<<La fotografia è verità, e il cinema è verità ventiquattro volte al secondo.>>
     (Jean-Luc Godard).

In questo percorso, iniziato circa un anno fa, ci siamo occupati di quasi tutte le professioni del cinema, soprattutto quelle meno note; dunque non ci rimane altro che parlare di quelle più in voga e conosciute dai più, motivo per cui ci concentreremopiù sull’evoluzione storica di queste maestranze e meno sugli aspetti tecnici o sulla formazione professionale (come invece avevamo fatto negli articoli precedenti).
Innanzitutto, non potremmo non menzionare quanto la fotografia rappresenti un precursore molto importante nella storia del cinema, come comprovato dagli esperimenti di fine Ottocento di Eadweard Muybridge, fotografo britannico che portò avanti diverse ricerche e sperimentazioni sulle prime immagini in movimento, raggiungendo una tappa importantissima per il progresso tecnologico dell’epoca e per il futuro della settima arte.

Uomo che cammina sulle mani di Eadweard Muybridge.

Il ruolo della fotografia divenne sempre più importante nel cinema nel corso degli anni ‘20 grazie alle avanguardie europee, quali quella sovietica, impressionista francese ed espressionista tedesca. Nel caso dell’impressionismo, molto importante fu il concetto di Fotogenia di Louise Delluc, noto regista e sceneggiatore francese di quegli anni, il quale affermava che “la fotogenia è una qualità presente nelle cose e negli esseri, ma che risulta accresciuta dalla riproduzione fotografica e cinematografica.”. Riportiamo qui di seguito un estratto dell’articolo “La bellezza del cinema” pubblicato su Cinema e Cinema n.64 nel 1917: «Questa è bellezza, bellezza alta, direi quasi la bellezza del caso ma bisogna rendere giustizia all’operatore: ha saputo vedere con tale abilità che noi abbiamo esattamente le stesse sensazioni di mare, di cielo, di vento che ha avuto lui. Non è più un film. È la verità naturale.»

Delluc parla dunque di operatori, questo perché agli albori del cinema non vi era una vera e propria divisione dei lavori e dei compiti e non erano nemmeno concepiti i termini “regista” o “direttore della fotografia”: vi erano gli imprenditori come i Fratelli Lumiere -o altri interessati a questa strabiliante scoperta- che ingaggiavano persone disposte ad effettuare riprese. Si trattava, di fatto, dei primi veri e propri operatori, non accreditati.

Roger Deakins, uno dei migliori DOP della nostra epoca.

Successivamente nel corso degli anni nacquero sempre più figure professionali legate al mondo del cinema, con una maggiore specializzazione e specificità, di conseguenza emersero associazioni e sindacati per tali categorie, come la Screen Director Guild e la Screen Writer Guild, attive ancora oggi.
Così emerse anche la figura del direttore della fotografia, autore dell’estetica del film e curatore della qualità dell’immagine e dell’illuminotecnica sul set.
Il direttore della fotografia si avvale di molti interventi tecnici quali la composizione dell’inquadratura, la disposizione delle luci -e di conseguenza delle ombre-, il controllo dei movimenti della macchina da presa, le scelte sull’angolo di ripresa, sulla messa a fuoco e sulla profondità di campo; ha inoltre la grande responsabilità di tradurre in una sequenza d’immagini la storia e l’atmosfera voluta dal regista. Ogni direttore della fotografia ha una visione estetica personale, un marchio stilistico costante e coerente in ogni opera cinematografica realizzata. Per mantenere tale coerenza stilistica spesso collaborano con gli stessi registi, dando vita a lunghi sodalizi, come nel caso del dop Luca Bigazzi e del regista premio Oscar Paolo Sorrentino.
Fondamentale è, inoltre, il rapporto tra il direttore della fotografia e l’operatore di ripresa, considerato anche come il suo “occhio destro”. Gli altri collaboratori diretti di questa figura professionale sono il capo elettricista che, a sua volta, coordina la squadra addetta alle luci, ed il capo macchinista che regola gli spostamenti del carrello con la macchina da presa.

Luca Bigazzi sul set de Il Divo di Paolo Sorrentino.

Inoltre, in alcuni casi, può anche partecipare alla supervisione del girato in fase di post-produzione, per dare consigli sui raccordi ai montatori e garantire una certa continuità visiva al lungometraggio.
Per quanto riguarda l’aspetto formativo, un direttore della fotografia deve avere una solida educazione tecnica e fare tanta esperienza sul campo. Non mancano accademie e corsi presenti in Italia per acquisire tali competenze tecniche come il Centro sperimentale di Fotografia di Roma, l’Accademia Nazionale del Cinema di Bologna o l’Accademia di Cinema Griffith.

Questo articolo è stato scritto da:

Sal Guida, Redattore