Nel panorama del cinema contemporaneo, Nicolas Cage rappresenta una figura unica e quasi paradossale. Un attore che, nel corso della sua carriera, ha collaborato con alcuni dei più grandi registi della storia recente – da David Lynch a Werner Herzog, da Alan Parker ai Fratelli Coen, passando per Spike Jonze, John Woo, Brian De Palma, Ridley Scott, Paul Schrader e Sion Sono – si è ritrovato, quasi inaspettatamente, a incarnare una sorta di caricatura vivente. Per un’intera generazione, quello che una volta era celebrato come un interprete capace di alternare dramma, azione e commedia, portando alle opere da lui interpretate uno stile ben definito, è diventato un meme ed etichettato da molti come “il peggior attore del mondo”.
Di punto in bianco, Nicolas Cage non era più l’impulsivo e goffo rapinatore in cerca di redenzione di Arizona Junior (Joel e Ethan Coen, 1987), il ribelle romantico di Cuore Selvaggio (David Lynch, 1990) , né il paramedico tormentato dai sensi di colpa di Al di là della vita (Martin Scorsese, 1999) o lo sceneggiatore alcolista e autodistruttivo di Via da Las Vegas (Mike Figgis, 1995), che lo ha portato alla vittoria dell’Oscar al miglior attore. Quel Nicolas Cage, capace di affrontare ruoli sempre molto diversi tra loro con una grande intensità, sembrava essersi dissolto, lasciando il posto a una versione amplificata e, appunto, caricaturale dello stesso. Improvvisamente, era diventato celebre per scene iperboliche e fuori contesto, estratte dai suoi film e condivise sui social: l’uomo che urla l’alfabeto gesticolando animatamente, o che strilla disperato “Not the bees!”, o che, in generale, grida e sbraita in qualsiasi situazione. Ora, al di là del merito o meno dei film da cui questi sono stati tratti, viene spontaneo chiedersi: quante persone che hanno condiviso il meme “You don’t say?” hanno effettivamente visto Stress da Vampiro di Robert Bierman? Quanti, addirittura, conoscevano l’esistenza di quel film? La principale conseguenza di questo fenomeno è stata la formazione di un pregiudizio nei confronti dell’attore. La sua carriera era ormai associata a un’immagine caricaturale, un personaggio che esisteva solo per far divertire, mentre i suoi ruoli più complessi e le sue prove precedenti venivano ignorati, travolti dal rumore di una fama che si nutriva esclusivamente della sua dimensione più plateale.
Difendere a spada tratta la “seconda parte” della carriera di Cage sarebbe controproducente. È innegabile che, a causa di seri problemi economici, l’attore si sia ritrovato a dover accettare per anni praticamente qualsiasi progetto gli sia stato presentato. Molti di questi film sembravano appositamente costruiti per giocare sulla sua recitazione eccessiva, nella speranza di attirare un pubblico curioso di assistere a una performance sopra le righe. Come è anche innegabile che il suo stile di recitazione, sicuramente personalissimo, sia noto per la sua eccessività ed esagerazione, un approccio quasi espressionista; e uno stile di recitazione simile richiede non solo una buona sceneggiatura, ma anche una giusta direzione. Costruire un film interamente attorno alla recitazione sopra le righe del protagonista non è una scelta saggia, a meno che tu non sia Werner Herzog (Il Cattivo Tenente – Ultima Chiamata New Orleans, 2009). Questo approccio, troppo spesso adottato da chi cercava di sfruttare il lato più eccentricamente esagerato di Cage, ha finito per non rispettarne le reali capacità, contribuendo negativamente alla sua carriera.
Ma Cage ha sempre saputo cavarsela anche in ruoli più introspettivi e in sottrazione. A prova di ciò sono film come The Family Man (Brett Ratner, 2000), dove riesce a portare in scena il cambiamento di un uomo, dalla freddezza totale all’empatia, o Pig (Michael Sarnoski, 2021) , uno dei suoi lavori più recenti, dove il personaggio si distacca completamente dal suo stile usuale, con una recitazione più minimalista e silenziosa.
Anche nei film in cui interpretava ruoli più eccentrici, la narrazione non si riduceva mai esclusivamente a questo, e la sua performance non restava mai confinata alla sola dimensione del “pazzoide”. In Face/Off (John Woo, 1997), ad esempio, Cage è sia il terrorista psicopatico che l’agente FBI che gli dà la caccia dopo lo scambio di identità. In Il ladro di orchidee (Spike Jonze, 2002), interpreta due gemelli agli antipodi, riuscendo a bilanciare perfettamente le due personalità contrastanti, passando dall’ansia esistenziale a una leggerezza quasi comica. E in Cuore Selvaggio trasforma Sailor Ripley in un vero e proprio uragano di emozioni, una combinazione di energia bruta e romanticismo carica di un’irruenza quasi teatrale.
Negli ultimi anni però, Cage è riuscito a districarsi da quel circuito di produzioni di serie Z che lo avevano confinato per lungo tempo, riscoprendo una nuova vitalità artistica. Non si è limitato a interpretare ruoli che ricalcavano il suo stile, come in Mandy (Panos Cosmatos, 2018) o in Il colore venuto dallo spazio (Richard Stanley, 2019), dove la sua presenza si sposa perfettamente con il carattere surreale e inquietante dei personaggi. È anche andato oltre, con prove più introspettive, come nel già citato Pig, dove la sua recitazione minimalista ha conquistato il pubblico e la critica, dimostrando una maturità e un approccio completamente nuovi alla sua arte. Questa maturità è anche confermata dalla sua presenza nell’autoironico Il Talento di Mr. C (Tom Gormican, 2022), dove Cage si prende gioco della sua immagine pubblica, e dalla sua prova in Longlegs (Oz Perkins, 2024), dove, pur essendo a schermo per pochi minuti, riesce a dominare la scena con grande magnetismo e dove la sua non presenza, ancora più pesante, permea tutto il film.
Questa “nuova fase” della sua carriera segna una sorta di rinascita per Nicolas Cage, che ritrova finalmente il suo talento riconosciuto sia dalla critica che dal pubblico. Ma soprattutto, guardando ai nuovi progetti in cui è coinvolto, si può notare come l’attore stesso voglia mettere sotto prova costante la sua versatilità, liberandosi una volta per tutte dall’immagine di “attore-caricatura” a cui è stato incatenato per oltre un decennio.

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