EXCURSUS STORICO

Dopo aver esplorato professioni del cinema meno note ai più, è doveroso parlare della professione più ambita, più nota e più discussa del panorama cinematografico: quella del registaIn molti, tra critici e teorici del cinema, hanno dato delle definizioni di ciò che per loro è la regia, così come hanno fatto, in molte interviste, alcuni maestri della settima arte.

Di certo la regia potrebbe indicare un insieme di elementi solo da un punto di vista tecnico ma, andando oltre a questo aspetto, essa è differente per ogni regista, docente e giornalista se si guarda all’aspetto creativo e artisticoKen Loach diceva: “Il dovere di un regista è dare importanza all’anima dello spettatore.” La regia potrebbe dunque essere interpretata come il cuore pulsante del film, il filo conduttore e la chiave di lettura degli eventi rappresentati. Dietro la regia vi sono numerosi addetti ai lavori di cui spesso non si parla, perché tutta la fase di lavorazione del film non viene impressionata su pellicola e proiettata in sala: da qui l’idea di iniziare questa rubrica da quelle professioni considerate alle volte di serie B o minori dal pubblico generalista fino ad arrivare, nella fase conclusiva, alla professione a cui si associa (erroneamente) ogni responsabilità riguardo la riuscita o meno del film, nonché la paternità dell’opera.

In merito alla paternità dell’opera durante lo scorso secolo sono stati numerosi i dibattiti: inizialmente, infatti, i film venivano associati esclusivamente alla loro casa di produzione (“Il nuovo noir della Warner Bros”, “I western della Paramount” ecc.) e non direttamente al regista. 

Tra i primi a rivendicare la paternità delle proprie pellicole fu, negli anni ’30, Frank Capra; fino a quel momento questo onore era toccato solo a padri del cinema come David.W.Griffith e Cecile B. DeMilleNel caso di Capra, non si trattava di un’affermazione di “autorialità”, quanto della rivendicazione di un’autonomia di gestione, di un completo controllo del processo di produzione (dal soggetto al montaggio) e del ruolo di responsabile definitivo, se non unico, del film, considerando la centralità del regista nell’epoca della golden age hollywoodiana.

Tradizionalmente il cinema americano veniva associato ad una regia invisibile, funzionale e subordinata alla narrazione, a differenza del cinema europeo ed orientale, che invece era svincolato dalle direttive di produzione e dunque più riflessivo, profondo e personale: da qui inizia ad esserci una distinzione tra cinema d’autore e cinema narrativo/commerciale.

Con il passare del tempo è indubbio che vi siano state influenze e contaminazioni reciproche: si pensi ai film di Tarantino, che celebrano tanto il classicismo puro di John Ford, quanto gli spaghetti western di Sergio Leone, per non parlare degli omaggi alla cultura orientale e al cinema di Akira Kurosawa.
Rivoluzionario e determinante per il futuro del cinema statunitense fu Citizen Kane (Quarto Potere) in cui Orson Welles si dimostrò innovativo, trasgressivo e incurante dei canoni standardizzati delle produzioni hollywoodiane. Questo film influenzò radicalmente qualsiasi cineasta americano nonché la concezione stessa del regista, non più ridotto a mero gestore del film ma autore dello stesso. La storia della regia è veramente lunga, articolata e complessa, e in effetti necessiterebbe di una rubrica a parte.

Ma andando al sodo dunque: di cosa si occupa il regista?

COMPETENZE

Le competenza del “regista tipo” sono molteplici: esse riguardano non solo la fase di riprese come molti di voi sapranno, ma anche la fase di pre-produzione e post-produzione, quest’ultima in parte o relativamente.

Nella fase di pre-produzione il regista ha il compito e il dovere di leggere la sceneggiatura (se non scritta direttamente da lui) e analizzarla, farne una sua interpretazione cercando di capire come cogliere l’anima del testo, qual è il modo migliore di valorizzarlo e che tipo di regia è necessaria, pensando quindi al miglior utilizzo di inquadrature, piani e campi di ogni tipo da realizzare in fase di produzione.
Ma non finisce qui: spesso i registi collaborano con i casting director nella scelta degli attori/attrici principali o secondari. I ruoli da protagonisti, infatti, sono spesso voluti o suggeriti alla produzione direttamente dai registi, per motivi legati a prestanza fisica, doti recitative reputate più idonee per un determinato ruolo o sodalizi vincenti.

La scelta del cast tecnico è invece lasciata perlopiù alla produzione, anche se non mancano casi in cui la volontà del regista è predominante, soprattutto nel caso di registi particolarmente affermati o per quanto riguarda collaborazioni “fisse” del regista con alcuni professionisti: pensate alla collaborazione fra Christopher Nolan e Hans Zimmer ad esempio.

La fase di riprese è la più stressante ma allo stesso tempo la più bella e intensa per alcuni registi. Qui i loro compiti si moltiplicano così come le loro responsabilità:

– Prima di tutto viene stabilita una cosiddetta Shot list, ovvero un elenco di tutto l’occorrente necessario per una determinata scena o inquadratura del film che consenta alla troupe di orientarsi e prepararsi prima dell’effettivo “ciak”.

