Jordan Peele è un autore che ha saputo fare della sua carriera comica il trampolino di lancio per rivoluzionare il genere horror. Celebre per il suo lavoro in Key & Peele (2012-2015), la sua transizione da comico a regista di film horror è stata sorprendente. Get Out (2017), Us (2019) e Nope (2022) non sono semplicemente film di paura ma esperimenti cinematografici che combinano tensione e comicità in un modo unico, creando un equilibrio sottile ma potente che non solo spaventa ma stimola anche riflessioni più profonde.

In questo articolo esploreremo come l’esperienza di Peele nella commedia e il suo eccezionale tempo comico abbiano arricchito la sua visione del cinema horror, mescolando l’umorismo al terrore con effetti straordinari.

L’umorismo come tecnica di costruzione della tensione

Jordan Peele ha sempre giocato con l’umorismo nero e la satira sociale nei suoi sketch comici. Key & Peele, infatti, era una serie in cui la comicità si intrecciava frequentemente con commenti sulla razza, la cultura e le disuguaglianze sociali e questo mix di satira sociale e comicità surreale ha forgiato lo stile unico del regista. Se in Key & Peele il comico veniva spesso utilizzato per svelare contraddizioni sociali, in Get Out e Us, Peele applica lo stesso approccio per creare una tensione palpabile, ponendo il programma televisivo come un campo di prova perfetto per il suo passaggio al cinema horror.

Il modo in cui Peele utilizza il comico per destabilizzare lo spettatore è uno degli aspetti più innovativi del suo approccio al genere, l’umorismo, infatti, non è mai fine a se stesso ma viene usato per costruire una falsa sensazione di sicurezza, per poi rovesciarla brutalmente con il terrore.

In Get Out, Peele sfrutta la comicità per presentare personaggi che inizialmente sembrano essere amichevoli e rassicuranti, ma che si rivelano progressivamente inquietanti. Un esempio emblematico è il personaggio di Dean Armitage, il padre della fidanzata di Chris. In un primo momento, le sue battute sul fatto che avrebbe votato per Obama per un terzo mandato appaiono come un gesto di cordialità e affinità politica, ma presto il suo atteggiamento si rivela una facciata dietro la quale si nasconde un razzismo subdolo e sistemico. La transizione tra il comico e l’horror avviene con un gioco di aspettative che confonde lo spettatore e lo prepara a rivelazioni sconvolgenti.

Questa capacità di Peele di maneggiare il comico come strumento di destabilizzazione è ancora più evidente in Us. Il film, infatti, inizia con una scena di quotidianità familiare che offre un falso senso di normalità, con battute leggere tra Adelaide e sua figlia oppure Gabe che scherza sulla sua barca. Questi momenti leggeri creano un legame empatico tra lo spettatore e i personaggi ma la vera paura emerge improvvisamente con l’arrivo dei doppi. Peele dimostra di sapere come stravolgere la serenità, facendola esplodere in un terrore improvviso con maestria, usando la comicità come strumento per confondere il pubblico e rendere l’orrore ancora più potente.

In questo senso, l’umorismo in Peele non è solo una distrazione momentanea, ma una strategia narrativa che serve a creare una tensione crescente, un contrasto che amplifica l’impatto dell’orrore.

Il comico come allegoria della paura

Jordan Peele non usa semplicemente l’umorismo come strumento per sovvertire le aspettative, piuttosto lo sfrutta come un’allegoria per esplorare paure più profonde legate alla nostra psicologia e alla struttura sociale. In Us, il concetto di “doppio” è centrale: i protagonisti si trovano a confrontarsi con i loro “Tethered”, ovvero versioni distorte di loro stessi che vivono nel sottosuolo. La divisione tra il “sé” e il “doppio” diventa una metafora per le fratture sociali e psicologiche che esistono nelle comunità e soprattutto per la lotta tra le classi sociali.

