Regista, attore, sceneggiatore, paroliere, commediografo, conduttore radiofonico e televisivo: era tutto questo Luciano Salce, eclettico autore romano che, tuttavia, è stato condannato per decenni a un inspiegabile oblio. Regista di film di culto, da Fantozzi (1975) a Il sindacalista (1972), da L’anatra all’arancia (1975) a Vieni avanti cretino (1982): a cento anni dalla nascita, è doveroso ricordare e riscoprire un poliedrico artista che ha lasciato un marchio indelebile nella cultura italiana

PILANTRA O L’UOMO DALLA BOCCA STORTA

Certamente la produzione più nota di Luciano Salce è quella cinematografica. I primi due film, Uma Pulga na Balança (1953) e Floradas na serra (1954), sono realizzati durante un periodo lavorativo in Brasile, successivo una lunga gavetta teatrale al fianco di Luchino Visconti, Giorgio Strehler e Orazio Costa. Qualche anno più tardi, nel 1958, inizia a collaborare con la Rai, divenendo presto autore e conduttore radiotelevisivo. L’aspetto marcatamente poliedrico di Salce si esplica, dunque, sin dai primi anni del suo debutto artistico: e nel suo eclettismo, diversi sono gli appellativi che acquisisce nel mondo dell’avanspettacolo. Il più noto è L’uomo dalla bocca storta, riferito alla conformazione del volto di Salce: nel 2009, tale soprannome diventa il titolo del documentario dedicato alla vita dell’autore, il quale si concentra, in particolare, intorno alla sua attività come cabarettista e personaggio di spettacolo. 

Ma anche nell’ambiente musicale Salce riesce a lasciare il segno. Nel corso degli anni Sessanta, l’autore è Pilantra, nom de plume portoghese che significa, letteralmente, “mascalzone”. Firma pochi testi, canzoni solo per alcuni suoi film, come La voglia matta (1962) e La cuccagna (1962). È paroliere per Gianni Morandi per la piccola hit Go-kart Twist; il suo nome appare in calce ad alcune canzoni musicate da Ennio Morricone. Eppure, l’attività del “misterioso” Pilantra è rimasta a lungo sommersa.

RAGIONIERI, MEDICI DELLA MUTUA, ANATRE ALL’ARANCIA E COLPI DI STATO

La filmografia di Luciano Salce conta più di trenta titoli, compresi fra il 1953 e il 1988: il suo genere d’elezione è la commedia. In seno a una irriverente vena goliardica, l’autore romano è stato un acuto osservatore dell’Italia del boom economico, capace di restituire, in termini sarcastici sino al limite del grottesco, le contraddizioni del Belpaese. Il caso più evidente è di sicuro l’anti-epica del Ragionier Ugo Fantozzi, raccontata da Salce nel primo e secondo capitolo della serie di film basati sui romanzi di Paolo Villaggio. La classe media viene graffiata e ridicolizzata, ritratta con toni impietosi: lo spettatore ride delle tragedie di Fantozzi, pur cosciente di come la maschera di Villaggio sia specchio della propria condizione. 

Ancor prima di Fantozzi, Luciano Salce si mostra capace di ridicolizzare il potere illusorio dei medici della mutua con Il prof. dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue (1969), sequel del film diretto da Luigi Zampa. Più tardi, nel 1975, dirige Monica Vitti e Ugo Tognazzi in L’anatra all’arancia, satira che colpisce la classe medio-borghese e il gioco del matrimonio. La vena irriverente di Luciano Salce è inarrestabile. Eppure, come mai l’inspiegabile damnatio memoriae?

Nel 1968, l’eclettico autore romano dirige Colpo di stato, lungometraggio con protagonisti Steffen Zacharias, Amedeo Merli e Salce stesso. Ambientato tre anni nel futuro rispetto alla distribuzione della pellicola, il film è ascrivibile entro l’allora oscuro genere della fantapolitica: nel 1972, in seguito alle elezioni in Italia, la vittoria della Democrazia Cristiana pare scontata; eppure, un calcolatore elettronico di ultima generazione dichiara la vittoria del Partito Comunista Italiano. La palese attualità della pellicola e la spietata vena grottesca sono i due fattori che bollano il film come “scomodo” per la politica di allora. Scarsa distribuzione cinematografica e recensioni degradanti della schiera di critici militanti, sia di destra che di sinistra: Colpo di stato viene presto dimenticato; attualmente esiste una sola copia che raramente viene proiettata nelle sale. L’ultima apparizione si registra nell’ambito della rassegna Storia segreta del cinema italiano – Italian Kings of the B’s, durante la 61ma edizione del Festival di Venezia. 

L’IRONIA E’ UNA COSA SERIA

Ci sarebbe molto da discorrere in merito alla figura di Luciano Salce, da tanti punti di vista quali sono stati gli ambiti in cui si è distinto. Certa rimane la sua importanza nella storia culturale italiana: fondamentale è dunque restituire dignità all’opera del Pilantra e continuare a parlare di un autore unico ed eclettico come pochi. Parte di questa operazione è già stata avviata dal figlio Emanuele Salce, curatore, insieme allo studioso Andrea Pergolari, della Luciano Salce – L’ironia è una cosa seria ospitata presso Villa Giulia a Roma. Un’operazione che, in occasione del centenario dalla nascita di Luciano Salce, che tenta di riportare i riflettori sull’opera omnia dell’autore, al fine di far riaffiorare la sua figura da un ingiusto oblio.

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Shannon Magri, Redattrice