Tra i più grandi registi della Nuova Hollywood e non solo, Martin Scorsese è riuscito a lasciare il segno nella storia del cinema firmando capolavori come Taxi Driver, Quei Bravi Ragazzi, Toro Scatenato o The Departed, quest’ultimo pluripremiato agli Oscar del 2007. Se guardiamo però la sua filmografia nel dettaglio, nel corso della sua lunga carriera ha anche regalato al pubblico opere sensazionali che con il tempo non hanno avuto la stessa considerazione delle opere precedentemente citate, o almeno non da parte di chi non ha profondo interesse verso la settima arte.
Per questo motivo vogliamo consigliarvi tre film di Martin Scorsese che meritano di essere scoperti, per coloro che non hanno mai approfondito il regista o riscoperti per chi ha già avuto modo di conoscere le sue opere.
Fuori Orario (After Hours, 1985)
Nel tentativo di sfuggire alla sua routine sconvolgente, Paul Hackett si avventura in centro per fare amicizia con una donna misteriosa, ma quella che doveva essere una piacevole serata si trasforma in un incubo grottesco.
La prima pellicola che vogliamo consigliare rappresenta la seconda commedia nella carriera di Scorsese, che una volta letta la sceneggiatura di Joseph Minion volle assolutamente dirigere il film (per via anche dei problemi di produzione per L’ultima tentazione di Cristo) prendendo il posto di Tim Burton che era stato inizialmente scelto per le riprese.
Questo film rappresenta una sorta di rinascita nel cinema di Scorsese: il regista veniva infatti da un grande insuccesso al botteghino e stava anche affrontando i vari problemi di produzione citati precedentemente, ma riuwcì a dirigere un’opera memorabile che gli valse il premio alla miglior regia a Cannes 1986.
Oltre alla commedia, altra cosa inusuale per Scorsese era la non presenza di Robert De Niro nel cast, infatti il protagonista fu interpretato da Griffin Dunne (An American Werewolf in London) che inoltre contribuì alla produzione del film.
L’opera risulta essere molto importante per comprendere al meglio la poetica del regista: infatti Scorsese riscrisse la sceneggiatura inserendo nella storia una componente autobiografia, descrivendo la sofferenza provata in quel periodo attraverso una imprevedibile ironia.
Il ritmo del film è molto più rapido delle solite pellicole a cui ci ha abituati il regista, permettendogli di farci immergere in un’America notturna (da qui fuori orario) attraverso una commedia nera che non solo diverte, ma lascia allo spettatore una certa inquietudine. Inquietudine prodotta dai malesseri di una società grottesca e stravagante ma allo stesso tempo cattiva e crudele.
Il film è inoltre ambientato nella Grande Mela, la città che non dorme mai, e attraverso i vari personaggi che il protagonista incontra e con cui sembra impossibilitato a comunicare, come se non fosse a suo agio, New York diventa un personaggio a sé nella narrazione.
Una delle opere più kafkiane del regista che ne riprende la forza dell’assurdo (soprattutto grazie ai personaggi) e una commedia sofisticata che evidenzia i malesseri angoscianti dell’uomo.
Un film originale, paranoico e divertente che merita un posto speciale nella filmografia di Scorsese e che andrebbe riscoperto per l’originalità della storia fuori dalle righe.
L’Età Dell’Innocenza (The Age Of Innocence, 1993)
Un avvocato dell’alta classe newyorkese del XIX secolo si innamora di un’affascinante contessa appena rientrata dall’Europa dopo la fine del proprio matrimonio, nonostante essa sia la cugina della fidanzata.
Qui Scorsese si getta nella realizzazione di un cosiddetto film in costume, firmando una delle migliori opere del genere, nonché uno dei suoi migliori lavori.
In primo luogo la pellicola presenta una ricostruzione storica magnifica attraverso costumi e scenografie come raramente se ne vedono, immortalando tutto attraverso una fotografia che ricorda l’epoca in cui il film è ambientato.
