COME VENGONO GIRATI I FILM IN PELLICOLA NELL’ERA DIGITALE?
Dopo il lancio e l’affermazione delle cineprese digitali il mondo della pellicola cinematografica ha visto diminuire sempre più il numero di film girati in analogico, ma negli ultimi anni c’è stata una piccola rinascita di questo modo di fare cinema. Sono due le domande che dobbiamo porci: “Perché alcune produzioni decidono di usare la pellicola al posto del digitale?” e “Come viene girato un film a pellicola nell’era digitale?”
Prima di spiegare come viene girato un film in pellicola al giorno d’oggi è importante capire perché viene girato in quel modo. Il digitale offre numerosi vantaggi rispetto alla pellicola, come il fatto che risulti più economico, dia la possibilità di girare più a lungo senza dover pensare a sostituire i rulli delle pellicole, riduca la possibilità di errori nell’esporre correttamente la scena o, in fase di sviluppo, permetta di vedere sul momento il risultato, e tanti altri. Quando andiamo a vedere i vantaggi del girare in pellicola di solito ci limitiamo a due fattori, il look della pellicola e il workflow, ovvero il modo in cui vengono girati.
Alcuni registi e direttori della fotografia giustificano l’utilizzo per via dell’estetica ed una più soddisfacente esperienza pratica. Ad oggi, grazie ai progressi della post-produzione digitale, è possibile ricreare il look e il feeling della maggior parte delle pellicole, avvicinandosi di molto al risultato originale. In alcuni contesti come la resa delle alte luci e un certo tipo di nitidezza risultano difficili da riprodurre tramite i sensori digitali. Se una produzione ha il budget necessario per girare su pellicola, perché filmare in digitale, post produrre i filmati e procedere alla simulazione di una pellicola?
Secondo gli addetti ai lavori l’esperienza di girare su pellicola è molto diversa rispetto a quella del digitale: quando la cinepresa inizia a girare tutti sul set sono molto più concentrati, la costruzione dello scatto viene eseguita con più attenzione, i movimenti della camera studiati con cura e un numero limitato di takes viene girato. Questi sono gli effetti portati sul set da uno strumento più delicato e con maggiori limiti. In contrapposizione, le possibilità offerte dal digitale, la capacità di poter girare più scene a parità di costi e l’ergonomia maggiore portano in alcuni casi a curare meno le riprese e a far girare la cinepresa di più, aspettando lo scatto corretto. Per i filmmakers il valore dell’esperienza della pellicola, unito all’estetica particolare, rende ancora oggi appetibile girare in 16mm o 35mm.
PRE-PRODUZIONE
I limiti citati precedentemente creano nuove sfide per la pre-produzione, il direttore della fotografia si reca sul set per uno studio preliminare della scena testando diverse pellicole e utilizzando la propria esperienza per individuare le più adatte e il necessario da avere sul set per gestire la scena. Ad oggi l’unico produttore di pellicole cinematografiche ancora attivo sul mercato è la Kodak Film, che offre una selezione di quattro pellicole dedicate alle riprese in esterno e in interno, con poca o molta luce. Il direttore della fotografia procede alla scelta della pellicola valutando 3 principali fattori:
- Il valore ASA della pellicola, ovvero la sensibilità alla luce della stessa. Più è alto questo valore e maggiore sarà la sensibilità.
- Il bilanciamento del bianco (misurato in gradi Kelvin), ovvero la calibrazione dei colori per le riprese sotto la luce solare o sotto luce artificiale.
- Il look, ovvero la resa di toni, contrasto e colori di una determinata pellicola. Ognuna ha la sua resa originale, con una quantità di grana e una texture
Pellicole con un valore di 50 ASA sono adatte alle riprese in esterno, mentre quelle con un valore di 500 ASA risultano più pratiche per le riprese in interno o con poca luce. Una maggiore sensibilità produce una grana più grossa e una texture più visibile nel risultato finale. Le pellicole tarate per la luce solare (5500K) tenderanno a una resa naturale dei toni della pelle sotto questa luce, quelle tarate per la luce al tungsteno (3300K) mostreranno colori corretti sotto questa luce e molto freddi sotto quella del sole. Esistono dei filtri che permettono di correggere queste tonalità e di girare con una pellicola in condizioni diverse da quelle per cui è stata progettata, oggi con il digitale è possibile anche intervenire in post-produzione correggendo il bilanciamento del colore. Date queste opzioni la produzione può scegliere se girare tutto con un’unica pellicola oppure se utilizzarne più di una in base alle esigenze, stabilendo in anticipo di quanti tipi e soprattutto di quanti rulli di pellicola si avrà bisogno. Piccoli progetti come pubblicità e cortometraggi abitualmente ordinano tutta la pellicola prima di avviare le riprese, mentre le produzioni cinematografiche provvedono ai rifornimenti anche in corso d’opera. Risulta comunque fondamentale avere sempre a disposizione la quantità di pellicola necessaria, ma mai più del dovuto poiché è molto costosa e nei trasferimenti potrebbe subire danni e divenire inutilizzabile.
