L’Istituto Luce e la propaganda del regime 

Nato ufficialmente nel 1924 originariamente con scopi educativi, l’Istituto Luce ha ben presto suscitato l’interesse di Benito Mussolini che, conscio delle sue potenzialità divulgative, lo ha trasformato nell’organo primario di informazione, comunicazione e propaganda del regime. Mussolini è stato, infatti, uno dei primi uomini politici ad aver compreso la potenzialità divulgativa del linguaggio cinematografico, che è universale e immediato in quanto costituito da immagini in movimento. Per tale ragione, l’Istituto Luce è stato un’arma di propaganda di straordinaria importanza attraverso la quale il fascismo ha ottenuto larghi consensi. Grazie ai documenti del Luce siamo in grado farci un’idea di come funzionasse l’operazione di propaganda politica del fascismo attraverso l’analisi delle strategie comunicative da esso impiegate. Il fascismo riuscì, infatti, a raccogliere consensi anche grazie all’operazione di propaganda portata avanti attraverso i documentari, i film e soprattutto i giornali del Luce, che contribuirono a costruire un “monumento celebrativo per immagini del Duce, delle sue imprese e di Roma”. Il Luce si pose al servizio del regime e di Mussolini divenendo il cantore visivo delle sue gesta dal momento che, come sottolinea Lando Ferretti a proposito dei cinegiornali,

“dalle loro immagini, dai loro suoni si sprigiona una forza di suggestione che crea il mezzo più potente di propaganda, d’elevazione sociale, di conquista spirituale per le masse.”

In particolare, le parate e le cerimonie pubbliche sono state uno dei soggetti di punta dell’opera di propaganda condotta dall’Istituto Luce. Questi eventi erano costruiti in modo coreografico per poter restituire una certa immagine dell’Italia fascista e della Roma di Mussolini, che divenne uno degli scenari privilegiati in quanto capitale del regime. I cinegiornali, dunque, cooperarono con i coreografi per creare uno spettacolo che trasmettesse i valori del fascismo ai paesi esteri, ma anche agli italiani stessi. Questi filmati ci mostrano, infatti, i costumi degli italiani del tempo, ci fanno assaporare le strade, la quotidianità, gli edifici dell’epoca. Per fare ciò, furono sfruttati non solo l’obiettivo della macchina da presa, ma anche specifiche operazioni di montaggio e una messa in scena delle sequenze e delle inquadrature altamente costruita. I cinegiornali Luce contribuirono, quindi, a plasmare e a costruire l’immagine stessa dell’Italia fascista, ma anche la personalità pubblica del Duce. A tal proposito, Mussolini visionava con molta attenzione i documentari realizzati in Italia e previsti per l’estero, al fine di controllare personalmente l’immagine che sarebbe stata data al Paese; più di una volta si è persino opposto all’esportazione di alcuni di essi. 

I Cinegiornali Luce 

Il primo cinegiornale Luce venne realizzato nel giugno del 1927, ma già nel 1925 gli operatori della Cineteca del Comune di Roma avevano cominciato a riprendere i principali avvenimenti romani per poi raccoglierli nella Rivista Cinematografica. I Cinegiornali erano dei filmati dalla durata che oscillava dai pochi secondi sino ai dieci minuti. Questi diffondevano principalmente dei servizi audiovisivi sull’attualità e sulla politica nazionale del regime. I primi erano muti e accompagnati da didascalie esplicative, ma successivamente divennero dei veri e propri giornali parlanti grazie all’avvento del sonoro, diffusosi in Italia agli inizi degli anni Trenta. In seguito al decreto legge n. 1000 del 3 aprile 1926, dal titolo Provvedimenti per la propaganda a mezzo del cinematografo, venne resa obbligatoria la programmazione nelle sale cinematografiche dei filmati del Luce. Tale provvedimento rafforzò ulteriormente il ruolo dell’Istituto all’interno dell’operazione di propaganda del regime. Dal 1927 sino al 1932 il Luce realizzò ben 4.043 servizi, nei quali si filtravano anche le notizie provenienti dagli altri paesi accanto alla cronaca di regime. Caratteristica peculiare dei Cinegiornali Luce era la finalità specificatamente propagandistica, alla quale si accompagnava l’enfasi sulle imprese di regime. La retorica del regime resta sempre e comunque il principale motivo ispiratore del cinema Luce, ma per la prima volta il documentario diventa una fonte storica per illustrare la vita e la storia del nostro paese. Durante il regime, i filmati Luce sono stati agenti e prodotti stessi della macchina di propaganda fascista e adesso possiedono, invece, un valore straordinario in quanto fonti storiche dirette poiché ci consentono di studiare l’immagine che il regime voleva proiettare di sé stesso all’interno dei confini nazionali, ma anche all’esterno. 

