Superata la settimana di Sanremo, la programmazione RAI riprende col botto: infatti, oggi saranno trasmesse, dopo essere state rilasciate su Rai Play due giorni fa, le prime due puntate della nuova stagione de L’amica geniale, serie tratta dal ciclo di romanzi della misteriosa autrice Elena Ferrante.
I romanzi, ambientati in un ampio lasso di tempo che copre sei decenni (dai primi anni ‘50 al 2010) raccontano le vite di due amiche, Lenù (Elena) e Lila (Raffaella), napoletane di nascita. Le loro traiettorie di vita divergono totalmente già a partire dalla prima adolescenza, nel momento in cui a Lenù viene concesso di continuare a studiare e Lila deve, invece, iniziare a rendersi utile nell’attività di famiglia, sprecando una straordinaria intelligenza. Lenù ripercorre la storia del suo rapporto conflittuale con la figura quasi mitica di Lila, e le loro vite parallele, in un afflato epico degno dei migliori drammi generazionali.
I romanzi hanno avuto un successo immenso, non solo in Italia ma a livello globale, con 10 milioni di copie vendute in 40 paesi. Ad oggi i quattro romanzi delle Neapolitan Novels (così sono chiamati all’estero) sono i lavori più famosi di Ferrante, e hanno contribuito a dare più visibilità anche ai precedenti libri dell’autrice, la quale pubblica sotto pseudonimo dal 1992, anno di uscita del suo romanzo d’esordio L’amore molesto. Esistono, soprattutto nelle università anglofone, interi corsi dedicati allo studio dei suoi scritti.
Parte di questo amore all’estero viene probabilmente da diversi elementi che rendono la lettura de L’amica geniale particolarmente utile per conoscere e capire l’Italia: la serie intreccia sapientemente le vicende delle sue protagoniste a quelle del nostro paese, raccontandoci attraverso gli occhi di entrambe eventi fondamentali come i moti comunisti e femministi e gli anni di piombo. Oltre a ciò, è uno spaccato vivido, allo stesso tempo splendente e crudele, di Napoli e del rione in cui si svolge buona parte della serie, dipinto come immobile nel trascorrere degli anni, sottoposto alle leggi violente di una società ancora fortemente patriarcale e attraversato da una piaga che, col procedere dei romanzi, diventa sempre più pervasiva: la mafia. Altre città italiane vengono inoltre descritte nel trascorrere dei decenni, diversi ambienti culturali come quello della Normale di Pisa degli anni ‘60, o della Firenze colta degli anni ‘70, luoghi in cui Lenù si rifugia per scappare dal primitivismo della sua infanzia. Tuttavia, il richiamo del rione rimane sempre più forte, e Lenù si trova sempre a tornare ad esso… e a Lila.
Ai macro temi del tempo e dello spazio, Ferrante aggiunge altri micro temi: la letteratura e l’istruzione, visti come unici mezzi per scappare dal rione; i diversi tipi di intelligenza, rappresentati da Lenù, pratica di letteratura, e Lila, iper critica di una realtà corrotta. Ma soprattutto, ciò che interessa all’autrice è la donna, in tutte le sue diverse condizioni: la donna nell’ambiente accademico e le sue difficoltà nell’affermarsi a fianco dei colleghi maschi; la donna vittima di violenza; la donna incapace di provare piacere nella vita domestica; la donna impegnata nella lotta per i propri diritti; la donna stuprata, la donna vittima di calunnie, la donna rovinata da uno scandalo. Nel rione, l’affermazione del sé è difficile, e quasi tutti i personaggi maschili si fanno più o meno consciamente prosecutori di un sistema che vuole la donna moglie perfetta, madre perfetta e vittima perfetta.
I libri della Ferrante hanno attirato l’attenzione di diversi registi, anche stranieri. È il caso di Maggie Gyllenhaal, che ha adattato per il suo debutto alla regia La figlia oscura. Ad oggi sembra che Netflix abbia in programma una serie basata su La vita bugiarda degli adulti, e prima dell’allontanamento dal progetto da parte della protagonista, Natalie Portman, era in programma un adattamento de I giorni dell’abbandono.
Curiosamente, visto il team prevalentemente italiano che lavora alle sue spalle (attori, registi e sceneggiatori tutti italiani), anche L’amica geniale è un progetto che nasce dall’estero. Infatti la serie è stata creata non solo per la RAI e il servizio di streaming TIMvision (il quale si è ritirato dopo la prima stagione dall’accordo), ma anche per il network HBO. Sì, proprio quello di Game of Thrones.
Alla regia delle prime due stagioni, che adattavano la prima metà della quadrilogia di romanzi, c’è stato Saverio Costanzo, regista de La solitudine dei numeri primi e della serie In treatment, con una piccola “intromissione” di Alice Rohrwacher per due episodi della seconda stagione (a mio umile giudizio, due dei migliori).
Il cast è composto principalmente da attori alle prime armi o non particolarmente conosciuti, con tantissimi giovani interpreti napoletani al primo ruolo per dare vita al variegato gruppo di amici che circonda Lila e Lenù (solo alcuni nomi degni di nota: Giovanni Amura, Francesco Serpico, Eduardo Scarpetta, Giovanni Buselli e Rosaria Langellotto). Nella parte delle due protagoniste, due giovani che sono diventate note: Margherita Mazzucco (Lenù) e Gaia Girace (Lila), da molti considerata la vera rivelazione dello show. Per le prime due puntate della serie, le due sono state interpretate dalle attrici bambine Elisa Del Genio e Ludovica Nasti rispettivamente. Il lavoro di casting si è dimostrato egregio, in quanto le somiglianze con le loro controparti adolescenti è davvero impressionante. Lo stesso discorso, ad ogni modo, vale per ogni membro dell’immenso cast, ricco di personaggi che sembrano balzare direttamente fuori dalle pagine della Ferrante.
