Credit foto: autoritratto di Manuela Parodi

Abbiamo intervistato l’attrice Manuela Parodi, con cui abbiamo parlato di alcuni temi che riguardano l’ambiente cinematografico italiano dei prossimi anni, della maternità nell’ambito lavorativo del cinema e di una carriera tanto articolata, quanto interessante. 

G: Vorrei iniziare chiedendoti del tuo ultimo film. So che è attualmente in lavorazione la nuova opera del regista Renato de Maria, Septimo, in cui collabori con Riccardo Scamarcio. Che ruolo ha il tuo personaggio? 

M: Dunque io ho un ruolo molto piccolo in Septimo, sono l’avvocato di Riccardo Scamarcio. È stato un lavoro di cui sono stata molto contenta perché ero già incinta di sette mesi e questa cosa non è stata un problema per il regista, cosa molto rara perché spesso registi e produttori si spaventano davanti alla maternità di un’attrice Invece lui è stato grande, perché quando ho fatto i provini lo ero da poco tempo e non si notava. Poi quando gliel’ho detto lui è stato contentissimo e anzi, visto che il mio ruolo è quello di un’avvocatessa molto distaccata emotivamente, il contrasto con la pancia era qualcosa che lo interessava. Quindi insomma non si è fatto spaventare ma ha accolto la cosa a braccia aperte, e io mi sono divertita molto.

Credit foto: Giulia Ghiazza

G: Quindi la maternità non ti ha creato problemi dal punto di vista lavorativo?

M: Dipende, devi sapere che io ho già due bambini. Questa volta è stata una gravidanza molto tranquilla quindi sono riuscita a lavorare fino quasi al nono mese, invece con la prima gravidanza è stato impegnativo. Sono stata a letto dal quarto mese e poi ho sofferto nei mesi successivi alla nascita, ho avuto una brutta depressione postpartum che mi ha bloccata per diverso tempo.

G: Ho capito. E c’è stata qualche interpretazione in cui tu ti sia particolarmente rivista nel tuo ruolo? Penso soprattutto al film di Davide Ferrario del 2013 La luna su Torino, in cui nel racconto il tuo personaggio, Maria, vive un forte contrasto interiore mentre è alla ricerca di se stessa e mostra il desiderio di fare l’attrice, e ha la speranza di cambiare la sua vita. Ha avuto qualcosa in comune con te?

M: Guarda, Maria in realtà più che fare l’attrice sogna qualcosa di diverso. Lei è innamorata del cinema muto in particolare, delle dive del passato che rappresentano qualcosa di estremamente romantico, come lei. Quindi non ha un desiderio preciso, infatti non sa bene che strada intraprendere. Però sì, c’era già sicuramente il tema della precarietà che conosciamo molto bene, o meglio si conosceva bene 10 anni fa, perché ormai La luna ha 11 anni. Ho sicuramente in comune con lei il fatto di aver convissuto con amici, anche se loro vivono in una villa meravigliosa a Torino, e casa nostra invece era un appartamento diviso tra cinque studenti a Milano… un’esperienza un po’ diversa, ma comunque io all’epoca studiavo fotografia ed eravamo tutti un po’ in questo ambiente un po’ bohémien in cui ci arrabattavamo fra mille lavori e lavoretti per pagare l’affitto.

Credit foto: La luna su Torino

G: E invece la tua passione per la recitazione com’è nata?

M: La mia passione per la recitazione è nata molto presto. Da piccola ho guardato Il silenzio degli Innocenti e sono rimasta folgorata dai primi piani di Jodie Foster e Anthony Hopkins. Ho visto loro recitare e ho detto “che meraviglia, voglio fare questo”. Poi io ero anche molto timida all’epoca, il mio migliore amico faceva questo corso di recitazione per bambini a Genova e mi aveva proposto di farlo con lui, fare anche uno spettacolo con la sua compagnia, e io ho accettato. I miei genitori mi hanno iscritta al corso, però non per diventare attrice ma per sciogliere la timidezza. Io invece me ne sono innamorata subito per cui è stato subito un “Ok voglio fare questo”.

G: Okay, quindi poi hai continuato ad approfondire sempre di più.

M: Ho continuato, ho poi avuto una brusca interruzione perché a 18 anni ho tentato di superare un provino con una regista che voleva applicare il metodo Stanislavksij e non era assolutamente in grado di farlo, e anzi ha creato in me una brutta storia di traumi per cui dopo quell’esperienza ho detto “no, mai più nella vita”. Infatti una cosa a cui bisogna stare molto attenti soprattutto quando si è giovani sono gli insegnanti con cui si studia o le persone con cui si lavora. Poi ho intrapreso un percorso completamente diverso, mi sono laureata in lingue, ho studiato fotografia, e poi recitare mi è mancato tanto. Per cui poi è venuto Silvio Soldini a girare un film a Genova che si chiamava Giorni e Nuvole, un mio amico lavorava in produzione e mi ha suggerito di fare il provino. Io non ho preso quel ruolo che era il ruolo della figlia di Margherita Buy e Antonio Albanese che ha preso poi Alba Rohrwacher, ma sono arrivata in finale ai provini. Avevo superato una serie di selezioni. E questa esperienza ha riacceso davvero la passione, io ho ripreso a studiare e poi pian piano anche a lavorare. 

