Nel 2011 George Clooney si cimentò alla sua quarta regia cinematografica con Le idi di marzo, adattamento di un’opera teatrale basata sulla corsa alle primarie democratiche degli Stati Uniti. Un attore che passa dietro la macchina da presa rischia di strafare senza arrivare da nessuna parte: non è il caso di Clooney, burattinaio di un thriller politico che svolge bene la trasposizione teatrale e conduce con criterio un’infilzata di attori in ottima forma.
George Clooney è il candidato, Ryan Gosling è il responsabile della sua campagna elettorale: ha appena trent’anni ma ne sa più di chiunque altro nell’ambiente, è affascinante e brillante, la vera macchina della propaganda, eppure inesorabilmente idealista. Almeno finché non si fa convincere ad incontrare il suo avversario, ossia il responsabile per il candidato opposto, il grottesco e macchinoso Paul Giamatti (che era bravo già prima di Holdovers, per chi non lo conoscesse).
Ho sposato la campagna, governatore
Sorkinescamente, passano in rassegna tutte le tematiche care alle presidenziali americane: sondaggi, risorse energetiche, armi da fuoco, diritti civili, stagisti, compromessi. Ma Le idi di marzo non è solo un film sulle campagne elettorali, è un thriller di armi affilate e colpi imprevedibili. E il merito va al regista Mr. Clooney, che orchestra un saliscendi di plot twist con ritmo lento ma costante e scandito da dialoghi rapidi e in ripetuto richiamo reciproco.
C’è spazio per qualche tocco registico semplice ma memorabile: l’incipit che si corrompe nel finale, e due piccole ombre davanti ad una grande bandiera statunitense, cioè le minute meschinità che controllano l’ascesa dell’uomo più potente al mondo (richiamando la campagna politica di Citizen Kane). Già dal suo primo film Good Night, and Good Luck, George Clooney dimostrava d’intendere la regia come impegno civile, una sorta di commento sulla politica statunitense di tutti i tempi, e qua si veste addirittura da candidato per narrarne dall’interno le incongruità.
Non hai fatto un errore, hai fatto una scelta
“Non puoi sbagliare, perché sei fuori subito”: questa frase si adegua bene a quasi tutti i personaggi della storia, e la pronuncia proprio Ryan Gosling che ne è la vittima maggiore, emergendo dall’oscurità mentre compie il primo passo illecito, il principio del suo sordido manovrare. Il protagonista raccoglie e si annerisce filtrando le maledizioni di una classe politica apparentemente pulita e dignitosa e nella realtà crudele ed amorale.
La matrice, palese sin dal titolo, è la grande tragedia shakespeariana, declinata alla contemporaneità, dove “si può andare in guerra o mandare una nazione in bancarotta ma non si può scopare con una stagista”. Cambiano le cornici e i valori, permangono i ruoli, gli intrighi e i complotti. Tra le scene iniziali risuona We’ll meet Again, la stessa canzone eseguita da Vera Lynn nel finale del Dottor Stranamore: anche qui c’è la guerra fra tutti gli uomini del (candidato) presidente.
Così questo mondo si rivela per quel che è, porcate dei repubblicani e necessariamente anche dei democratici, un marcio che alimenta la caduta di Ryan Gosling e la sua minaccia di portarsi dietro tutti verso il fondo. Per tornare a galla, è disposto a qualsiasi cosa: il potere logora, soprattutto chi l’ha perduto. E trasforma anche il migliore idealista in uno spietato e cinico politicante.
Le Idi di marzo è disponibile su Rai Play.
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