La fedeltà ai romanzi è uno degli innumerevoli elementi che rende questa serie un prodotto decisamente valido, se non eccellente: se gli eventi raccontati dall’autrice funzionano su carta, funzionano ugualmente riproposti sul piccolo schermo.
La penna della Ferrante non fa sconti a nessuno e non si spaventa nel parlare di temi controversi come il mancato rapporto affettivo tra madre e figlia, la forza schiacciante della famiglia e della sua eredità, l’assenza di piacere nel sesso, l’abuso. Soprattutto, la Ferrante non ha paura nel rovesciare le nostre aspettative e nel descriverci i lati più oscuri di personaggi, su cui potremmo cambiare radicalmente idea nel passaggio da un volume all’altro. La stessa Lenù, la voce narrante che seguiamo per tutti e quattro i libri, è un personaggio moralmente ambiguo, che fa spesso scelte con cui i lettori potrebbero trovarsi in totale disaccordo.
L’amica geniale si è dimostrata, sin dalla primissima puntata, non impaurita all’idea di mostrare ciò che c’è di più violento e “sconveniente” nel testo dell’autrice, con una scena che mostra la defenestrazione della piccola Lila ad opera di suo padre, durante una lite. La crudezza di elementi presenti nei romanzi risulta ancora più intensa in forma visiva che non scritta, tanto che in RAI una scena particolarmente forte è stata prontamente censurata (è stata invece trasmessa in chiaro sulla HBO: evidentemente dopo Game of Thrones nessuno si sorprende più di nulla).
Rispetto ai romanzi di Ferrante, scritti in una prosa principalmente italiana, riflettendo l’educazione di Lenù, la serie vira invece maggiormente sull’uso del dialetto napoletano (con sottotitoli). Questa scelta permette non solo di entrare di più nella storia e nell’atmosfera generale, ma anche di sviluppare uno dei temi principali della serie: la disparità nell’istruzione. Solitamente, i personaggi che fanno maggior uso del dialetto sono anche i meno istruiti. Il napoletano si usa in contesti informali, familiari, e ha una forza corrosiva adatta alle realtà più scomode della vita; l’italiano è riservato a situazioni istituzionali, alla scuola, alle conversazioni dotte (ma sterili). Con questo piccolo accorgimento L’amica geniale fotografa la situazione di un’Italia all’alba di una rivoluzione culturale, ma in cui la maggioranza della popolazione è ancora troppo incolta per comprenderla.
Altrettanto degna di nota la ricostruzione della Napoli degli anni ‘60, dove sono ambientate le prime due stagioni. Il rione è stato ricreato a Caserta, in un set di sette ettari (compresi teatri di posa). Molti degli oggetti di scena sono inoltre d’epoca. Ulteriore dettaglio che rivela la cura della messa in scena: la sigla della seconda e della terza stagione è stata realizzata con una cinepresa Super 8, prodotto della Kodak datato 1965 usato principalmente da operatori dilettanti.
Manca l’idealizzazione che spesso si mette in atto in queste storie d’epoca: le case delle protagoniste sono sporche e malandate, il rione grigio. Le uniche puntate che sfruttano la bellezza di Napoli sono quelle ambientate lontano dal quartiere principale, come ad esempio gli episodi di Ischia.
Degna di nota anche la colonna sonora, composta da un nome decisamente poco italiano: Max Richter, autore delle musiche di La chiave di Sara e Ad Astra. La colonna sonora di Richter contiene sia brani originali sia suoi pezzi precedentemente composti (uno dei più famosi è il remix di Primavera di Vivaldi). Si aggiungono inoltre canzoni italiane dell’epoca, che contribuiscono a ricreare l’atmosfera dell’Italia che fu. Piccola avvertenza: probabilmente avrete Vivere ancora di Gino Paoli in testa per diverso tempo.
La seconda stagione della serie, Storia del nuovo cognome, è andata in onda all’incirca due anni fa, e la produzione è entrata in un lungo hiatus a causa della pandemia tuttora in corso.
Questo lungo tempo d’attesa si è accompagnato ad alcuni cambiamenti che certamente alzeranno l’asticella delle aspettative per molti fan. In primis, da questa terza stagione, Storia di chi fugge e di chi resta, avremo un cambio alla regia: Saverio Costanzo, pur rimanendo alla sceneggiatura, ha passato lo scettro a Daniele Luchetti, regista di Mio fratello è figlio unico e Lacci, alla sua prima regia televisiva. Sono rimasti, invece, gli interpreti delle prime due stagioni, nonostante inizialmente si fosse pensato a un recasting, dal momento che nel terzo libro i personaggi dovrebbero arrivare più o meno ai 30 anni. Vedremo col trascorrere delle puntate se la scelta di vedere crescere gli interpreti su schermo si rivelerà vincente, o se non sarà possibile nascondere la loro giovinezza (il cast è molto variegato in termini di età, ma solo per fare un esempio emblematico: al momento Margherita Mazzucco ha 19 anni, Gaia Girace 18).
Vedremo se queste scelte pagheranno. Per ora, i commenti online a seguito dell’anteprima su Rai Play sono molto positivi. Si spera che anche il resto della stagione non deluda, riconfermando questa serie come la più… Geniale presente sul palinsesto RAI.
Lascia un po’ l’amaro in bocca, comunque, pensare che quello che è probabilmente il prodotto italiano migliore del momento non sia totalmente italiano. Forse ci conviene semplicemente goderci lo show, alzare le spalle e ringraziare L’amica geniale alla Stanis La Rochelle: “Thank you for being so not Italian”.
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