– Segue la definizione della sequenza di realizzazione delle scene, fase cruciale in cui si stabilisce l’ordine in cui avverranno le riprese, ordine che spesso non corrisponde all’andamento degli eventi della sceneggiatura.

– La verifica delle tecniche recitative, ovvero che gli attori riescano a trasmettere quanto voluto, dando loro indicazioni e suggerimenti su come rendere al meglio il personaggio interpretato. La direzione degli attori non è qualcosa in cui tutti i registi sono particolarmente bravi: sono infatti necessarie empatia e una certa comprensione, senza dimenticare i complessi di inferiorità o blocchi che possono capitare. Kubrick, ad esempio, era un ottimo regista e direttore della fotografia, ma era in grado di esasperare non poco gli attori per ottenere la perfezione, arrivando perfino a un centinaio di ciak per una singola scena, cosa che risultava psicologicamente estenuante per gli attori coinvolti.

– Collaborare con il direttore della fotografia per la direzione dei tecnici, gli spostamenti della macchina da presa e del set luci. Anche questo aspetto risulta determinante per la riuscita del film: ottenendo un connubio tra regia e fotografia una buona parte del lavoro è fatta, manca solo un buon “taglia e cuci” da parte dei montatori.

– Verificare la qualità tecnica e artistica del girato giornaliero in modo da attivare le azioni correttive, tra cui la ripetizione delle riprese relative alle inquadrature problematiche. In questa fase è fondamentale il ruolo della segretaria di edizione, a cui abbiamo dedicato il primo capitolo di questa rubrica.

– Concordare con l’autore/sceneggiatore eventuali modifiche alla sceneggiatura che potrebbero facilitare o migliorare l’esito finale. Questo aspetto apre ulteriori parentesi in cui non ci addentreremo ma, come potrete immaginare, è molto più complicato quando un regista e uno sceneggiatore collaborano per la prima volta, rischiando di creare gerarchie futili a seconda del carattere e della personalità degli interessati. Sicuramente è importante comunicare sin da subito e far sì che ognuno faccia il proprio lavoro, consigliando o suggerendo cambiamenti all’altro senza cercare di influenzarlo eccessivamente mancandogli di rispetto. 

Non mancano casi di autori a tutto tondo che si occupano tanto della stesura del soggetto e dello sviluppo della sceneggiatura, quanto della regia, fino ad arrivare, in alcuni casi, addirittura a svolgere il compito di produttori e direttori della fotografia: Kubrick amava tanto curare il design dei suoi film, la fotografia, gli effetti speciali, mentre Woody Allen, ad esempio, è anche il principale protagonista e attore feticcio di molti suoi film, così come lo stesso Kennet Branagh.

Passata questa fase centrale di ripresa, si arriva verso la conclusione, dunque alla post-produzione del film. Quelle del montatore e del regista sono due figure professionali diverse e spesso anche in conflitto tra loro, in quanto non è detto che l’idea di montaggio iniziale, venga mantenuta in fase di post-produzione, sia per logiche produttive, sia per la filosofia e visione d’insieme dei “sarti della settima arte”. Quindi ciò che un regista può fare in questa fase è supervisionare:

– Curare il rapporto tra visivo e sonoro, assicurandosi che il tutto corrisponda in fase di finalizzazione dell’opera.

– Far eseguire controlli sull’esattezza dei titoli, eventuali sottotitoli e didascalie.

– Seguire la stampa della copie di pellicola fino alla copia “madre” ovvero quella definitiva.

Anche in questo caso il conflitto tra montatori e registi non deve compromettere il risultato; moltissimi autori e maestri del cinema hanno concepito delle loro versioni di montaggio che spesso sono rese disponibili al cinema o in blu-ray dopo anni dall’uscita del film: si tratta delle cosiddette director’s cut, le versioni di montaggio concepite dalla mente del regista, secondo la sua personale visione. Celebri le director’s cut di Francis Ford Coppola e Oliver Stone, che presentano ore di girato in più e conferiscono un tocco di autorialità in più all’opera.


CONCLUSIONE

Tirando le somme di questo articolo, la professione del regista è certamente tra quelle più ambite nel campo del cinema ma non necessariamente la più importante: tutte le professioni, infatti, ricoprono una grande importanza nel settore, proprio come un pezzo di un puzzle senza cui il lavoro rimarrebbe incompiuto e imperfetto.

Non mancano di certo le scuole di regia e accademie di cinema in Italia e nel mondo, ma esistono diverse scuole di pensiero in merito: chi dice che siano fondamentali per poter diventare un regista affermato, quantomeno per iniziare a comprendere la logica dell’industria audiovisiva, e chi afferma siano sopravvalutate, perché ciò che conta è la visione dell’artista, il contenuto, l’amore per il cinema, più di ogni altra cosa.
“In medio stat virtus” ovvero la virtù sta in mezzo. La passione e il talento non si comprano di certo, sono doni innati della natura e della vita, ma una formazione culturale e professionale è altrettanto necessaria per comprendere al meglio questo mondo, fatto di artigiani, uomini e donne pronti a sacrificare tutto pur di vedere realizzato il proprio sogno.

Questo articolo è stato scritto da:

Sal Guida, Redattore