L’Internet e i social in particolar modo sono, come sappiamo, luoghi in cui chiunque può esprimere la propria opinione e, dunque, vige la parzialità. Tuttavia, per quanto riguarda i media e il loro gradimento da parte del pubblico, possono anche essere un campione interessante, se preso con le pinze. Con questo in mente è curioso notare l’exploit di popolarità che sta vivendo un sequel che probabilmente nessuno stava aspettando e su cui nessuno riponeva grandi aspettative: sto parlando de Il gatto con gli stivali 2 – L’ultimo desiderio.

Al momento della scrittura di questo articolo, Il gatto con gli stivali 2 è il secondo film più popolare su Letterboxd, il social media dedicato al cinema, dove detiene inoltre una media di 4.2 su 5, punteggio che, sul sito, ha anche Quarto potere di Orson Welles. Se da una parte ciò è la prova evidente della parzialità del sito, in cui una pietra miliare della storia della settima arte può essere paragonata ad un film d’animazione appena uscito, dall’altra è la dimostrazione dell’esistenza di un gradimento. Gradimento che sembra confermato anche dal risultato al botteghino. Ad oggi, il film ha incassato globalmente più di 250 milioni, cifra non paragonabile ai risultati degli altri capitoli di Shrek ma impressionante se si tiene in conto che si tratta di un’uscita dell’epoca post streaming e post pandemia. Secondo Collider solo dieci film animati, dopo l’ondata di COVID-19, sono riusciti ad incassare più di 100 milioni internazionalmente. È inoltre notevole che, in un momento storico in cui anche la Disney fa difficoltà a pareggiare coi propri film d’animazione (oltre allo strano caso di Strange World ricordiamo che Encanto ha chiuso con “soli” 256 milioni), a riuscirci sia stata la Dreamworks, per di più in un momento in cui il botteghino è dominato da Avatar 2.

Il Gatto con gli Stivali, protagonista del film

Tra content creator che fanno recensioni entusiaste, articoli online di testate anche importanti che celebrano il film e utenti che lo considerano il migliore della saga dai tempi di Shrek 2, la domanda sorge spontanea: ma davvero Il gatto con gli stivali 2 merita di essere citato nella stessa frase di Quarto potere?

La risposta, ovviamente e assolutamente, è “no”. Tuttavia, sarebbe riduttivo non provare a ipotizzare come e perché l’entusiasmo attorno a questo film sia montato a simili livelli.

TRAMA

Il Gatto con gli Stivali (in originale Antonio Banderas) ha consumato otto delle sue nove vite. Con l’intento di recuperare ciò che ha perso, decide di cercare una mitica stella, che permette di esprimere un singolo desiderio. Ma con una sola vita a disposizione, un cacciatore di taglie alle calcagna e altri due antagonisti interessati alla stella, ovvero Jack Horner e la banda criminale di Riccioli D’Oro (in originale Florence Pugh) e i 3 Orsi, Gatto si allea con la sua vecchia fiamma Kitty Zampe di Velluto (in originale Salma Hayek) e un cane senza nome, ribattezzato molto originalmente “Perrito”, dotato di un ottimismo esagerato (in originale Harvey Guillén).

ONLY SHOOTING STARS BREAK THE MOLD: NOSTALGIA 

Se c’è una cosa che negli ultimi anni la Disney, coi suoi remake live action, ci ha insegnato, è che la nostalgia paga. La Dreamworks sembra aver assorbito la lezione senza, però, tradire nel processo l’animazione. Essendo Il gatto con gli stivali 2 il primo film della saga di Shrek uscito negli ultimi dieci anni, è praticamente inevitabile sottrarsi all’eredità del più famoso “padre”. Quindi al suo interno sono presenti una serie di riferimenti e cameo che renderanno contenti i fan dell’orco più famoso del cinema (uno in particolare, sul finale, vi farà sognare). Ma più importante dei semplici riferimenti è lo spirito di Shrek. Se Il gatto con gli stivali (2011, Chris Miller) aveva preferito riprendere i topoi dei film avventurosi di ambientazione spagnola, facendo evidentemente il verso a quelli con protagonista Antonio Banderas, nel seguito torna la verve parodistica delle favole, rappresentata dal personaggio di Jack Horner, e dal suo arsenale di oggetti magici. Oggetti che sbeffeggiano soprattutto la Disney, riprendendo quello che era stato l’iniziale scontro da cui la Dreamworks e la sua saga più conosciuta sono nate.

