Noah Baumbach, regista, attore e sceneggiatore statunitense, nasce a Brooklyn nel 1969. La sua passione per il cinema e la letteratura gli viene trasmessa dai genitori Jonathan Baumbach e Georgia Brown, entrambi critici cinematografici. Inizia a lavorare come regista quando aveva solo 26 anni, anche se di fatto la sua carriera si è sempre divisa tra scrittura e regia. Ricordiamo a questo proposito le collaborazioni di successo con Wes Anderson per i film Avventure acquatiche di Steve Zissou e Fantastic Mr. Fox.

Ha sempre mantenuto le distanze dal cinema commerciale, preferendo progetti indipendenti. Con un talento innato per la scrittura e una profonda comprensione della complessità delle relazioni umane, Baumbach ha saputo creare film che toccano le corde emotive dello spettatore. La fonte primaria di ispirazione del regista sono sempre state le sue esperienze di vita, ma non per questo i film possono essere definiti autobiografici. Anzi, la sua abilità sta proprio nel partire da un’esperienza personale per raccontare delle storie universali. Nei suoi film porta in scena la realtà senza filtri: è come se i suoi film ci dessero la possibilità di seguire i personaggi per un certo periodo della loro vita, conoscerli a fondo e lasciarli nuovamente alla loro quotidianità. Ed è proprio per aderire più strettamente alla realtà che rifiuta la classica struttura in tre atti, in cui l’evoluzione dei personaggi è molto chiara e definita. Preferisce dividere i suoi film in capitoli, facendo una scansione temporale o dedicando ogni momento alla conoscenza di un personaggio. Il suo sguardo sincero sulla realtà è evidente anche dal modo in cui sceglie di concludere i suoi film. Predilige finali agrodolci che da un lato danno speranza per il futuro, dall’altro ci costringono a fare i conti con la realtà.

Osservando la filmografia del regista è possibile rilevare la presenza di tematiche che gli stanno particolarmente a cuore, in questo articolo ci soffermeremo in particolare su due: il difficile passaggio dalla giovinezza all’età adulta e i conflitti familiari.

Eternamente giovani

Soffermiamoci su due film, in cui i protagonisti stanno diventando adulti ma non riescono ancora ad abbandonare la leggerezza che la gioventù porta con sé. Prendono atto delle difficoltà e delle responsabilità con cui devono fare i conti ma vorrebbero non abbandonare mai quel porto sicuro in cui hanno vissuto fino ad ora.

Il film d’esordio di Baumbach dal titolo Scalciando e strillando (1995) esplora proprio questo tema. Si tratta di una commedia corale i cui protagonisti sono quattro ragazzi benestanti appena usciti dal college che ancora non sanno cosa fare della propria vita. Si sentono di vivere in un limbo dal quale sembra non esserci via d’uscita. Riempiono il vuoto esistenziale che sentono dentro con incessanti discorsi esistenziali, che di fatto non arrivano mai a una conclusione. Il regista ha iniziato a lavorare al film nel 1991, non appena uscito dal college, cioè quando lui stesso si trovava nella stessa situazione dei protagonisti. Si ispira quindi alle esperienze che aveva vissuto in prima persona pochi anni prima, rappresentando così una generazione che non si sente pronta ad affrontare l’ingresso nell’età adulta.

