La casa della signora Daugeron cade letteralmente a pezzi, le persiane sono sempre chiuse, il giardino non viene curato da mesi, non si direbbe sia abitata se non per la cassetta della posta verde con il nome ancora ben visibile. All’interno sono accatastate pile e pile di romanzi, in quasi tutte le lingue del mondo, e l’autore è sempre lo stesso: Emma Larsimon. Le storie dell’orrore di Emma hanno come antagonista principale la strega Marianne, entità malvagia che «non se ne va mai a mani vuote».
Emma scrive ciò che sogna, i suoi romanzi sono la trasposizione di incubi ricorrenti che aveva da adolescente, cessati solo quando sono stati trascritti nelle avventure di Lizzie Lark. Emma vorrebbe concludere la serie di libri che l’ha resa famosa, tuttavia l’improvviso incontro con una vecchia amica la costringerà a tornare a Elden, sua città natale, e ad affrontare demoni rimasti a dormire sotto la luce intermittente di un faro. Marianne è tornata e sta per riprendersi ciò che è suo.
Se amate le serie horror come The Haunting of Hill House, allora non potete perdervi questa piccola perla francese: Marianne è la storia di una giovane donna tormentata dal rimorso e dal senso di colpa, incarnati nella forma di una strega a dir poco terrificante.
LE STREGHE E IL FASCINO DEL MALE
La figura e il simbolismo della strega affascinano da sempre i racconti dell’orrore, così anche il cinema (Suspiria, The Witch) e la televisione (American Horror Story). La rappresentazione messa in scena nella serie Marianne è particolarmente interessante: la strega, salvo in alcuni momenti, si incarna principalmente in due figure, un’anziana donna dall’aspetto inquietante (la signora Daugeron) e una giovane affascinante vestita con abiti d’epoca. Le due immagini opposte si avvicinano molto a ciò che ormai nell’immaginario collettivo può essere associato a una strega: una vecchia un po’ inquietante come la befana o una bellissima ragazza pronta a stregarci. La doppia caratterizzazione funziona molto bene in Marianne, ed è necessario fare i complimenti all’attrice Mireille Herbstmeyer, la cui bravura è chiara già nel primo episodio della serie. Il terrore si mescola al fascino e alla seduzione, le armi più importanti che una figura del genere si trova ad usare. Nella cultura popolare (e di conseguenza anche nel cinema) abbondano donne seduttrici e malvagie che nascondono il loro essere senza scrupoli dietro un bel viso. Un esempio che risale agli anni ’40 è la bellissima Irena, protagonista del film Il bacio della pantera (Cat People, 1942), convinta di essere la discendente di una comunità di streghe e per questo condannata a trasformarsi in una bestia famelica in qualunque momento. Più recente è il caso di Jennifer’s Body (2009) in cui l’aspetto seducente della protagonista nasconde in realtà un vero e proprio mostro assetato di sangue.
LA VISIONE FEMMINISTA
La sessualità è una delle caratteristiche prevalenti di queste figure e la teoria cinematografica femminista si è interrogata molto sulle relative implicazioni che comporta. Una delle visioni più affascinanti (anche se forse non proprio confortante) vede la strega (e di conseguenza tutte le forme del cosiddetto “mostruoso femminile”) come simbolo della rivalsa femminile contro la violenza maschile sistematica, e in quanto tale elemento da condannare. La forte carica sessuale del personaggio riduce la sessualità femminile ad essere qualcosa di pericoloso, terrificante e distruttivo. Jennifer sembra una normalissima ragazza, popolare, forse un po’ superficiale, ma la sua insaziabile sete di sangue la porta a sedurre più di un uomo per poi farlo orribilmente a pezzi. La mostruosità femminile è soltanto un modo per incarnare le lotte femministe contro il sistema patriarcale; le storie sulla sessualità distruttiva delle donne sono costruite per poter giustificare il controllo della società su di essa. Questo è ciò che le streghe ricordano costantemente alle donne: la libertà sessuale va repressa, la potenza femminile spaventa, più di una pantera famelica.
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