Jack Horner con “l’insetto etico”, evidente parodia del Grillo Parlante

Torna inoltre anche lo humour dei film di Shrek: nessuna paura nell’inserire alcune battute che anche (o solo) gli adulti potranno trovare divertenti, comprese alcune parolacce prontamente censurate. Così facendo, Il gatto con gli stivali 2 non cade nel trabocchetto di rivolgersi soltanto ad un pubblico infantile, e diventa invece un prodotto che tutta la famiglia può apprezzare. Anzi, che forse soprattutto i più grandi possono amare. L’intelligenza del team creativo è stata quella di realizzare che, probabilmente, la mossa più intelligente sarebbe stata pensare ai giovani adulti cresciuti coi film di Shrek, e non temere di inserire all’interno de Il gatto con gli stivali 2 elementi crudi o… cupi.

HASTA LA MUERTE: ANCHE I GATTI SOFFRONO D’ANSIA

Negli ultimi giorni, i commenti dei genitori che hanno accompagnato i figli piccoli a vedere il film ruotano attorno ad un consenso generale, ovvero che sia troppo cupo per i bambini. Le lamentele nascono soprattutto in relazione al personaggio del Lupo (la cui vera identità non sveleremo), il cui design e le cui apparizioni, che rimandano al genere horror, gli hanno già fatto guadagnare un posto nella galleria dei cattivi più iconici della Dreamworks.

Il Lupo, uno dei cattivi del film

La vicenda de Il gatto con gli stivali 2 ruota sostanzialmente attorno alla morte, al terrore del protagonista nello scoprirsi improvvisamente mortale e nel trovarsi impreparato ad affrontare questa nuova consapevolezza. Una delle scene più apprezzate online vede Gatto avere un attacco di panico e Perro confortarlo, con riferimento ad una pratica terapeutica realmente esistente. Una rappresentazione accurata e affatto indorata all’interno di un film rivolto principalmente a bambini stupisce in un panorama in cui spesso anche media che si propongono di sensibilizzare sulla salute mentale finiscono col risultare fuori luogo (pensiamo solo a 13).

Tuttavia, il film ha anche il grande merito di trovare all’angoscia esistenziale una soluzione positiva, non nuova ma raccontata in una maniera estremamente godibile. In particolar modo, per la crescita dei protagonisti risulta fondamentale Perrito, il quale, pur dotato di una storia personale terribile, con la sua visione positiva della vita diventa il perfetto ago della bilancia all’interno del duo cinico Gatto-Kitty ed evita di essere, come spesso accade, un sidekick divertente ma sostanzialmente inutile ed irritante.

Gatto, Kitty e Perrito, la “Squadra Amicizia”

Vista la lunga produzione affrontata dal film, possiamo dire che Il gatto con gli stivali 2 ha avuto la fortuna di arrivare al momento giusto, in un periodo in cui di salute mentale si parla parecchio e in cui tanti si trovano ad affrontare l’incertezza e l’angoscia causate da uno strano periodo storico. Non stupisce allora che questo film sia stato fonte di riconoscimento e di conforto per molti spettatori. 

Tuttavia questo potrebbe non essere l’unico elemento ad aver stuzzicato l’attenzione delle ultime generazioni.

IL VOSTRO EROE PIÙ FORTE E INTREPIDO (?)

Certamente una delle mosse più intelligenti compiute nel pensare questo film è stata evitare qualsiasi riferimento al suo predecessore (eccettuata la presenza di Kitty), il quale non si è dimostrato tanto memorabile quanto gli altri capitoli di Shrek. Un altro allontanamento dal primo Gatto con gli stivali è stata la caratterizzazione dei personaggi. In particolar modo, la situazione critica in cui Gatto si trova diventa un’occasione per analizzare come la sua personalità aitante e machista sia non solo una facciata ma anche fortemente dannosa per sé stesso e per le persone che lo circondano, andando così a smontare un modello maschile estremamente comune nei film d’azione per costruirne un altro, più aperto nell’espressione dei suoi sentimenti e nel rapporto con gli altri.