G: Abbiamo già anticipato qualcosa della tua formazione che è ammirevole perché oltre ad aver conseguito una laurea a pieni voti hai preso parte a un numeri infinito di corsi e laboratori tra cui in particolare un workshop con Pierfrancesco Favino e Il premio Oscar Paul Haggis. Quindi voglio chiederti, c’è una tra tutte queste esperienze che dal punto di vista artistico ti abbia particolarmente segnata? 

M: Si certo. Innanzitutto il seminario che ho fatto con Favino mi ha permesso di conoscere Michael Margotta che mi ha incuriosita così tanto che ho deciso di iscrivermi a un suo seminario. Quella per me è stata una folgorazione, perché l’approccio di Michael era completamente diverso da tutto quello con cui mi ero confrontata prima. Quindi ho studiato con lui per diversi anni, poi mi sono allontanata perché volevo ampliare e approfondire metodi diversi ma poi sono tornata. Ho anche iniziato a lavorare con lui e a organizzare i suoi seminari, prima con Paul Haggis e Michael insieme, poi solo Michael e in seguito sono anche diventata la sua interprete, la sua organizzatrice. Lui adesso è proprio il mio mentore, amico, insegnante, e gli devo veramente tantissimo. 

Credit foto: Andrea Ciccalé

G: Però oltre a coltivare il talento per il teatro e la recitazione hai scelto comunque di laurearti in lingue e culture straniere. Come mai? 

M: Questa in realtà è stata una sorta di imposizione, diciamo di richiesta da parte dei miei genitori, che avevano a cuore che prendessi una laurea. Quindi sì, ho intrapreso quel percorso perché mi sono sempre interessate le lingue, addirittura a 18 anni ho vissuto un anno in America per studiare bene l’inglese. E ci tengo a dire che mi sono laureata con dignità di stampa con 110 e lode perché comunque è stato impegnativo. Però insomma è stato così, quindi da un lato tutto molto bene, dall’altro ti dicevo a 18 anni ho avuto questa brutta esperienza con una regista, proprio negli anni in cui di solito ci si forma in accademia, dai 19 ai 23. Io ho preso un altro percorso e questa cosa l’ho pagata per un sacco di tempo, proprio a livello formativo e di inserimento nel mondo del cinema e del teatro, insomma non è stato semplicissimo. Quindi il mio consiglio sarebbe, per chi vuole intraprendere questo mestiere, sì assolutamente laurearsi se lo si vuole fare per un discorso di arricchimento culturale, però senza trascurare il discorso accademie per formarsi presto.

G: Però le competenze che hai sviluppato con la laurea immagino ti abbiano facilitata nel vivere esperienze all’estero. 

M: sì sì assolutamente, negli anni della laurea ho aderito al programma Erasmus e ho vissuto sei mesi in Spagna, ma soprattutto aver studiato così bene l’inglese mi ha permesso di ritagliarmi una fetta di mercato di produzione internazionale, sia nel cinema che nel teatro. Prima a Milano e poi a Roma ho lavorato con compagnie di teatro inglese. E poi comunque la laurea ti dà un’apertura mentale e delle conoscenze che arricchiscono te in primis, e poi ti conseguenza anche come attore. 

G: quindi la tua esperienza preferita vissuta all’estero qual è stata? Se se ne può trovare solo una.

M: Ce ne sono tante. Te ne dico una inerente a questo ambito. Quando sono andata a vivere negli Stati Uniti avevo partecipato ad uno di questi programmi di studio per cui appunto vivi un anno all’estero in una famiglia. La famiglia in cui ero capitata lavorava nel mondo del teatro e del cinema. La figlia maggiore era all’epoca l’assistente personale di Charlize Theron e poi negli anni è diventata la sua co-produttrice. Per il mio diciottesimo compleanno mi avevano invitata sul set in cui stava lavorando Charlize Theron con Keanu Reeves, e poi mi hanno invitata all’anteprima del film. Un’esperienza meravigliosa.

G: quindi questa esperienza ti ha fatta pensare di continuare su questa strada

M: Sì sì io a diciotto anni studiavo anche recitazione in America, sarei rimasta lì se il visto me l’avesse permesso ma avevo un visto da studentessa. Quindi sono tornata in Italia e ho fatto la quinta liceo, e poi dopo  ho avuto questa brutta esperienza di cui ti parlavo che mi ha proprio bloccata, è stato veramente un trauma, l’ho vissuto quasi come una grossa violenza psicologica. E quindi lì ho detto “basta, mai più”.