La stessa tematica verrà affrontata qualche anno più tardi in Frances Ha (2012). Frances ha 27 anni, è un’aspirante ballerina di New York che nel tentativo di affermarsi nel mondo della danza deve fare i conti con l’instabilità economica. Nonostante gli ostacoli che incontra nel suo percorso non si lascia abbattere, continua a guardare alla vita con grande ottimismo. Il film amplia le tematiche precedentemente trattate, come la ritrosia a crescere e la necessità di fare i conti con il proprio fallimento. Il film è in bianco e nero, una scelta che permette allo spettatore di concentrarsi su quanto accade, senza lasciarsi distrarre dal resto. Frances si fa portavoce della generazione successiva rispetto a quella rappresentata dai protagonisti di Scalciando e Strillando. È come se i quattro ragazzi fossero cresciuti ma si trovano a vivere ancora nello stesso limbo. Anche se in questo caso Frances non ha paura di crescere, lei sa cosa vuole ma fatica ad ottenerlo. In fondo, chiunque può immedesimarsi in Frances: tutti abbiamo provato almeno una volta quella sensazione di perdere il controllo della nostra vita senza riuscire a mettervi ordine. Ma è proprio l’atteggiamento di Frances e la sua irrefrenabile gioia di vivere che tranquillizzano lo spettatore, trasmettendo il messaggio che errare è umano. Anzi, a volte le perdite di equilibrio sono necessarie per trovare la propria strada.

Il divorzio visto da diversi punti di vista

Un altro tema centrale nei film di Noah Baumbach è sicuramente il racconto della famiglia e delle complesse dinamiche che si sviluppano al suo interno. Qui è ancora più evidente il legame con le sue esperienze personali, in quanto ha divorziato da Jennifer Jason Leigh ma ha anche vissuto la separazione dei genitori da ragazzino.

Il tema è stato trattato in maniera egregia in Il calamaro e la balena (2005). Ci troviamo nella New York degli anni Ottanta, nel quartiere di Brooklyn. Qui vivono il professore universitario di scrittura creativa Bernard Berkman, la moglie Joan scrittrice di romanzi e i due figli Walt e Frank. Tra marito e moglie emergono delle tensioni che sfociano nell’inevitabile fine del matrimonio. Il film fornisce uno sguardo sulle complesse dinamiche familiari, dandoci la possibilità di osservarle dal punto di vista dei figli. Si sofferma in particolare sul divorzio e sulle sue più immediate conseguenze, non solo sui due che lo vivono in prima persona ma anche sulle persone che li circondano.

Torna a trattare il tema in Storia di un matrimonio (2019), però dal punto di vista della coppia. Il regista stesso ha dichiarato che è come se stavolta avesse provato a vedere la separazione dei loro genitori dal loro punto di vista. Il film racconta la storia di Charlie, un egocentrico regista teatrale che sta divorziando da Nicole, un’attrice di teatro. I due hanno un figlio, quindi Charlie si troverà a lottare contro l’abile avvocato di Nicole per non perdere la custodia del figlio. Il film non si limita ad analizzare il percorso processuale, ma approfondisce anche la dimensione psicologica. In effetti, il divorzio fa emergere il lato peggiore dei due, che arriveranno a non riconoscersi più. Dovranno quindi imparare a trovare un nuovo equilibrio e in qualche modo ricostruire la famiglia in un altro modo. Il film fornisce una puntuale analisi della complessità delle relazioni nella coppia. In particolare, emerge il conflitto che si viene a creare tra il sé e la coppia, la necessità di imparare a scendere a compromessi quando si decidere di condividere la propria vita con un’altra persona. Il cambiamento del loro legame è riflesso anche nelle ambientazioni: se inizialmente il film si sviluppa in ambienti familiari e accoglienti, non appena iniziano le procedure del divorzio iniziano a frequentare ambienti più impersonali come le aule di tribunale e gli studi degli avvocati.

Conclusioni

Nella sua carriera Noah Baumbach ha collezionato un successo dopo l’altro. Prova ne sono le numerose candidature che ha ricevuto agli Oscar e ai Golden Globe.

I suoi film permettono allo spettatore di non sentirsi solo di fronte alle difficoltà che incontra o nelle fasi di transizione da una fase a un’altra della vita. In una società che ci vuole sempre più prestanti, di successo e impegnati, Baumbach lascia ai suoi personaggi la possibilità di sbagliare e di essere fragili: i suoi personaggi non sono destinati a diventare degli eroi ma a ergersi come simbolo della fragilità umana.

Cristiana Agosta
Cristiana Agosta,
Redattrice.