PRODUZIONE
Arrivati sul set, la prima operazione che viene eseguita è quella del caricamento della pellicola all’interno del magazzino della cinepresa, questa è un’operazione molto delicata che deve essere necessariamente eseguita al buio e da mani esperte per evitare di esporre il negativo alla luce del sole che lo rovinerebbe irrimediabilmente. Una volta inserito nel magazzino e completamente sigillato, viene segnato con un nastro colorato che sta a indicare il bilanciamento del colore, rosso per la pellicola a 3300K e blu per quella a 5500K. Sullo stesso vengono segnati il numero della pellicola, il tipo, il seriale, quanti minuti di girato può fare e alcune istruzioni per lo sviluppo successivo. Fatto questo, il magazzino viene caricato nella cinepresa: qui il DoP (Director of Photography) misura la luce con un esposimetro (uno strumento che calcola quanta luce è presente nella scena, sia incidente che riflessa) calcolando la corretta esposizione. Ad oggi vengono anche utilizzate delle fotocamere digitali per avere subito un feedback sull’esposizione scelta, ad esempio utilizzando una pellicola da 500ASA con l’otturatore impostato a 180° la fotocamera verrà impostata a 500ISO e con un tempo di scatto di 1/50s correggendo l’apertura del diaframma fino a trovare il risultato desiderato. Nella cinepresa possono essere utilizzati dei filtri neutri chiamati ND (Neutral Density) che bloccano parte della luce senza modificare i colori, permettendo di scattare senza modificare la pellicola in scene più luminose. Finita la ripresa viene controllato l’interno della cinepresa per essere sicuri che nessuna polvere o particella di sporcizia abbia rovinato la ripresa e si procede a segnare quanta pellicola rimane per la prossima scena. Tenere sotto controllo il magazzino è un’operazione di vitale importanza per evitare di restare senza pellicola mentre si sta girando. Una volta terminate le riprese si procede a rimettere la pellicola all’interno della sua confezione, viene sigillata con cura per evitare infiltrazioni di luce e viene messo il nastro che prima era sul magazzino; viene compilato un documento in triplice copia dove vengono specificati tutti i rulli utilizzati in giornata, i loro dettagli e le informazioni necessarie al laboratorio per lo sviluppo.
POST-PRODUZIONE
Una volta che le pellicole arrivano in laboratorio (CineLab in UK e FotoKem negli Stati Uniti), viene sviluppato attraverso dei processi chimici e qui finisce la sua vita come medium analogico. A questo punto c’è un incontro tra il mondo della pellicola e quello digitale: la scansione. Per poter procedere al montaggio viene convertito in un file digitale compatibile con i programmi di post-produzione, questa conversione può essere eseguita attraverso un “Telecine” che proietta la pellicola su un sensore digitale che registra un video generalmente con una risoluzione di 1080P ovvero HD. Un’altra opzione è quella di utilizzare uno scanner come lo “Scanity HDR” che registra ogni singolo frame in alta risoluzione e in un formato non compresso che contiene una grande quantità di dettagli e una gamma dinamica decisamente superiore; la risoluzione di questo sistema va dal 2k al 4k. Quest’ultimo sistema viene utilizzato solo nelle produzioni ad alto budget poiché risulta molto più lento e costoso del Telecine. Finito il processo di scansione il file ottenuto viene trattato come quello di una cinepresa digitale, passando in sala di montaggio ed editato nel colore e nel look per ottenere il bilanciamento desiderato.
PROIEZIONE
La proiezione come la ripresa può avvenire sia in digitale che in analogico, qui la scelta spetta alla sala dove verrà proiettato e all’attrezzatura a loro disposizione. Lo standard dell’industria cinematografica è la proiezione digitale che si attesta con una risoluzione di 2K e viene effettuata attraverso la distribuzione dei DCP (Digital Cinema Package) che sono sostanzialmente degli hard drive con l’audio e il video del film. Un’altra soluzione è quella di convertire il file digitale nuovamente in analogico, impressionando una pellicola e riportando tutto il ciclo di produzione da dove si era partiti.
CONCLUSIONE
Per alcuni progetti l’utilizzo della pellicola risulta ancora oggi un valido strumento: il suo approccio alla ripresa, l’attenzione necessaria e i limiti imposti portano le crew cinematografiche a cambiare approccio, rallentando le operazioni e catalizzando maggiore cura nel lavoro sul set. A questo si aggiunge il fascino e l’estetica ancora non perfettamente emulabile che aiuta a creare un risultato finale con carattere e unicità. Come abbiamo visto anche questo mondo però entra in contatto con il digitale: la Post-Produzione e la Proiezione per praticità e vantaggi innegabili vengono infatti effettuate in digitale senza snaturare il valore prodotto in precedenza, offrendo una possibilità in più a registi e direttori della fotografia.
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