G:Tra le tue interpretazioni cinematografiche qual è stata la tua preferita? E tra quelle teatrali? 

M: Sì, allora, interpretazione cinematografica… sono due. Una è di un film girato in Italia, che però ha un cast inglese, e io dovevo interpretare una nobildonna londinese,. Ho dovuto lavorare tantissimo sull’accento e sull’inglese, avevo una dialogue coach perennemente in cuffia con me e quindi da un lato è stato un lavoro molto impegnativo ma bello sulla lingua, dall’altro mi sono divertita moltissimo perché era un ambientato di fine ottocento e avevamo questi vestiti meravigliosi. Anche qui un’esperienza molto bella di caste di troupe. Devo dire che sono stata sempre molto fortunata da questo punto di vista, per ora.

G: E invece a teatro? La tua interpretazione tua personale preferita?

M: a teatro allora anche in questo caso sono due, una è in inglese ed è l’Amleto. Io faccio parte di una compagnia che mette in scena spettacoli di Shakespeare in inglese a Roma, però con un cast esclusivamente femminile. Facciamo il contrario di quello che si faceva all’epoca. In particolare l’anno in cui abbiamo portato in scena l’Amleto io ero Guilderstain ed ero incinta di otto mesi, come ti dicevo mi avevano messa a aletto per un lungo periodo, dandomi poi l’ok per fare all’ottavo mese prove e spettacolo e fortunatamente sono riuscita a fare la prima. È stata un’emozione bellissima ed io ero tranquillissima, mi sono goduta il momento. Per il teatro italiano forse Biolet, da cui poi è stato tratto Il caso Krolevsky , cioè uno spettacolo che ho fatto 14 anni fa. Mi chiedevi prima di Paul Haggis, io l’ho conosciuto nel 2016 e ho organizzato alcuni dei suoi seminari di recitazione. Lavorare con lui è un’esperienza surreale. È un artista di altissimo livello con un’intelligenza velocissima. È stata un’esperienza molto molto bella, molto interessante.

Credit foto: autoritratto di Manuela Parodi

G: Se dovessi scegliere invece due o tre persone nel tuo percorso che oltre ad essere colleghi sono diventati anche amici e con cui hai avuto un rapporto speciale?

M: Molto difficile questa domanda, perché mi è capitato spesso di instaurare amicizie belle e durature negli anni e nominandone uno temo di far torto ad altro. Per non far torto a nessuno ti ripeto Michael Margotta, perché oltre ad essere un mentore è un grandissimo amico. Ma ce ne sono anche altri. E ovviamente mio marito! In realtà non ci siamo conosciuto grazie alla recitazione, ma grazie allo sport dell’arrampicata, però è anche lui attore. Abbiamo fatto anche tanti lavori insieme, tanti seminari di Michael. 

G: Abbiamo parlato delle tue interpretazioni personali preferite nei film e a teatro. E un film a cui sei particolarmente legata da spettatrice, oltre al Silenzio degli innocenti?

M: Be’ quello è fondamentale. Film che mi sono entrati del cuore… direi Eternal sunshine of the spotless mind e Almost famous. Non so cosa avrei dato per interpretare il ruolo di Penny Lane.

G: E un testo teatrale che abbia la stessa importanza?

M: Allora, considerando soprattutto quando ho iniziato a recitare… ti direi Romeo e Giulietta, che per quanto scontato lo associo al ricordo di quando al liceo lo studiavo da sola. Ripetevo la parte di Giulietta allo specchio e sognavo di poterlo fare a teatro.

G: B’ è molto bello come modo di avvicinarsi al teatro, studiando i testi fin da piccoli. E invece, i tuoi progetti futuri? 

M: Allora, mi trovi in un momento particolare perché sono ancora in maternità, non sono ancora ripartita. Ti posso dire che sto lavorando ad un progetto molto importante ma non da attrice. Non so se hai mai sentito partare dell’intimacy coordinator, che è una figura che nei set si occupa di tutelare gli attori nelle scena di intimità, che possono andare dal bacio alla scena di sesso. In Italia questa figura non ce l’abbiamo, e io e due mie colleghe, Giorgia Lepore e Sara Palma, abbiamo fondato la prima associazione in Italia di Intimacy Coordination che si occupa di formare gli intimacy coordinators. Non ti posso dare più dettagli perché siamo ancora agli albori, ci siamo appena costituite, però questa è la cosa a cui sto lavorando in questo momento. Da attrice sto vedendo, mi sto un po’ riprendendo. 

G: Perfetto, abbiamo terminato. Grazie mille del tempo che ci hai dedicato!

M: Grazie a te, ciao!

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Gaia Fanelli,
Redattrice.