In questa prospettiva, anche Kitty, che nel primo film aveva il ruolo tipo di femme fatale (anche se assolutamente autosufficiente), è più approfondita. Oltre ad avere dei problemi personali da affrontare, vista la situazione di fragilità in cui si trova Gatto tocca a lei, spesso e volentieri, assumere la direzione all’interno del loro trio o prendere decisioni importanti, col protagonista che la segue a ruota facendo in diverse occasioni da spalla comica.

Kitty prende le redini della situazione durante uno scontro

Il ribaltamento di classici stereotipi di genere e la decostruzione dell’immagine eroica sono stati notati ed apprezzati dal web, anche se diversi lodano al contrario l’assenza di un’ “agenda woke”, dimostrazione di come questi elementi, pur presenti, sono parte della narrazione e non unici costituenti, tanto da passare inosservati ad occhi meno allenati. Infine, il film ha dalla sua anche altri due elementi che soprattutto i giovani adulti potranno apprezzare: il topos molto amato della found family (in ben due versioni: Riccioli e gli orsi e il trio Gatto-Kitty-Perrito) e la critica, anche questa non evidente ma certamente presente, al capitalismo nella figura di Jack Horner, che guarda caso è anche il cattivo più monodimensionale e deprecabile di tutto il film.  Un film che, probabilmente senza volerlo, colleziona tanti temi cari alla generazione social, non può non guadagnarsi apprezzamento sui social stessi.

“IN REALTÀ È UN BEL FILM”

Tutti questi elementi, comunque, non avrebbero valore se non fossero a servizio (e non sostitutivi) di un prodotto di buona fattura, e forse è questo ciò che ha mandato in tilt il pubblico intero: il fatto che Il gatto con gli stivali 2, un’apparente operazione per fare soldi facili, sia effettivamente un bel film. Non solo questo, ma che abbia rotto la “maledizione” per cui ogni seguito è automaticamente peggio dell’originale (ovviamente con qualche eccezione notevole: in casa Dreamworks ricordiamo Kung Fu Panda 2), dimostrandosi nettamente superiore al suo predecessore. In primo luogo l’animazione ha un proprio stile riconoscibile. Sulla scia di Spider-Man: Un nuovo universo (2018) mescola elementi 2D e 3D, presenta soluzioni grafiche estremamente varie, con citazioni agli anime e agli spaghetti western (Il buono il brutto e il cattivo è stata un’ispirazione dichiarata), e una grande varietà di set da ammirare.

Uno scontro tra Gatto e il Lupo

Il gatto con gli stivali 2 riesce inoltre a gestire, in un’ora e quaranta di tempo, molti personaggi, tutti dotati di un’equa quantità di tempo per brillare, di una personalità riconoscibile e di un arco narrativo, un’impresa che spesso non riesce neppure a film più lunghi. Come se non bastasse lo fa creando un’avventura godibile per bambini e adulti, con scene d’azione ben realizzate, in un mix bilanciato di narrazione e temi importanti. E proprio il fatto che sia un film ben realizzato, quando le aspettative di molti erano pari allo zero, sembra essere un altro motivo per cui tanti ne hanno dato un giudizio iperbolicamente positivo: sul web diverse recensioni hanno come premessa qualcosa sulla falsariga di “Non mi aspettavo nulla andando a vederlo, ma”…

CONCLUSIONI

Il gatto con gli stivali 2 – L’ultimo desiderio è riuscito a catalizzare attorno a sé l’attenzione del web anche e soprattutto perché ha avuto la fortuna di uscire in un momento appropriato e l’intelligenza di rivolgersi a un pubblico che del web fa appunto molto uso, senza però escludere il resto degli spettatori. Inoltre, il team creativo ha avuto il buon senso di sfruttare quest’occasione per migliorare ciò che non funzionava nel precedente film e, in generale, non giacere sugli allori, realizzando un prodotto con evidente cura quando molti si aspettavano, al contrario, un sequel arraffa soldi.

Come è spesso in queste situazioni, l’opzione migliore resta quella di vedere personalmente il film, se è ancora al cinema dove vi trovate, o in streaming\home video quando sarà disponibile, per decidere voi stessi se e quanto l’hype proveniente dal web, questa volta, sia meritato.

Questo articolo è stato scritto da:

Silvia Strambi, Redattrice