Il 19 giugno del 2013 moriva a Roma James Gandolfini. La tragica notizia scosse profondamente l’intero mondo dello spettacolo: ammiratori, colleghi, professionisti del settore e persino politici espressero il loro cordoglio e la loro stima nei confronti dell’attore. Una prova definitiva dell’enorme influenza che aveva esercitato nel corso degli anni, attraverso soprattutto uno dei ruoli più celebrati (e controversi) della storia della televisione, quello di Tony Soprano.
Esordi: Makings of a varsity actor
Nato e cresciuto in New Jersey, Gandolfini si appassionò alla recitazione appena dopo il college. Trasferitosi a Manhattan, tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90 recitò in diversi film a basso budget. Esordì sui palcoscenici di Broadway nel 1992, in una rappresentazione di Un tram che si chiama desiderio, e l’anno seguente ottenne il ruolo di Virgil in True Romance, di Tony Scott, che per la prima volta gli valse il plauso di critica e pubblico. Fu proprio questa parte che, quattro anni più tardi, spinse la casting director Susan Fitzgerald a chiamarlo per l’audizione nel ruolo di protagonista in una nuova serie HBO, una serie che sarebbe stata definita dal New York Times come “la più grande opera della cultura pop americana”, I Soprano.
James e Tony
Il pilot della serie andò in onda il 10 gennaio del 1999, divenendo immediatamente un fenomeno di massa. La critica ne lodò la regia, la recitazione degli attori e la scrittura. Ma uno dei meriti maggiori dell’enorme risonanza che seguì la messa in onda dello show, fu senza dubbio quello di mostrare al mondo l’incredibile talento di James Gandolfini. Ogni piccolo gesto era carico di significato, ogni sguardo carico di tensione. L’attore scompariva del tutto in Tony Soprano, boss della mafia di Newark in analisi per depressione e attacchi di panico. La sua recitazione era un perfetto equilibrio di statici momenti introspettivi e violente esplosioni colleriche.
La trasformazione definitiva in Tony Soprano si può notare guardando il pilot della serie, girato nel 1997, e il secondo episodio, girato a un anno di distanza. Durante il periodo che intercorse le due lavorazioni, l’attore prese trenta chili e, con l’aiuto di un vocal coach, diede forma alla voce di Tony. Ne comprese il peso della sua presenza scenica, raggiungendo un decisivo punto di contatto con il personaggio che gli permise di diventare un tutt’uno con quest’ultimo, legando ad esso la sua immagine in maniera indissolubile. La sua performance gli valse negli anni innumerevoli premi e la stima di grandi autori, come Peter Bogdanovich e i Fratelli Coen. Questi ultimi lo chiamarono infatti ad interpretare il memorabile ruolo di Big Dave in The Man Who Wasn’t There (2001).
Durante la produzione de I Soprano, Gandolfini recitò in diversi film nel ruolo di caratterista a causa soprattutto del poco tempo a disposizione tra una stagione e l’altra della serie. Oltre al già citato film dei Coen, recitò al fianco di Brad Pitt e Julia Roberts in The Mexican (2001) di Gore Verbinski, e di Ben Affleck e Catherine O’Hara nella commedia natalizia Surviving Christmas (2004).
L’ultimo episodio de I Soprano, Made in America, esordì su HBO il 10 giugno 2007, lasciando tutto il mondo con il fiato sospeso (e con la paura di aver avuto un guasto al televisore). Lo sguardo di James Gandolfini/Tony Soprano, di poco sopra l’obiettivo della macchina da presa, è il culmine tensivo dell’intera serie. Indecifrabile, ma carico di significato.
Gli Ultimi Anni: …they pull me back in!
Togliersi di dosso un personaggio simile è difficile, forse addirittura impossibile. La sua caratterizzazione (curata alla perfezione da David Chase e dallo stesso attore), la sua messa in scena nello spazio che lo circonda ed il suo muoversi e comportarsi in quello stesso spazio, hanno dato vita ad una vera e propria creatura vivente, che esula dalla finzione e che, appunto, va oltre la stessa. Negli anni che seguirono la fine della serie, James Gandolfini fece di tutto per dimostrare al mondo di non essere solo Tony Soprano. Tornò a recitare per Tony Scott in The Taking of Pelham 123 (2009), nel ruolo del sindaco di New York, e lavorò in alcuni film indipendenti. Al contempo, produsse due documentari e un film, Hemingway e Gellhorn (2012) di Philip Kaufman, presentato alla sessantacinquesima edizione del Festival di Cannes. Nello stesso anno, interpretò il direttore della CIA Leon Panetta per Kathryn Bigelow in Zero Dark Thirty e, soprattutto, Mickey in Killing Them Softly di Andrew Dominik, un sicario alcolizzato e depresso che non è più in grado di svolgere la sua professione. Forse il ruolo più significativo della sua carriera cinematografica, Mickey, ha permesso a Gandolfini di riavvicinarsi considerevolmente alla figura di Tony Soprano e a lasciarselo alle spalle una volta per tutte.
Il suo testamento cinematografico è composto da due film usciti postumi alla sua scomparsa: Enough Said (2013), di Nicole Holofcener, e The Drop (2014), di Michael R. Roskam. Avrebbe inoltre dovuto interpretare il ruolo di Jack Stone nella miniserie The Night Of, poi affidato a John Turturro.
La morte di James Gandolfini, sconvolgente e improvvisa, ha lasciato un vuoto tuttora palpabile nel mondo del cinema e della televisione. Un vuoto impossibile da colmare, in quanto, come anche ha detto il giornalista americano Alan Sepinwall, “Gandolfini è stato il miglior attore drammatico della storia della televisione, e credo che nessuno ci si avvicini minimamente”.

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