BIOGRAFIA

Martin Scorsese è uno dei registi più importanti e influenti della storia del cinema.

Nasce a Flushing, un quartiere del Queens (New York), ma i nonni sia paterni sia materni erano immigrati italiani, nello specifico della provincia di Palermo.

Successivamente, la famiglia Scorsese si trasferisce dal Queens a Manhattan, in una delle vie principali di Little Italy. Qui il giovane vive un’adolescenza tormentata dall’asma e dalla sua piccola stazza che non gli permettono di praticare attività sportive o di inserirsi nelle gang del posto.

Nel frattempo si appassiona sempre di più al mondo del cinema, una passione accompagnata da una forte fede religiosa. Inizialmente studia per diventare prete, ma decide di abbandonare l’idea per iscriversi alla scuola di cinematografia dell’Università di New York.

ESPONENTE DELLA NEW HOLLYWOOD

Esponente della New Hollywood e, insieme agli altri movie brats (i “ragazzini del cinema”: George Lucas, Francis Ford Coppola, Brian De Palma, Steven Spielberg), si afferma intorno agli anni Settanta. Sono anni in cui gli studios non possono permettersi di puntare solo su film ad alto budget, per questo i loro film siano spesso rivisitazioni di generi ormai consolidati (western, horror, fantascienza). Tuttavia, il loro cinema presenta una notevole consapevolezza grazie ai grandi autori del passato che continuano a considerare dei punti di riferimento; pensiamo a Lo squalo (1975), in cui Spielberg sfrutta il cosiddetto “effetto Vertigo”, inventato da Hitchcock per rendere il senso di vertigine del protagonista de La donna che visse due volte (1958): si tratta di un espediente che combina uno zoom in avanti con una carrellata all’indietro, o viceversa.

Martin Scorsese, cresciuto con i film hollywoodiani e il neorealismo italiano, fu uno dei pochi registi che riuscì a coniugare l’ispirazione del cinema d’arte europeo con la tradizione hollywoodiana, Coppola per esempio ci riuscì solo per poco tempo. 

Dopo vari lungometraggi e due film a basso costo, diventa noto al grande pubblico con Mean Streets (1973), Taxi Driver (1976) e Toro scatenato (1980). 

Come su detto, i suoi film devono molto alla tradizione hollywoodiana: l’autore della colonna sonora di Taxi Driver è Bernard Hermann, ovvero il compositore di Hitchcock, mentre per prepararsi a girare New York, New York (1976) Scorsese studiò i musical hollywoodiani degli anni Quaranta. Allo stesso modo, i suoi film risentono dell’influenza cinema europeo: stacchi di montaggio ispirati a Godard, uno dei principali esponenti della Nouvelle Vague; ambiguità felliniane tra realtà e fantasia. 

“È stato Fellini a spingermi verso il cinema. Ci sono pochi registi che hanno allargato il nostro modo di vedere e hanno completamente cambiato il modo in cui sperimentiamo questa forma d’arte. Fellini è uno di loro. Non basta chiamarlo regista, era un maestro.”

In pochi anni modifica il suo stile e la sua caratteristica principale diventa l’iperrealismo, a tale scopo esibisce virtuosi movimento di macchina, costruisce scene d’azione spesso senza dialogo e con immagini ipnotiche. A differenza di altri movie brats, che attiravano lo spettatore con spettacolari effetti speciali, lui punta su uno stile dinamico e assolutamente personale.

CINEMA E BIOGRAFIA: UN LEGAME INESTRICABILE

In un mondo in cui la fede religiosa entra in contrasto con la criminalità organizzata, i suoi film raccontano spesso vite di personaggi violenti, tormentati dal senso di colpa, dal lutto. Non mancano film più spirituali come L’ultima tentazione di Cristo (1988) o Kundun (1997). 

La città protagonista è indubbiamente New York, che analizza a fondo: dalla New York ottocentesca e teatro di violente lotte tra bande criminali di Gangs of New York (2002) allo stile di vita eccentrico ed esagerato di Mark Hanna in The Wolf of Wall Street (2013). 

“New York può essere definita con tanti di quegli aggettivi – volgare, magica, spaventosa, dinamizzante, prosaica – che ogni volta che in un film la si deve evocare, anche solo incidentalmente, finisce per imporsi. Non accetta di essere solo un vago sfondo com’è Los Angeles in tanti film”

Il cinema di Martin Scorsese è profondamente intrecciato con la sua biografia. Uno dei film più autobiografici è sicuramente Mean Streets (1973), ambientato nelle strade di Little Italy: vi sono chiari riferimenti alla sua adolescenza italo-americana e al condizionamento dall’educazione cattolica, la quale gli aveva provocato l’ossessione del peccato e senso di colpa. Il personaggio Charlie Cappa è un giovane di Little Italy che prova un profondo conflitto interiore tra la religiosità e la vita sregolata che conduce. Il cognome Cappa è lo stesso della madre di Scorsese e durante il film si notano poster ritraenti Palermo, Messina, Firenze, Napoli e Ustica.

Con questo film inizia a mettere in scena il mondo della criminalità organizzata, che ritroveremo in Quei bravi ragazzi (1990), Casinò (1995) e The Irishman (2019).

Taxi Driver (1976) è uno dei primi film che affronta la guerra del Vietnam attraverso il ventiseienne Travis Bickle, un ex marine reduce del Vietnam. Un personaggio solitario e disadattato, che non appartiene a nessun gruppo etnico o religioso e soffre di insonnia cronica, il che lo porterà a lavorare come tassista notturno.

A proposito del film lo stesso Scorsese afferma: 

“Penso che quando lessi la sceneggiatura [di Taxi Driver, ndr] il nesso immediato fosse l’ira, la rabbia, la solitudine, il non far parte di un gruppo. Sono sempre stato ai margini. Sono cresciuto in un quartiere dove essere un “uomo” significava, letteralmente, essere capaci di entrare in una stanza, stendere un po’ di persone a suon di pugni e uscirne vincitori,[…].

Venendo da un ambiente così, incapace di farmi valere in strada come altri ragazzi, costretto a non dire mai niente, ciò che sentivo esplose sullo schermo in Mean Streets. In seguito, con Taxi Driver, sviluppammo l’idea di non essere del gruppo, di non far parte di nulla”

Infine, Toro scatenato (1980) è ispirato all’autobiografia di Jake LaMotta, un pugile italo-americano dal carattere brusco che si impegna per emergere nel mondo del pugilato, per poi vedere la sua carriera e i suoi successi venire meni in seguito a problemi con la famiglia e i propri amici.

La conseguenza di questo forte coinvolgimento personale nei suoi film è che al centro delle storie ci siano sempre personaggi deviati, addirittura ossessionati. Di questi antieroi, Scorsese ci racconta l’ascesa e il declino con un punto di vista estremamente introspettivo. 

Le inquadrature soggettive, le immagini in ralenti dove tutto sembra scorrere e diventare solo uno sfondo mentre lo spettatore viene assorbito dal protagonista e persino la colonna sonora permettono un’identificazione con l’ex marine Travis Bickle, con Jake LaMotta, con Charlie Cappa e con tante altre icone del suo cinema.

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Alessia Agosta, Redattrice