La malattia mentale è un tema trattato frequentemente nei film, ma la sua rappresentazione può variare molto a seconda delle epoche e dei registi. Alcuni film raccontano la follia con accezione negativa, in cui il malato è rappresentato come imprevedibile, violento e socialmente pericoloso. Tra questi ricordiamo Shining (S. Kubrick, 1980) o Psycho (A. Hitchcock, 1960), che ci hanno regalato due delle migliori rappresentazioni della schizofrenia. Altre opere, invece, rappresentano il malato mentale come una persona buffa, come in Scemo & più scemo (P. Farrelly, 1994). 

Accanto a questi due filoni se ne può identificare un terzo che prevede una rappresentazione più empatica di questa realtà, in cui i malati mentali sono presentati come persone anticonformiste, sincere e spesso geniali. In questo tipo di film si racconta l’insensibilità con cui spesso vengono trattati, internandoli in strutture così da isolarli dalla società e cercando di renderli “innocui”, privandoli di personalità e creatività.

Un altro elemento da considerare è sicuramente la prospettiva da cui la storia ci viene raccontata. Pensiamo a film come La pazza gioia di Paolo Virzì che ci fanno vedere il tutto dall’esterno. Ci farà subito rendere conto dei pregiudizi con i quali ci approcciamo a queste realtà: diamo infatti subito per scontato che Beatrice e Donatella, le protagoniste del film, si siano inventate delle vite false per sfuggire alla realtà, troppo triste o difficile da sopportare.

Altri film ci fanno vedere il tutto dalla prospettiva del malato, possiamo pensare a The Father. Ci racconta tutta la storia attraverso gli occhi di Anthony, capiremo davvero cosa significa soffrire di una malattia così tremenda. 

Abbiamo già parlato di questa tematica in una articolo che puoi leggere cliccando qui.

Vediamo alcuni dei film di maggiore successo che ci raccontano questa realtà:

  1. Qualcuno volò sul nido del cuculo, di Miloš Forman (1975)

Un film che ha segnato la storia del cinema per il modo innovativo in cui ha portato in scena un argomento molto delicato: il trattamento disumano a cui venivano sottoposti i pazienti nei manicomi e negli ospedali psichiatrici. Il tema è chiaro sin dal titolo, in effetti il “nido del cuculo” è una delle molte espressioni impiegate nel gergo statunitense per indicare un manicomio. 

Il film ci parla di Randle McMurphy (Jack Nicholson), un carcerato che arriva in un ospedale psichiatrico affinché venga stabilito se le sue azioni possono dipendere da una malattia mentale oppure da una simulazione della stessa. Si fa subito notare per il suo atteggiamento anticonformista, in particolare eludendo in tutti i modi possibili le dure regole imposte dalla caporeparto Ratched (Louise Fletcher). McMurphy sveglierà il desiderio di libertà degli altri pazienti che, trascinati da lui, iniziano ad opporsi alla rigida disciplina imposta. 

Nel manicomio i trattamenti che vengono usati per annullare i pazienti e punirli in caso di disubbidienza sono molto forti, come elettroshock e lobotomia. Un paradosso: i medici che dovrebbero prendersi cura del prossimo controllano con la violenza gli atteggiamenti che si discostano dalla norma, spesso dimenticando che anche loro sono persone con sentimenti, desideri e sofferenze. 

  1. Habemus Papam, di Nanni Moretti (2011)

Alla morte del vecchio Papa, viene eletto il nuovo pontefice e la scelta cade sul cardinal Melville (Michel Piccoli). Il Papa neoeletto, dopo un attacco di panico, presenta sintomi di tipo depressivo, dovute al legittimo timore di non essere all’altezza del ruolo. Il Vaticano si rivolgerà a Moretti, uno dei migliori psichiatri, per aiutarlo a superare il suo disagio.

  1. Shutter Island, di Martin Scorsese (2010)

Nel 1954, l’ufficiale e detective Teddy Daniels (Leonardo Di Caprio) deve investigare la scomparsa di una paziente dall’ospedale psichiatrico di Shutter Island. Le ricerche si complicano e Teddy comincia a dubitare di tutto: della propria memoria, del proprio partner e addirittura della propria sanità mentale. 

I pazienti di Shutter Island non sono comuni malati di mente, ma persone che hanno commesso crimini atroci. Il film prende il via da un matricidio: Teddy è chiamato a indagare proprio sulla scomparsa di una donna che si è macchiata di questo peccato a causa di un disturbo maniaco-depressivo. Troppo spesso nella realtà, come nel film in questione, donne che dopo la maternità sviluppano una depressione e avrebbero bisogno di supporto vengono abbandonate a sé stesse. 

Teddy, invece, è vittima di un disturbo da stress post-traumatico, disturbo che emerge a mo’ di difesa personale dopo un evento terribile. Un disturbo che il protagonista si trascina dietro, rifiutandosi di accettarlo e preferendo vivere in una menzogna. 

  1. I love shopping, di P. J. Hogan (2009)

Il film racconta la storia della giornalista Rebecca Bloomwood (Isla Fisher) che vive e lavora a Londra dove si trova coinvolta in una serie di disavventure economiche e sentimentali, in gran parte create o alimentate dalla sua ossessione per gli acquisti. 

Nel film vediamo come una passione può diventare una malattia e in particolare viene rappresentato il disturbo ossessivo-compulsivo. L’atto del comprare diventa un impulso a cui non si riesce a resistere e sarà la protagonista stessa ad ammetterlo ad una riunione di “compratori compulsivi anonimi” dicendo: “Compro perché, quando lo faccio, il mondo diventa migliore… Ma poi non lo è più e ho bisogno di rifarlo!”. 

  1. Forrest Gump, di Robert Zemeckis (1994)

Forrest Gump (Tom Hanks), un uomo ormai adulto che, seduto su una panchina alla fermata dell’autobus, racconta alle persone che si vanno succedendo la propria vita. 

Inizialmente racconta la sua infanzia difficile: un bambino affetto da un deficit cognitivo e da gravi problemi di postura, condizione che lo rende facile preda dei bulli. Riuscirà a reagire grazie al sostegno della madre e della sua amica Jenny. Quest’ultima gli farà scoprire di avere un’abilità particolare: è bravissimo nella corsa. Da bambino bullizzato riuscirà a diventare un uomo di successo. Questo film è dimostra come alcune problematiche, anziché limitare le persone, le stimolino a compiere qualcosa di grande. 

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Cristiana Agosta, Redattrice