“Studiare mucche, maiali e galline può aiutare un attore a sviluppare il suo personaggio. Ci sono un sacco di cose che ho imparato dagli animali. Una è che non potevano fischiarmi. Sono anche diventato più vicino alla natura, e ora posso apprezzare la bellezza di cui questo mondo è dotato.”

James Byron Dean nasce a Marion, piccola città dello stato dell’Indiana, da una famiglia di quaccheri. Trascorre i primi anni della sua vita  nella fattoria di famiglia, prima di trasferirsi in California con il padre. Per completare gli studi liceali, tuttavia, fa ritorno in Indiana, dove viene cresciuto da alcuni parenti secondo i principi quaccheri. Paradossalmente, Dean ha il suo primo contatto con il teatro e la recitazione proprio qui, nello stato americano che forse, almeno all’epoca, poteva sembrare il più rurale di tutti. E questo contatto rappresenta la prima scintilla, il principio di una passione che diventerà ragione di vita e che lo porterà, alcuni anni più tardi, ad abbandonare gli studi di giurisprudenza per trasferirsi a New York a studiare all’Actors Studio sotto la guida di Lee Strasberg. Dopo alcuni ruoli non accreditati, James Dean ottiene il suo primo successo con La Valle dell’Eden (1955), di Elia Kazan, a cui seguiranno Gioventù Bruciata (1955), di Nicholas Ray,  e Il Gigante (1956), di George Stevens. In questa analisi ci si concentrerà sui primi due film, esaminando in particolare le affinità tra i due protagonisti da lui interpretati.

La vulnerabilità del ribelle – Jim e Cal

In La Valle dell’Eden, il personaggio di James Dean si presenta allo spettatore seduto su uno scalino, a testa bassa. L’espressione ferita, che la testa china vuole mascherare, trasmette immediatamente un profondo senso di malinconia. La ribellione che caratterizza i personaggi interpretati da Dean non si limita mai, infatti, a una semplice voglia di infrangere le convenzioni o di sfidare le regole; essa è piuttosto il risultato di un intenso conflitto interiore, segnato da una mancanza d’amore (nel caso di La Valle dell’Eden) e dall’indifferenza degli adulti  (Gioventù Bruciata). Tale ribellione non è altro che una provocazione causata dal bisogno di essere ascoltato e riconosciuto.

In La Valle dell’Eden, Dean è Cal Trask, un giovane che si dibatte incessantemente nella ricerca dell’amore e dell’approvazione paterna. Desidera ardentemente il riconoscimento di suo padre, sentendosi spesso inadeguato e in un costante confronto con il fratello Aron, la cui apparente conformità sembra invece facilmente conquistare l’affetto paterno. Questo intenso bisogno di accettazione si intreccia in modo inestricabile con la paura di essere nuovamente abbandonato, un timore che alimenta il suo conflitto interiore e lo porta a una continua autovalutazione. Cal inizia a convincersi di essere una persona intrinsecamente cattiva, paragonandosi a sua madre che lo aveva abbandonato. Questa convinzione di essere “cattivo” non è solo una mera riflessione su se stesso, ma diventa una vera e propria prigione mentale, che ostacola la sua capacità di relazionarsi con gli altri e di cercare la sua identità. La sua lotta per l’accettazione e il riconoscimento si trasforma, così, in un viaggio drammatico, in cui ogni tentativo di connettersi con il padre si scontra con le sue paure più profonde.

In Gioventù Bruciata Dean interpreta Jim Stark, un liceale alla disperata ricerca di punti di riferimento in un mondo che sembra privo di certezze. Appena trasferitosi a Los Angeles con la sua famiglia, Jim si sente alienato dai suoi genitori e dalla società che lo circonda. La sua ribellione, similmente a quella di Cal, non è che un mezzo per attirare l’attenzione degli adulti non curanti, pronti a perdonare la qualunque pur di non affrontare i problemi.

L’indifferenza degli adulti è infatti una vera e propria piaga all’interno del film. I genitori di Plato (Sal Mineo)  sono sempre fuori città e il padre di Judy (Natalie Wood)  ne respinge l’affetto in quanto “troppo adulta per le smancerie”. 

Come dirà Buzz (Corey Allen) a Jim, riferendosi alla “chicken run” che gli costerà la vita, “lo facciamo perché bisogna pur fare qualcosa!”. Questa affermazione sintetizza perfettamente la condizione di questi adolescenti, lasciati da soli ad affrontare un periodo duro e al contempo delicato come quello dell’adolescenza. Senza punti di riferimento, Jim Stark e i suoi coetanei lottano per trovare un senso di identità e di appartenenza, in un contesto in cui le figure genitoriali falliscono nel fornirgli il supporto di cui hanno ardentemente bisogno.

Sia Cal che Jim riflettono un comune desiderio di essere compresi,  in un contesto di profonda solitudine e confusione. La sensazione di essere gli unici al mondo in grado di comprendere la propria lotta esistenziale li rende ancora più vulnerabili. Questa fragilità è un elemento centrale delle loro narrazioni, poiché entrambi affrontano il mondo alternando speranza e disperazione, oscillando continuamente tra il bianco e il nero, in una ricerca incessante di autenticità e affetto, che si rivelerà sempre il classico cane che prova a mordersi la coda.

“Blue jeans, white shirt” – Iconografia

Nonostante il suo modo di vestire e la sua acconciatura distintiva abbiano significativamente contribuito a plasmare un’iconografia immortale di “ribelle senza causa,” questi elementi non sono altro che delle armature. Esse fungono da autodifesa, mascherando una vulnerabilità profonda che, quando emerge, si manifesta con una potenza straordinaria.

In La valle dell’Eden, la scena in cui Cal confronta suo padre al compleanno di quest’ultimo rappresenta una violenta esplosione di rabbia e tristezza, emozioni che si sovrappongono e si alimentano reciprocamente. Questo momento culminante svela non solo il conflitto interiore di Cal, ma anche la sua disperata ricerca di approvazione.

Analogamente, in Gioventù bruciata, la scena iniziale alla caserma (“You’re tearing me apart!”) e quella finale davanti all’osservatorio, dove abbraccia suo padre in lacrime dopo la morte di Plato, segnano un momento cruciale in cui la sua armatura crolla (nel secondo caso letteralmente, poiché Jim si libera della giacca). Davanti a noi si rivela un sentimento nudo, privo delle difese che fino a quel momento lo avevano protetto.

In entrambe le opere, Dean riesce a catturare con grande maestria e sensibilità questa duplice natura: da un lato, l’apparente sicurezza del ribelle che si oppone al mondo esterno e che sembra volerlo distruggere; dall’altro, la profonda vulnerabilità di un giovane che lotta incessantemente per trovare il proprio posto in un contesto che sembra negargli qualsiasi forma di comprensione e accettazione.

“Too fast to live, too young to die” – Immortalità e lascito

Nella sua brevissima carriera di appena tre film (di cui solo uno, “La valle dell’Eden”, uscito quando era ancora in vita), James Dean ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema. La sua morte prematura, a soli 24 anni, ne ha amplificato la leggenda rendendolo un simbolo di eterna gioventù.

Era ipersensibile e si vedeva dallo sguardo, dal modo in cui si muoveva e parlava, che aveva sofferto molto. Era afflitto dalle proprie insicurezze”, scriveva di lui Marlon Brando. E questa insicurezza, questa opinione estremamente severa che aveva di se stesso, traspare in ogni sua interpretazione. La sua eredità vive ancora oggi attraverso i suoi film, che rimangono un potente riflesso di una sensibilità rara e di una talento ineguagliabile.

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Simone Pagano,
Redattore.