I miti, i riti e le tradizioni del fascismo attraverso l’obiettivo del Luce

Come sottolineato in precedenza, i filmati si concentravano principalmente su eventi singoli, soprattutto imprese coloniali, cerimonie e manifestazioni pubbliche che potessero mostrare la “grandiosità” del fascismo. I soggetti privilegiati non erano, quindi, eventi di cronaca o di informazione, ma gli spazi urbani, i monumenti, i riti, i miti e le tradizioni locali. Per poter meglio traslare sullo schermo l’atmosfera delle immagini, i filmati del Luce venivano realizzati in presa diretta da una troupe di esperti grazie alle straordinarie tecnologie possedute dall’Istituto. Successivamente e prima della loro diffusione venivano attentamente visionati da Mussolini. 

Con l’entrata in guerra dell’Italia, l’Istituto Luce si adeguò all’emergenza politica incrementando la produzione di opere audiovisive di propaganda. I cinegiornali negli anni della guerra cambiarono stile: a cominciare dalla sigla di apertura che adotta l’effigie della lupa romana con i piccoli Figli della lupa che marciano sullo sfondo suonando tamburi.

Accanto ai servizi precedenti, che riguardavano tematiche sportive, agricole e celebrative, i nuovi Cinegiornali Luce portarono sullo schermo gli addestramenti militari di terra, aria e mare accompagnati a immagini dal fronte interno, in Africa e in Europa Orientale. In questo periodo turbolento, i Cinegiornali piegarono totalmente il realismo delle vicende alle finalità del regime. I filmati finsero di informare presentando immagini di scontri armati e di morte come imprese eroiche. A ciò si accompagnava l’uso di quei simboli propri del regime che tanto si rifacevano al mitico passato del grande impero romano. Si parla di informazione attraverso la disinformazione, dal momento che tali filmati si proponevano di oscurare la debolezza, la fragilità, le ferite di guerra, la sofferenza umana per mettere in scena, al contrario, la forza, l’eroismo, l’arditismo e il patriottismo fascista. 

L’informazione venne, dunque, piegata totalmente alla logica della manipolazione, spesso azzerando il confine tra la finzione e la realtà oppure distorcendo quest’ultima attraverso tecniche di montaggio, inquadrature edulcorate ed espedienti comunicativi. Questi filmati restituirono, infatti, l’immagine che il fascismo voleva dare e far passare di sé. Un’immagine che spesso non aderiva alla realtà dei fatti, ma che molto raccontava dell’Italia di quel tempo.

L’immagine divistica di Mussolini 

Oltre alla ripresa di eventi e cerimonie, i cinegiornali si occuparono di celebrare la figura di Mussolini. Di mussolinismo sono, infatti, impregnati i filmati del Luce. Come fa notare M. Cardillo: 

Da una gran parte di essi emerge il prestigiatore e la sua grande maestria, emergono le sue armi, efficacissime per il periodo: la parola secca come la voce ma al contempo suadente e carezzevole, e il gesto che l’accompagna, l’orchestra e non infrequentemente la sostituisce. 

I Cinegiornali del Luce contribuirono a creare l’immagine divistica di Mussolini attraverso la rappresentazione del duce come di un padre premuroso e di un uomo comune, al tempo stesso virile, atletico, energico e mai ozioso. I Giornali Luce del Ventennio non si occuparono di diffondere esclusivamente immagini del conflitto o delle tradizioni e dei simboli del regime, ma anche modelli di comportamento cui l’uomo fascista poteva ispirarsi ed emulare. A tal proposito scrive ancora M. Cardillo nel suo saggio Il duce in moviola. Politica e divismo nei cinegiornali e documentari Luce

[I Cinegiornali Luce] offrivano un modello eccezionale e captante da imitare. L’imitazione del modello mussoliniano esaltava in quei tempi gli adulti che erano accanto a me. Rassomigliare al Duce negli atteggiamenti, nel modo di parlare, perfino nelle pause del discorso, nell’accento metallico della voce era quanto di più un italiano potesse ambire in quei tempi. 

