“Sono gli interessi, e non le idee, a dominare immediatamente l’agire dell’uomo.
Ma le «concezioni del mondo», create dalle «idee», hanno spesso determinato i binari lungo i quali la dinamica degli interessi ha mosso tale attività”.

Max Weber 

Negli ultimi 200 anni figure come Henry Ford, Steve Jobs, Mark Zuckerberg o Jeff Bezos hanno contribuito a creare il mito del Self-made Man, ovvero l’uomo che partendo da zero e contando solamente sulle proprie capacità imprenditoriali, riesce a costruirsi la propria fortuna.  Questo concetto è talmente radicato nella cultura moderna che oggi i grandi miliardari vengono dipinti come eroi geniali e presi a modello da milioni di persone che sognano una scalata simile verso ricchezze e potere.

Ma cosa succede quando questo ideale, di per sé è positivo che spinge ognuno a dare il meglio di sè e a ricercare la propria chance, viene portato all’estremo?

Un’ottima risposta a questa domanda si può trovare nel film del 2014 di Dan Gilroy Nightcrawler – Lo Sciacallo e soprattutto nel protagonista Louis Bloom, ovvero la perfetta rappresentazione della deriva capitalistica moderna. Lou, infatti, è un uomo comune che basa la propria esistenza su una convinzione molto semplice e che viene esposta già nelle primissime scene, ovvero “Se vuoi vincere alla lotteria guadagnati i soldi per il biglietto”. In altre parole egli crede che il successo arrivi per chi merita il successo stesso, per chi, lavorando sodo, cerca tenacemente di conseguire le proprie ambizioni.

Questa concezione della vita, però, porta con sé una visione estremamente distorta del mondo. In  una realtà nella quale la realizzazione economica-sociale è l’unico vero metro di giudizio per misurare il valore di un Individuo, allora il mezzo con cui si ottiene il risultato diventa ininfluente. In tal senso Lou, come chiunque altro, è libero di costruirsi i propri principi secondo l’opinione personale, interpretando così il mondo secondo una coscienza individuale self-made, piuttosto che su un insieme di regole morali universali.

Il protagonista, quindi, ha la possibilità di marcare i propri limiti dove meglio crede ed è evidente che per Lou questi limiti non esistano. La totale mancanza di etica è una delle caratteristiche fondamentali del personaggio, che risulta quindi essere una persona amorale piuttosto che immorale: vivendo una realtà che si basa esclusivamente su principi individuali, infatti, egli non considera le proprie azioni come ingiuste o cattive, bensì giustificate rispetto alla scala di valori che si è dato. Emblematica in questo senso è la scena in cui Lou dice “Io non ho fatto niente che si possa definire sbagliato” sottolineando come la sua valutazione personale del Bene e del Male sia più importante di una ipotetica legge universale e come, in questo senso, egli non abbia nulla da rimproverarsi.

Oltre a ciò, è importante notare come il personaggio interpretato da Jake Gyllenhaal sia una persona estremamente analitica e, a modo suo, intelligente. Lou, infatti, ha costantemente una visione quasi scientifica della realtà: egli è sempre consapevole che vivere in un contesto così fortemente capitalistico significa dover combattere ogni giorno una lotta per la sopravvivenza e, in quest’ottica, tutto per lui diventa opportunità oppure ostacolo.

La morte del suo assistente ad esempio, seguendo questo ragionamento, risulta essere il punto più alto e più perfetto della parabola imprenditoriale di Lou. In una mossa sola, infatti, Bloom riesce ad eliminare un pericolo che avrebbe potuto danneggiarlo, liberandosi di un possibile futuro concorrente, e si crea una possibilità di guadagno sicura e sostanziosa. Il fatto che, per ottenere ciò, abbia dovuto uccidere a sangue freddo la persona con cui ha lavorato fin dal primo giorno e che lo ha supportato nella sua scalata professionale è totalmente ininfluente agli occhi del protagonista, convinto che, nella sua posizione, sia necessario scegliere se mangiare o essere mangiati, in quanto solo il più forte e il più adatto sopravvive.

Se all’inizio del film Louis appare come un uomo sicuramente strano, ma abbastanza comune, alla fine della pellicola diventa chiaro come egli sia in realtà un sociopatico. La totale mancanza di empatia, l’odio verso le altre persone (egli stesso dice “Se il mio problema non fosse che non capisco la gente ma che non mi piace la gente?”) e la totale noncuranza verso la vita umana, sono tutti indicatori di una condizione mentale instabile e patologica.

La critica alla visione distorta della società capitalistica diventa qui estremamente evidente: nonostante Lou sia, infatti, pericoloso e fuori controllo, agli occhi di tutti diventa un eroe, un modello da seguire e a cui ispirarsi per raggiungere il successo, come dice Nina “Penso che Lou ci stia ispirando tutti a fare del nostro meglio”.

Egli diventa un ingranaggio perfetto della grande macchina del Capitalismo, un animale che ha vinto la lotta per la sopravvivenza adattandosi ai valori malsani del sistema in cui vive e che li ha fatti i principi fondamentali della propria vita.

E chissà che dietro ai grandi miliardari di oggi, ai Self-made Men idolatrati dalla cultura occidentale, non si nascondano storie di sciacalli e di carcasse simili a quelle di Louis Bloom…

Questo articolo è stato scritto da:

Alessandro Catana, Redattore