Immaginate di trovarvi nel bel mezzo di una rivoluzione, una vera e propria rivolta del popolo sfruttato contro i potenti. Immaginate essere parte di quel popolo che ogni giorno è costretto a un continuo lavoro, senza possibilità di riposo, senza possibilità di vivere una vita che sia al di fuori del lavoro stesso. E immaginate ora che il vostro lavoro si svolga nelle profondità della terra, dove non c’è luce se non quella prodotta da gigantesche lampade artificiali. Se volete catapultarvi in questo mondo per un paio d’ore vi basterà guardare quello che viene considerato il più grande capolavoro di Fritz Lang, una pellicola che ha posto le basi per lo sviluppo del cinema di fantascienza. Dal 1927 (anno della sua uscita nelle sale) ad oggi, si è parlato davvero tanto di Metropolis, della sua trama figlia della rivoluzione industriale, della sua scenografia maestosa che strizza l’occhio ai grandi kolossal del muto italiano, e del commento musicale, rivisitato negli anni ’80. In questa sede prenderemo in esame una figura fondamentale all’interno del film e quello che possiamo definire il suo doppio: parliamo della giovane Maria e del suo “alter ego di metallo”, il robot nato dalla mente del professor Rotwang.
Impossibile negare come il mondo del cinema, come ogni altra arte, ami sperimentare con la figura femminile e la simbologia che può esservi ricondotta: d’altronde uno dei primi fenomeni a svilupparsi con la nascita del cinema è stato proprio il divismo, soprattutto quello femminile. Ciò a cui assistiamo in Metropolis, da un certo punto di vista, è uno sdoppiamento della figura di Maria in due personaggi che, se vogliamo, possono rappresentare i poli opposti del femminile e del maschile percepiti dalla società moderna, nel 1927 come oggi. Ma andiamo con ordine.
Lang ci presenta Maria, interpretata dalla meravigliosa Brigitte Helm, attraverso una scena che, senza bisogno di parole, fa immediatamente capire come la sua figura sia fondamentale e accuratamente delineata nella sua simbologia. Maria appare sulla scena circondata da un gruppo di bambini che si stringono a lei, attaccandosi ai suoi vestiti come fossero suoi figli. Mentre Lang passa gradualmente dal campo lungo al primo piano, grazie all’uso abile delle luci e del trucco, Maria assume sempre di più le fattezze di una santa, che, circondata da una mandorla di luce, risplende e rapisce lo sguardo di tutti, grazie all’espressività dei suoi grandi occhi. Già da questa prima apparizione, la donna viene associata agli attributi femminili tradizionali, principalmente quelli della madre affettuosa e protettrice che con dolcezza guida i suoi figli ad affrontare il mondo. Nel suo parlare di uguaglianza e fratellanza, valori pericolosi nel mondo in cui vive, Maria rimane dolce e premurosa, sia verso i bambini che verso i lavoratori, a metà tra un’insegnante e una madre: nel momento in cui si rivolge al protagonista Freder, figlio del più potente tra i potenti della città, il suo atteggiamento si fa ancora più materno, ed è proprio il suo essere donna a diventare la sua forza. Maria è la luce, la femminilità stessa, ed è costantemente rappresentata attraverso la classica iconografia della Madonna nell’arte, spesso illuminata da un’aureola luminosa.
Se Maria rappresenta la femminilità, il suo “alter ego metallico” è l’opposto: nella scena in cui l’inventore Rotwang svela la sua creazione, la donna robotica ha un aspetto oscuro, inquietante, ancor di più se si fa caso al pentagramma pagano che troneggia al di sopra di essa. In poco tempo, la macchina prendere le sembianze di Maria, in una scena la cui costruzione, insieme agli effetti speciali, ha senza dubbio ispirato la fantascienza degli anni a venire. È qui che lo spettatore assiste sullo schermo a un vero e proprio sdoppiamento del personaggio: da qui in poi abbiamo due Maria. Tuttavia, mentre la donna rappresenta la femminilità, la madre salvatrice che ama e protegge i suoi figli, il suo doppio robotico rimanda a caratteristiche ritenute tipicamente maschili, come la forza bruta e l’aggressività. La prima è premurosa e materna, la seconda ha un modo di fare brusco, a volte oscuro, vicino a quello degli uomini che la circondano e dalle cui mani è stata assemblata. Molto presto, la donna robotica inizierà a causare conflitti tra i lavoratori sottoterra e tra i potenti in superficie, in nome di quella forza che la figura maschile utilizza da sempre per imporsi sugli altri, mentre la povera Maria continuerà invano a credere nella pace e nella fratellanza tra le persone.
Foto dal backstage di Metropolis.
I lavoratori insoddisfatti e rivoltosi, accecati dalle parole della “falsa Maria”, prenderanno la via della forza e della violenza, e a nulla serviranno le parole di Freder per convincerli che Maria ha sempre voluto la fratellanza. Questa forza maschile, tuttavia, non risolverà le cose, ma renderà il popolo una moltitudine incontrollabile che finirà inevitabilmente per distruggere se stessa e l’intera città; solo il ritorno della vera Maria riuscirà a riportare la pace. Qui, nell’ultima parte del film, la donna riesce a portare in salvo i bambini che tanto la amano senza abbandonare le caratteristiche di madre, neanche mentre la città sta crollando su se stessa. La figura di Maria è maturata, è diventata più forte nella sua femminilità, mentre il suo alter ego ha finito per essere distrutto, vittima della violenza che professava come unico mezzo di salvezza. Proprio nel finale, quando i popoli del sotterraneo e della superficie si trovano finalmente faccia a faccia, sarà ancora una volta Maria a unirli nella pace, come fa una madre premurosa che ricongiunge i suoi figli dopo un litigio.
Molte culture vedono nella personalità del singolo la presenza di due figure distinte, quella maschile e quella femminile: ci piace pensare che Lang abbia voluto portare avanti questa credenza dirigendo sullo schermo lo sdoppiamento di un personaggio nei suoi poli opposti, per poi mostrarci la sua evoluzione fino all’equilibrio finale. Per citare l’ultima didascalia di Metropolis, tra braccio e mente il mediatore dev’essere il cuore: allo stesso modo, una giovane donna ha saputo fare della propria femminilità lo strumento perfetto per dare finalmente pace al suo popolo.
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