In the mood for love torna al cinema dal 17 al 19 febbraio per celebrare il suo 25º anniversario. Lucky Red, in collaborazione con Tucker Film, riporta in sala la versione in 4k restaurata nel 2021. Il capolavoro di Wong Kar-wai, oltre a ricevere al Festival di Cannes del 2000 il premio per il miglior attore e il Grand Prix tecnico, è stato inserito dalla rivista del British Film Institute Sight & Sound tra i 30 film più importanti del primo decennio del XXI secolo.
Tratto da Un incontro, racconto breve di Lui Yichang, la storia è ambientata nel 1962 in una Hong Kong che sta vivendo la progressiva occidentalizzazione e lo sgretolamento del colonialismo.
Su Li-zhen (Maggie Cheung) e Chow Mo-wan (Tony Leung Chiu-Wai) si trasferiscono in due appartamenti adiacenti dello stesso palazzo. Dopo un’interessante scoperta relativa ai rispettivi coniugi, i due cominciano a conoscersi e a guardarsi in un modo diverso.
“Fu un momento imbarazzante, lei se ne stava timida a testa bassa per dargli l’occasione di avvicinarsi, ma lui non poteva, non ne aveva il coraggio, allora lei si voltò e andò via”. Questa frase rappresenta la premessa di un film che si realizzerà negli intermezzi, nei punti in cui lo spettatore non potrà entrare.
La narrazione è al servizio dei due protagonisti, che ripetono spesso azioni quotidiane, sfiorandosi senza mai toccarsi. Questa reiterazione va a sottolineare la secondarietà della parola e l’imprescindibilità dei gesti.
Il tempo è scandito dalla presenza di numerose ellissi accompagnate da dissolvenze in nero.
Ci troviamo in un ricordo al quale abbiamo accesso limitato, in quanto solo chi l’ha vissuto ha il potere di scegliere le parti da conservare e quelle da dimenticare.
Siamo invitati a spiare dal buco della serratura un amore che non si consuma ai nostri occhi, ma è come una sorta di filo invisibile che ha ragione di esistere anche senza essere visto. Il regista sceglie di mostrarci le sole sfumature di questo sentimento, che si palesano anche attraverso la fotografia (prima curata da Cristopher Doyle e poi da Mark Lee Ping Bin) con l’utilizzo costante dell’effetto flou. Spesso vengono inquadrati degli oggetti che lasciano il resto della scena sfocata, dissolta.
L’assenza dei partner di Chow e Su si traduce letteralmente sullo schermo: l’uomo e la donna non compaiono mai, di loro possiamo ascoltare solo le voci e immaginare in lontananza i volti.
In tutto l’arco narrativo viene compiuto un gioco di sottrazione, che ci invita a essere testimoni attivi di questa vicenda sussurrata. Dobbiamo ricostruire i pezzi che Wong Kar-wai decide di celare. Siamo chiamati ad assolvere un ruolo, a interpretare la poesia di una passione in cui il contatto fisico non si palesa mai.
I due brani musicali Quizas, quizas, quizas di Nat King Cole e Yumeji’s Theme di Shigeru Umebayashi, diventano un veicolo comunicativo fondamentale. Sonorità differenti si alternano in maniera del tutto complementare, adattandosi perfettamente all’ambientazione e ai corpi dei personaggi, posti davanti alla macchina da presa sempre in pose plastiche e con abiti eleganti. L’impiego dello slow-motion conferisce ancora più importanza alle figure che si muovono lentamente nello spazio, andando a cadenzare i momenti cardine e a imprimerli nella memoria.
Girato quasi totalmente in interni, In the mood for love si muove nei luoghi della reminiscenza e perfino i vicoli piovosi appaiono chiusi, sigillati da quella attrazione accarezzata e mai esplicitata.
L’unica sequenza all’esterno è quella in cui Chow si reca in Cambogia, presso il tempio di Angkor Wat, e bisbiglia il suo segreto alla fessura di un muro, lasciando che le rovine di una civiltà accolgano e custodiscano una confessione che nessun altro conoscerà mai.
Frasi taciute e atti omessi incasellano un passato che non può più riproporsi e lo collocano dietro quel “vetro impolverato” attraverso il quale ormai è impossibile vedere nitidamente quello che è stato.

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