Il film esplora come le persone che vivono ai margini della società, invisibili e dimenticate, siano spesso costrette a nascondersi, a vivere “sottoterra”, senza mai poter emergere alla luce del giorno. Il sottosuolo in cui vivono i Tethered è un riflesso di quella parte della società che viene emarginata e ignorata. Peele ci invita a guardare in faccia la paura che nasce proprio dall’invisibilità e dalla separazione, dalla divisione tra chi ha potere e chi ne è privo. La paura non è solo quella fisica che i Tethered suscitano ma anche la paura di una società che si nega ai suoi membri più deboli, relegandoli in un “altro” che si scopre essere parte integrante di noi stessi.

Quest’idea del doppio è legata a teorie psicologiche sul conflitto tra l’io cosciente e l’io subconscio e fa parte di una lunga tradizione del cinema horror che esplora la divisione tra la superficie e l’oscurità dell’animo umano. È interessante notare come Peele tratti il “doppio” anche da una prospettiva storica: molti studiosi hanno interpretato la creazione dei “Tethered” come una metafora della lotta di classe e della divisione sociale che permea la storia degli Stati Uniti, un paese che ha sempre avuto una forte stratificazione economica e razziale.

Questo tema del “doppio” e della dualità è presente anche in altre opere cinematografiche, ma in Us il regista lo esplora con una profondità che rende l’opera estremamente innovativa e impattante. Non è solo una paura viscerale quella che i Tethered provocano, ma una paura di ciò che siamo, di quello che potremmo diventare, se solo fossimo costretti ad affrontare la parte più oscura di noi stessi, la dualità qui diventa anche psicologica attraverso l’incapacità di riconoscere le proprie ombre e di integrarle, una frattura che diventa violenza.

Il comico e la paura come strumenti di critica sociale

Nelle opere di Peele, la paura non è mai fine a se stessa ma viene usata come veicolo per esplorare e criticare le dinamiche sociali, politiche ed economiche. In Nope, ad esempio, l’oggetto misterioso che incombe sulla famiglia protagonista non è solo un alieno: rappresenta una critica alla cultura dello spettacolo e alla tendenza della società a consumare la paura e la tragedia come merce. Il cielo, simbolo di vastità ed infinito, diventa un’immagine inquietante che rappresenta la manipolazione mediatica e la spettacolarizzazione del terrore.

La società di consumo, in cui ogni emozione e tragedia può essere trasformata in un prodotto da vendere, viene messa in discussione attraverso il punto di vista dei protagonisti che devono fare i conti con la verità dietro l’oggetto misterioso. Questo concetto di spettacolarizzazione è anche una riflessione sulla cultura moderna, dove l’intrattenimento e la paura si sovrappongono. Peele utilizza l’alieno non solo come minaccia fisica, ma come un simbolo delle forze che manipolano il nostro sguardo e le nostre emozioni.

Questo tema della spettacolarizzazione della paura è stato trattato da molti registi e teorici del cinema, ma Peele lo fa in modo personale, combinando una riflessione sulla cultura dei media con un horror che sfida le convenzioni del genere. La sua frustrazione nei confronti dell’industria cinematografica e dei media è evidente e attraverso Nope, egli invita lo spettatore a riflettere sul nostro rapporto con la paura e con la realtà che consumiamo attraverso le immagini.

La capacità di Peele di mescolare il comico e il terrore non è solo un’innovazione stilistica, ma un mezzo potente per interrogarsi sulle paure collettive della società moderna. La sua abilità nel manipolare l’umorismo per destabilizzare lo spettatore e nel creare una tensione che non è solo fisica ma anche sociale e psicologica, lo rende un regista unico nel panorama contemporaneo. Con film come Get Out, Us e Nope, Peele ha dato vita ad opere che non si limitano a spaventare, ma che ci costringono a confrontarci con le realtà più oscure e dolorose che attraversano la nostra società. La sua fusione di generi ci permette di esplorare non solo il lato più oscuro del nostro mondo ma anche quello che potrebbe essere il lato più nascosto e inquietante di noi stessi.

Fonti: The New Yorker, The Guardian, Variety e interviste su YouTube.