La sceneggiatura, scritta da Jay Cocks insieme a Scorsese, nonostante sia un adattamento dell’omonimo romanzo di Edith Wharton, racconta una storia d’amore elegante e non banale, ma anzi coinvolgente e stuzzicante grazie a dialoghi sopraffini e ai protagonisti, interpretati da Daniel Day-Lewis, Michelle Pfeiffer e Winona Ryder, che rendono il tutto ancora più immersivo ed intrigante.
La regia di Scorsese riesce ad essere distinta rispetto ad altre sue opere, risultando raffinata, gentile ed elaborata, dando all’opera un tono sottile e intelligente e rivelando uno Scorsese inedito. Difficile pensarlo se si tiene conto della filmografia più “metropolitana” del regista, ma pur parlando dell’esatto opposto, Scorsese riesce a meravigliare con una pellicola ha la sua forza in una messa in scena dettagliata ma soprattutto appropriata, facendo centro sulla storia e sull’ambientazione.
Nonostante l’opera impressionò pubblico e critica del tempo, col passare degli anni sembra essersi persa nel resto della filmografia di Scorsese. Questo può scaturire stranezza dato che in realtà la pellicola risulta essere una delle più moderne e in certi versi visionarie del regista. Infatti non bisogna pensare al film come un semplice melodramma, soprattutto perché racchiude al suo interno molteplici temi, come la ricerca di una felicità utopica, le difficoltà dell’esistenza dell’uomo oppure una certa ribellione alla società dittatoriale e alle regole spietate che la governano.
Tutto questo è raccontato attraverso immagini che pur non mostrando sangue o violenza riescono a mostrare la crudeltà di una certa società fatta di maldicenze e colpi alle spalle, nonché di dogmi soffocanti e oppressivi che vanno a disfare soprattutto le persone più umili e corrette.
Insomma L’Età Dell’Innocenza rappresenta un vero e proprio gioiello che andrebbe visto per scoprire uno Scorsese inedito e più classico e che bisognerebbe riscoprire per capirne l’importanza e la modernità.
Re Per Una Notte (The King of Comedy, 1983)
L’aspirante comico Rupert Pupkin tenta di raggiungere il successo nel mondo dello spettacolo perseguitando il suo idolo, un conduttore di talk show in onda in tarda notte.
Il terzo e ultimo film rappresenta la prima commedia diretta da Scorsese, anche se soprattutto nell’ultimo atto, il film sfocia nel dramma e nella tragedia.
La forza principale del film risiede nella sceneggiatura scritta da Paul D. Zimmerman, che riesce a muovere una critica sul rapporto che gli spettatori instaurano con i propri idoli e di come quel sistema possa portare alla disumanizzazione di chi, sognando in grande, non si sottomette a coloro che ce l’hanno già fatta.
Scorsese, come aveva già fatto per Taxi Driver, riesce a rappresentare perfettamente lo stato d’animo dei personaggi attraverso una società che sembra disprezzarli, risultando peraltro più moderno di quanto si possa pensare. Infatti con questa pellicola Scorsese riesce in primo luogo a rappresentare perfettamente il mondo dell’epoca, che risulta riluttante e spregevole verso chi non è all’altezza degli standard impostati dalla collettività, disumanizzando colui che sogna in grande. In secondo luogo ha il merito di anticipare i tempi parlando di una società “fittizia” che giudica e plasma la vita di un artista attraverso uno schermo e che non si rende conto della crudeltà subita dall’artista stesso.
La pellicola fu tutt’altro che un successo sia di critica che al botteghino, ma rappresenta un punto fermo nella filmografia di Scorsese che è andato sempre più a scomparire fino all’uscita di Joker (2019), dato che quest’ultimo fu molto ispirato dall’opera di Scorsese. Proprio per questo il film meriterebbe più considerazione per comprendere da dove derivano pellicole come quella di Todd Phillips precedentemente citata e anche per riflettere sulla opprimente ascesa verso il successo e la brutalità necessaria per compierla.
Un’opera difficile che racconta il decadente sogno americano attraverso una delle più grandi e bizzarre interpretazioni di Robert De Niro e uno spietato Scorsese che critica satiricamente un’America in cui non c’è posto per l’arte.
Fonti: Comingsoon, IMDB
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