I Giornali Luce furono il materiale essenziale nell’educazione della gioventù littoria. Lo sport divenne una delle tematiche impiegate dal regime per consolidare il mito fascista e ancor più per spronare i giovani fascisti ad impegnarsi attivamente in tali attività così da crescere poderosi nel fisico e spartani nell’animo gareggiando nell’equitazione, nella piscina, nel salto, nella corsa, nelle regate, sulla neve, nel volo a vela e nell’aeromodellismo, nello sciare e nel pattinaggio su ghiaccio. Per fare ciò, vennero realizzati decine di filmati che vedevano il Duce impegnato attivamente in discipline sportive come l’equitazione, il nuoto e la scherma. Queste immagini consolidarono l’idea che Mussolini non si abbandonava mai all’ozio, neppure nei momenti di riposo dal lavoro quotidiano. Il corpo del fascista, dichiarò Mussolini, doveva diventare “un motore sorvegliato e controllato che marcia con assoluta regolarità”. L’allenamento costante e preciso avrebbe garantito l’assoluto controllo del proprio materiale psicofisico. Per tale ragione, la disciplina sportiva divenne un carattere imprescindibile per la corretta formazione del fascista, oltre che una delle tematiche principali dei filmati Luce. All’Opera Nazionale Balilla venne affidato il delicato compito di educare i giovani all’insegna del cameratismo, del culto di regime e della cura del proprio organismo. Tale operazione propagandistica avvenne anche attraverso i cinegiornali, di cui l’Istituto Luce fu il principale artefice. In questo senso il mezzo cinematografico ha conferito ulteriore concretezza al mito dell’Impero fascista e dell’uomo nuovo. 

L’Istituto Luce e la costruzione dell’Impero fascista 

Accompagnato dall’azione mediatica dell’Istituto Luce, il regime riuscì, quindi, a rimodellare la fisionomia del Paese sia da un punto di vista estetico che da un punto di vista morale. Roma divenne la fucina ideale dove costruire e plasmare la nuova identità dell’impero fascista attraverso nuove opere urbanistiche, simboli, rituali e i cinegiornali Luce. L’Istituto Luce, dunque, ha adeguato la propria produzione alla vita nazionale celebrando le gesta e le opere del regime. Per tale ragione, i cinegiornali sono delle fonti storiche di grande importanza poiché offrono la possibilità di studiare un’epoca e un personaggio ma anche differenti sistemi di comunicazione nazionalpopolare. 

A tal proposito Lando Ferretti scrisse sulla rivista Lo Schermo nel luglio del ’36: 

Arduo compito, dunque, quello di chi è chiamato, col preparar documentari, a qualcosa di diverso e più alto che non sia il mettere su un film a intreccio romanzesco: la creazione delle “fonti” delle future storie […]. Letto sul giornale, udito dalla radio, il fatto o il commento al fatto arriva all’anima sempre e soltanto attraverso un senso solo. Manca in queste due forme di diffusione delle notizie quella icastica e completa rappresentazione della realtà, quella persuasiva evidenza che dà, invece, lo schermo con le sue luci, i suoi gridi, la sua atmosfera ardente di verità. Aggiungasi che il documentario può disporre, se abilmente ripreso e montato da un tecnico, di tali effetti onde, pur nel rispetto delle cose, degli uomini e degli eventi reali, la sua forza di penetrazione può ingigantirsi fin quasi a toccare la magica suggestione dell’arte. 

In conclusione, il cinegiornale, a differenza di molti altri media, parla con un linguaggio suggestivo, avvincente, persuasivo e universale in grado di creare un’opinione pubblica, di esaltare le folle con imprese grandiose ma anche attraverso immagini cariche di emotività e tematiche popolari in grado di avvicinarsi al popolo e alla sua quotidianità. L’Istituto Luce ha raccontato un difficile capitolo della storia del nostro paese e oggi, grazie alle sue pellicole, ci consente di scorgere il volto della Roma e dell’Italia fascista: un volto artificiale, edulcorato dal regime ma non per questo meno reale. 

 

Questo articolo è stato scritto da:

Benedetta Lucidi, Redattrice