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Il mestiere del costumista è uno dei più antichi del mondo dello spettacolo. Già nel teatro greco alcuni tragediografi si interessarono ai costumi come una “seconda pelle” degli attori, un tessuto che richiama l’ambientazione temporale e il contesto in cui si collocano gli eventi, inserendo lo spettatore nello spazio e nel tempo dell’opera rappresentata.

Questa professione assume sempre più importanza con il cinema classico hollywoodiano: i costumisti non solo creavano i vestiti di scena, ma spesso riuscivano a cambiare l’immagine di alcuni tra i più famosi attori e attrici del momento, concorrendo a un cambio radicale anche nel mondo della moda.

Così si affermarono le prime immagini divistiche, i primi volti osannati dal pubblico degli anni trenta, quaranta e cinquanta, intenzionato ad imitare le star, a seguire queste prime tendenze della moda borghese, fino all’affermazione di una propria identità.

Il costume, in primo luogo, è determinato dalla sceneggiatura, dunque deriva dall’idea di qualcun altro. Bisogna però saper cogliere le sfumature e i dettagli presenti nel testo e renderli reali, mediante l’immagine che si visualizza. Solitamente, i colori o alcuni degli altri elementi fondamentali del costume non sono presenti in sceneggiatura, sarà dunque il costumista a definirne lo stile finale, accordandosi con il regista rispetto al carattere psicologico dei personaggi. Un determinato outfit o look del personaggio definisce, infatti, anche la sua personalità, rendendolo iconico e facendone un’immagine mitica, in grado di poter entrare nell’immaginario collettivo.

Dunque immergersi in un mondo diverso dal proprio così come nella psiche altrui, una duplice funzione per niente facile da cogliere.

Edith Head e Audrey Hepburn

La fase preliminare è dunque la lettura del copione, a cui segue il disegno. Non sempre i costumisti sono ottimi disegnatori, ma sicuramente questo può rivelarsi un grande vantaggio in modo tale da avere maggiore libertà di manovra. Alcuni costumisti, invece, preferiscono affiancarsi a bravi disegnatori. Ciò può portare ad ottime collaborazioni ma anche a molte incomprensioni

Altrettanto importanti sono le documentazioni da raccogliere: dopo un primo  confronto con regista e produttore, si realizzano i cosiddetti “Moodboard”, una raccolta di immagini su uno stesso foglio, una sorta di collage, per avere un’idea dei materiali e tagli da utilizzare.

Una grandissima fonte di ispirazione per i costumisti sono le arti figurative, dunque pittura, scultura, fotografia, dalla più antica alla più distopica, così da avere un’idea della resa, o anche semplicemente un appiglio per poter poi sviluppare ciò che ne conseguirà.

Lo spettatore è portato a pensare che i costumi contemporanei siano più semplici di quelli d’epoca ma, al contrario, un costume moderno è spesso più complicato da cogliere. Un costumista deve avere una grande capacità di osservazione, poiché i “costumi” e le tendenze cambiano ogni 3 anni circa, alle volte anche di anno in anno, quindi bisogna capire quale sarà il taglio più adeguato da dare al personaggio. Nel caso di un costume storico, invece, basterà attenersi a delle fonti e realizzare dei costumi correlati allo status sociale e al gender di riferimento, ciò ovviamente non vuol dire che il lavoro sia da meno, ma che sicuramente ci sono più linee guida da seguire e meno rischi di cadere in un errore.

Esistono tantissime scuole di moda e costume in Italia. Già durante l’età adolescenziale ragazze e ragazzi intenzionati a rendere questa loro passione un lavoro vero e proprio, possono frequentare un liceo artistico orientato al costume, proseguendo poi gli studi presso accademie, tra cui il centro sperimentale di cinematografia, che tra i suoi insegnante si avvale moltissimi professionisti del settore, collaboratori di premi oscar del passato e del presente. Non mancano, dunque, le possibilità per chi vuole addentrarsi nel settore.

In conclusione, lo spettatore dovrebbe elogiare tale professione che, già dalla fine degli anni quaranta, prevede un riconoscimento con la famosa statuetta d’oro assegnata dall’Academy. È, dunque, più corretto vedere i costumi non come oggetti di scena secondari ma primari, spesso fondamentali, che, insieme all’interpretazione dell’attore, creano delle vere icone in grado di lasciare il segno nella storia della cinema ma anche della moda.

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Sal Guida, Redattore