Nell’affrontare diversi generi, sfidare le convenzioni stilistiche e creare ad arte narrazioni avvincenti, Bong Joon-ho ha consolidato negli ultimi anni la sua posizione di vero maestro della cinematografia contemporanea a livello internazionale. 

Con questo secondo articolo sulla filmografia del regista, continuiamo a esplorare i temi e le tecniche che hanno definito la sua carriera, dall’esordio del 2000 fino al premio Oscar vinto con Parasite, una vittoria che ha segnato un punto di svolta per l’industria cinematografica internazionale, aprendo le porte del mercato statunitense ed europeo a un sempre più ampio ventaglio di opere orientali. 

Questa serie di articoli vogliono essere una breve guida per districarsi nella filmografia di quello che sarà, con molta probabilità, uno dei registi più importanti della nostra epoca.

Memories of Murder (2003)

Memories of Murder è il secondo straordinario lungometraggio di Bong Joon-ho, un’esplorazione senza compromessi dell’ossessione dell’animo umano, racchiusa in un avvincente thriller investigativo. Questo film conferma, dopo l’esordio Barking Dogs Never Bite uscito tre anni prima, l’estro artistico e la portata innovativa del cineasta sudcoreano, sia dal punto di vista registico che da quello tematico.

L’agghiacciante vicenda narrata, ripresa da un vero fatto di cronaca nera, è ambientata nel 1986. I detective di una desolata cittadina rurale, interpretati da Song Kang-ho e da Kim Roe-ha, scoprono il corpo di una giovane donna uccisa e abbandonata in un campo. Ben presto, questo si scoprirà essere soltanto uno degli omicidi compiuti da uno spietato serial killer. Un giovane poliziotto di Seoul, interpretato da Kim Sang-kyung, arriverà nel paese per dare una mano al dipartimento locale. Con lo scorrere del tempo e con il moltiplicarsi dei casi di omicidio, i tre detective faticheranno a trovare una soluzione, scontrandosi con numerosi vicoli ciechi e mettendo a rischio la loro sanità mentale

La regia di Bong Joon-ho riesce a creare fin da subito un senso di inquietudine costante e un crescendo di tensione che avrà nel cupo e amaro finale il suo culmine, mentre la fotografia di Kim Hyung-ku porta lo spettatore dentro la fredda realtà messa in scena grazie all’utilizzo di colori morbidi e pastosi. Tuttavia il lavoro più interessante fatto dal regista e dagli sceneggiatori sta nella costruzione dei personaggi e nella loro complessità ed evoluzione costante. 

Il poliziotto interpretato da Song Kang-ho, è un investigatore sfrontato, cinico e insolente, con la tendenza – e il mal celato desiderio – di infrangere le regole pur di arrivare a una presunta verità che riesca a far tornare la pace nel suo paese. Il suo partner arrivato da Seul è totalmente all’opposto: più metodico, arriva dalla grande città con un po’ di sfrontatezza per portare la sua esperienza e aiutare i colleghi “arretrati” del borgo rurale. I co-protagonisti che ci vengono presentati sono, dunque, l’uno l’opposto dell’altro: antitetico è il loro modo di reagire davanti all’orrore, così come le metodologie di indagine utilizzate. Costretti a lavorare insieme e a raggiungere un obiettivo comune, non possono far altro che scontrarsi durante l’intera pellicola; ed è proprio da ognuno di questi scontri che si vengono a creare, di volta in volta, piccoli ma inevitabili cambiamenti nella psiche di entrambi, che alla fine avranno ripercussioni drastiche sulle loro vite, arrivando a devastare la loro mente e a ribaltare anche l’idea che lo spettatore si era fatto di loro durante tutta la visione del film. Il loro scontro dicotomico è il vero motore del film, al pari della ricerca dell’assassino che comunque non passa mai in secondo piano e fa mantenere alta l’attenzione allo spettatore durante tutta la durata.

È proprio nell’esplorazione dei personaggi che si contraddistingue Memories of Murder da altri thriller simili. Ognuno è alle prese con i propri difetti, le proprie speranze e la crescente disperazione per un caso che appare contemporaneamente a un passo dall’essere risolto ma allo stesso tempo impossibile da chiudere. Il film ci mostra il tributo mentale e fisico che indagare su un orrore di questo tipo richiede ai detective, i personaggi sono costantemente alle prese con i loro limiti, i loro pregiudizi e la loro fallibilità, e così anche chi dapprima sembrava inattaccabile, col tempo si dimostrerà “umano” al pari degli altri.

Bong Joon-ho ha creato un’opera che tiene gli spettatori sul filo del rasoio, bilanciando i momenti di suspense con quelli più introspettivi, catturando tutta l’assurdità e la brutalità di un’indagine impossibile. Una seconda opera da manuale che fa già presagire una carriera da grande cineasta.

Rosario Azzaro
Rosario Azzaro,
Caporedattore.