appena nella stanza accanto, con carisma e doppia identità, proprio come se fosse un cinecomic. E così prende forma il personaggio di Robert Downey Jr., un uomo politico di fama assai discreta sino a prima del film, figura molto meno rilevante rispetto, per esempio, al terribile senatore McCarthy che diede notoriamente filo da torcere ad Oppenheimer negli stessi anni.
Come in un cinecomic, Nolan ha selezionato tra gli albi storici quali personaggi fosse più interessante far incontrare al suo protagonista, mettendoli in scena con colpi d’azione e caratterizzazioni eterogenee, simpatiche, bizzarre, antagonistiche. E tutto il cast ha onorato la sceneggiatura al meglio, a partire senza dubbio da Cillian Murphy, indelebilmente malinconico, e quindi posato a sufficienza da apparire come il perfetto equilibrio tra supereroe e scienziato.
Non potete litigare nella stanza della guerra
Il Dottor Stranamore è la storia dell’escalation incontrollata di una parata di idioti. Kubrick, notoriamente un convinto antimilitarista, in questo film realizza una feroce satira di qualsiasi grado della politica statunitense (e, per estensione, di qualsiasi governo). Perché Kubrick, all’opposto di Nolan, non è quantomeno affascinato dall’eccezionalità dell’ingegno umano, ma ne denuncia l’inesorabile fallacia. Nel 1964, la bomba atomica e la guerra nucleare erano una minaccia concreta per il mondo intero, con la tensione tra i blocchi ai massimi livelli in piena Guerra Fredda. In questo contesto di tensione fatale, l’ignoranza e l’incompetenza dei vertici del potere sono un tema fondamentale nell’opera di Kubrick. Strappando le parole alla commedia di guerra Vogliamo vivere! di Ernest Lubitsch, “La salvezza del paese è in mano a un gigione”.
In preda a delirio, il comandante di una base aerea americana ordina un attacco atomico multiplo sul suolo russo, cosicché diversi bombardieri partono per la missione. I vertici si organizzano nella celeberrima War Room della Casa Bianca per evitare ritorsioni. Dall’ambasciatore sovietico in USA, il Presidente Muffley apprende dell’esistenza di un dispositivo dei russi, chiamato ordigno della fine del mondo, che verrà automaticamente e incontrovertibilmente attivato non appena avverranno attacchi su bersagli controllati da Mosca: l’olocausto nucleare è inevitabile.
In tutto ciò si passa la scena un carosello surreale di personaggi ridicoli guidati dal triplice ruolo dello strabiliante Peter Sellers, clamorosamente sul filo tra la macchietta satirica e il caratterista anche serio nella situazione: il colonnello della RAF Mandrake, che realizza per primo ma impotentemente lo squilibrio mentale del generale che ha ordinato l’attacco; il Presidente USA Merkin Muffley chiamato a mediare tra la banda di cretini nella War Room; e l’assurdo Dr. Stranamore, da cui il titolo del film, uno scienziato ex nazista convertito alla causa statunitense (non completamente, visto che i suoi arti infermi tendono ancora nostalgici al saluto a Hitler) che si occupa di ordigni atomici per il Presidente.
Con tutta la simpatia della satira, il film di Kubrick è comunque fortemente drammatico e mette in scena uno scenario catastrofico non poi così lontano dalla verosimiglianza della Guerra Fredda (e del mondo di oggi, forse). E pochi minuti prima dell’esplosione del mondo, i politicanti più importanti della terra perdono tempo ad azzuffarsi per le foto nella stanza della guerra, dove chiaramente non è possibile litigare, o i supremi capi di stato eccedono di cortesia nel mettersi giù la cornetta telefonica per primo. La bomba atomica è una minaccia concreta, asfissiante, un amaro destino che diventa realtà.
La teoria ci porta fin qua
Mentre Oppenheimer tratta la bomba come obiettivo da raggiungere, e adopera l’adrenalina per ricostruirne il contesto e la minaccia (ormai sopite nella sensibilità contemporanea), Il Dottor Stranamore insegna ironicamente a non preoccuparsi e ad amarla, ossia cerca di sventarne la minaccia in extremis, perché vive in un mondo in cui la bomba esiste ed è un pericolo tangibile. Poi, dal totem della bomba, entrambi derivano il racconto del comportamento umano intorno alla bomba: chi ha necessità di costruirla per dare un segnale incontrovertibile al mondo sul suo pericolo, chi ha il terrore non scongiurabile delle sue conseguenze.
Entrambi si basano soprattutto sul carisma dell’interprete principale: Cillian Murphy al coronamento della sua carriera nel ruolo di uno scienziato tormentato, reso con la massima tensione drammatica; Peter Sellers si divide in tre caratteri che funzionano in progressiva migrazione dal marziale allo sciroccato, in varie declinazioni di grottesco: nel mezzo sta il personaggio del Presidente USA, un ruolo di mediatore insufficiente in questa battaglia navale globale.
In un certo senso, la trama di Oppenheimer è una storia vera con una messinscena di finzione, una ricostruzione ipotizzata sulla base delle fonti a disposizione. Al contrario, Il Dottor Stranamore narra una vicenda di finzione ma prelevando caratteri, conflitti e dilemmi concreti e contemporanei, pur portandoli all’estremo in caricature. Viene spontanea la domanda: come sarebbero apparsi Robert Oppenheimer e Lewis Strauss in questo universo narrativo? O, al contrario, che ruolo avrebbero potuto avere il Dr. Stranamore, il Presidente Muffley o Turdgison durante il Progetto Manhattan?
Insomma, il carattere che fa distinguere questi due grandi film sulla bomba è sicuramente il tono, che viene dalla regia di un autore affermato e con uno stile personale e riconoscibile. Quella di Kubrick è una denuncia satirica sotto forma di commedia nera, quello di Nolan è un dramma storico-scientifico nell’era del cinecomic. E, infatti, i due film interagiscono in modo diverso con lo spettatore, rendendo la storia in una certa maniera.
Christopher Nolan tipicamente nei suoi film manipola la fabula, ossia il racconto dei fatti, secondo l’intreccio scelto, che di volta in volta alterna, incrocia o incastella piani temporali distinti. Oppenheimer in particolare dipana una narrazione che si svolge nell’arco di quarant’anni con salti avanti e indietro, e scandisce tre ore con tagli continui di sequenze brevissime, ritmate e tese, segnalate spesso dal passaggio da colori a bianco e nero.
Il Dottor Stranamore racconta una vicenda di un’ora e mezza in circa un’ora e mezza, allineando perfettamente fabula e intreccio, e mostra situazioni differenti collocate in luoghi diversi ma tutte poste in continuità lineare: Ripper ordina l’attacco / il battaglione aereo lo esegue / il Presidente cerca di evitarlo. La storia è lineare a tal punto che sarebbe possibile trasporla a teatro: è una narrazione drammatica in senso classico, letteralmente con personaggi che dibattono intorno ad un tavolo (infatti, a ottobre debutterà per la prima volta a Londra uno spettacolo teatrale tratto da Dr. Strangelove con protagonista Steve Coogan).
Infine, forse, l’aspetto di fondamentale differenza tra Stranamore e Oppenheimer non è il tono del film, il trattamento della bomba o il ritratto di chi se ne occupa, ma è il pubblico a cui si rivolgono. Tra i giudizi espressi all’indomani all’uscita di Oppenheimer, ci fu anche chi disse “Stranamore aveva già detto le stesse cose e anche meglio, si vede che Nolan non è Kubrick”. In realtà, si vede soprattutto che noi spettatori di oggi non siamo più quelli di allora.
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